LA GIUNTA
Regione, disgelo Schifani-Miccichè sull’assessora alla Sanità: il resto della squadra è quasi fatto
Dopo una decina di giorni di reciproci silenzi, ieri Renato Schifani e Gianfranco Miccichè si sono visti. Un incontro che doveva restare segreto, perché decisivo per la nascita del nuovo governo regionale. Un faccia a faccia preparato da alcuni passaggi, romani e palermitani, utili a svelenire il clima che caratterizza da settimane il rapporto fra i due. Il primo è la proposta che a Miccichè è arrivata da Silvio Berlusconi in persona: ricoprire la carica di presidente della commissione Ambiente al Senato. Un ruolo che, sfumato il posto da sottosegretario per l’esplicito niet di Giorgia Meloni, potrebbe giustificare la prospettiva di lasciare il seggio all’Ars optando per Palazzo Madama. L’altra novità è il pressing dai vertici nazionali azzurri su Schifani affinché trovi «un accordo con Gianfranco».
Ma veniamo al sodo. Il leader forzista siciliano, pur indebolito dalla diserzione quasi di massa al vertice dei deputati regionali azzurri, s’è presentato all’appuntamento con una doppia proposta. La prima è di dare l’assessorato alla Salute, vero snodo delle trattative, a Daniela Faraoni, manager dell’Asp di Palermo. Sul tavolo, in cambio, le dimissioni «già da questa settimana» dall’Ars, lasciando libero lo scranno a Pietro Alongi, primo dei non eletti in Fi a Palermo, vicinissimo a Schifani. La subordinata di Miccichè è restare a Palermo, «ma con un ruolo», “accontentandosi” di fare l’assessore ai Beni culturali. In entrambi i casi, è disposto (ma non ha molte alternative) ad accettare senza batter ciglio le decisioni definite «ormai acquisite» dall’interlocutore sugli assessori forzisti: Marco Falcone all’Economia ed Edy Tamajo al Turismo.
Risposta? Schifani ha furbescamente glissato su entrambe le offerte. Lanciando a Miccichè una controproposta: «Scegliamo assieme il nome tecnico per l’assessorato alla Salute». L’interlocutore ha preso tempo, ma non ha chiuso. Anche perché c’è nome e nome: dopo l’ennesimo no a Faraoni, con il forfait di Margherita La Rocca Ruvolo (l’assessora “politica” più gradita a Schifani, incompatibile con la volontà di restare sindaca di Montevago) e da tempo assodata l’indisponibilità di Barbara Cittadini, prende quota il «tecnico donna» di cui il governatore ha parlato con qualche alleato. Un nome che ieri pomeriggio Miccichè ha ascoltato, senza picchi d’entusiasmo né però un’ostilità preconcetta. L’identikit è quello di «un’esponente di punta della burocrazia palermitana», ma «non necessariamente della Regione», che è «sconosciuta al grande pubblico, ma molto competente».
Il governatore le ha già fatto la proposta. E aspetta la risposta, che confida essere affermativa. Potrebbe essere la “dama bianca” di Schifani, o magari una nuova soluzione che nei prossimi giorni verrà fuori dalla «sintesi» con Miccichè. Sta di fatto che il governatore tiene il punto sull’assessora alla Salute. Rassicurando il leader forzista sulla sua più grande paura: «Gianfranco, stai tranquillo: non sarà di nuovo Razza».
Riempita con “Mrs. X” la casella della sanità, tutto il resto diventerebbe più semplice. A partire dai quattro posti in giunta (più la presidenza dell’Ars) per Fratelli d’Italia, dote che nessuno degli alleati mette più in discussione. E anche dentro il partito s’è raggiunto un equilibrio di massima. Con lo scranno più alto di Sala d’Ercole ormai destinato – a meno di sorprese dell’ultim’ora – all’etneo Gaetano Galvagno, pupillo e concittadino di Ignazio La Russa. Per le vicepresidenze quotati il forzista Michele Mancuso (ma il ruolo piacerebbe molto anche a Luisa Lantieri) e, se Schifani confermasse la strategia di assegnarne una alle opposizioni anche per sterilizzare la conflittualità a inizio legislatura, al dem Antonello Cracolici.
In questo quadro Giorgio Assenza, altro aspirante meloniano alla presidenza dell’Ars, sarebbe ricompensato con un assessorato di peso: lui (così come il suo partito), vorrebbe quello alle Attività produttive, al quale però punta anche la Nuova Dc; in alternativa c’è comunque Lavoro e Famiglia. Gli altri dati per piazzati nella giunta regionale sono i musumeciani Alessandro Aricò (che avrebbe Infrastrutture e Trasporti, se non proseguirà con Istruzione e Formazione) e Giusi Savarino, ormai da tempo accreditata per Territorio e Ambiente, anche per l’esperienza di presidente della commissione all’Ars.
L’ultima poltrona è per un’altra donna: la deputata messinese Elvira Amata, destinata ai Beni culturali (se non rispuntasse l’ipotesi Miccichè) o alle Infrastrutture, ma di certo non al Turismo, come vorrebbe l’uscente Manlio Messina. Da Palazzo d’Orléans, già di buon mattino, ieri è emerso un certo «fastidio» per le esternazioni del deputato nazionale ed ex assessore su La Sicilia: con il Turismo al “Mr. Preferenze” forzista Tamajo – è la tesi esplicitata – si raggiunge un equilibrio che è meglio (per tutti) non alterare.
Da Roma arriva però una doppia pressione su Schifani: una da Francesco Lollobrigida, in nome e per conto della leader, per Francesco Scarpinato assessore al Turismo in continuità con l’uscente (da qui l’appello di Messina); un’altra da La Russa per piazzare Ruggero Razza comunque in giunta, con in subordine l’opzione della moglie Elena Pagana (già però rispedita al mittente), in nome del gentlmen’s agreement fra il governatore e Nello Musumeci. Eppure gli uomini più vicini al neo-presidente della Regione assicurano che «i quattro assessori di FdI saranno tutti deputati, per non aprire il fronte degli esterni con gli altri alleati».
Meno complicato l’incastro nella Lega. Almeno per uno dei due posti spettanti: Luca Sammartino sarà vicepresidente della Regione e punta ormai con chiarezza all’Agricoltura, preferita alle Infrastrutture nonostante la coincidenza con Matteo Salvini ministro. In ballo il secondo assessore. Pure in questo caso Schifani ha tutto l’interesse a non concedere deroghe sui non deputati: per lui una “polizza” politica. Anche perché Sammartino spinge l’ex collega non rieletto Giovanni Cafeo, (e c’è pure Carmelo Pullara), mentre il segretario regionale Nino Minardo, su input del sempre ascoltato Pippo Fallica, lanciaFrancesco Scoma. Il governatore non vuole aprire contenziosi. E ha già il suo secondo assessore leghista preferito: Vincenzo Figuccia, deputato gradito a Minardo, da destinare ai Beni culturali (prima scelta dell’interessato), alla Formazione o magari alle Infrastrutture; in calo, nell’ultima settimana, le quotazioni di Mimmo Turano, assessore uscente centrista alle Attività produttive, poiché ultimo arrivato nel partito.
Totò Cuffaro ha già deciso i suoi due rappresentanti in giunta: la palermitana Nuccia Albano (per la quale il patron neo-democristiano chiede le Attività produttive, con un dialogo avviato con i dirigenti del dipartimento, ma Schifani propone Lavoro e Famiglia) e l’etneo Andrea Messina, destinato alle Autonomie locali. Non più in nomination Ignazio Abbate: l’ex sindaco di Modica è dell’Udc, partito già “pagato” in anticipo con il posto nel listino per Serafina Marchetta, moglie del segretario regionale Decio Terrana.
Infine gli Autonomisti di Raffaele Lombardo, che dicono si sia a malincuore rassegnato a un solo posto in giunta. Uno, ma pesante: Roberto Di Mauro a Rifiuti ed energia. Sempre meno probabile il coinvolgimento del magistrato Massimo Russo. In ogni caso, per la rinuncia al secondo assessorato, l’ex governatore avrebbe come ricompensa un posto al sole nel consiglio di presidenza dell’Ars (magari per il nipote Giuseppe Lombardo) e la presidenza di una commissione pesante.
Ora si aspetta la “prima” dell’Ars, dopo di che i giochi saranno fatti. Obiettivo: varare la giunta lunedì prossimo.