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Regionali in Sicilia, ora si fa sul serio: Pd e M5s accelerano, vertice Salvini-Lombardo, la Meloni riflette

Sul fronte giallorosso c'è il nodo primarie, mentre Fratelli d'ITali deve sciogliere il rebus Musumeci

Di Redazione |

Si comincia a fare sul serio. Giusto il tempo di archiviare i sette ballottaggi in sospeso. E poi sarà subito tempo di scelte decisive per le Regionali. L’accelerazione più evidente, favorita dall’entusiasmo per i risultati nei comuni, è nel fronte giallorosso. Ieri la segreteria regionale del Pd ha affrontato il tema. Confermando l’«asse privilegiato» con il M5S, in uno scenario che – per la prima volta in modo chiaro – vede  la corsa per Palazzo d’Orléans legata «in modo inscindibile» a quella per il sindaco di Palermo.

Due «elezioni speculari», secondo i vertici dem: non si può andare divisi in una e alleati nell’altra a distanza di pochi mesi. Lo stesso concetto scandito da Giuseppe Conte, nel conclave con i 15 del gruppo grillino all’Ars, ai deputati che gli hanno chiesto «mani libere» per una partita solitaria «in discontinuità» rispetto a Leoluca Orlando. Trovare la quadra sul capoluogo sarà complicato. E l’endorsement di Claudio Fava (aspirante candidato governatore) per Giampiero Trizzino ha toccato nervi già scoperti a sinistra.

«Ma bisogna battere la strada maestra dell’unità», continua a ripetere Anthony Barbagallo. Il segretario del Pd ieri ha colto col sorriso il segnale  di Giancarlo Cancelleri: «Conte definirà la scelta della squadra a novembre, non più tardi». Il sottosegretario grillino garantisce che l’ex premier «conosce bene le urgenze della Sicilia, ne abbiamo parlato: mi riferisco alle comunali di Palermo e subito dopo alle regionali d’autunno».

 Con la nomina del leader siciliano del M5S (lo stesso Cancelleri o una “papessa straniera”?) potrà finalmente aprire il cantiere del centrosinistra. Senza più la questione del «perimetro» (il flirt  con Forza Italia s’è squagliato), si andrà quasi subito al dunque: chi candidare e come. Primo punto: una scelta romana? Conte, in una cena del suo tour siciliano, sarebbe stato sibillino con un autorevole interlocutore dem: «Se in Sicilia riuscite a trovare l’accordo su un nome forte e condiviso, né io né Enrico (Letta, segretario nazionale del Pd) porremmo veti».

Se non fosse così, il leader del M5S ha già detto ai suoi che «saremo legittimati a rivendicare un nostro candidato». Ma – senza un scelta dall’alto né un accordo dal basso – bisognerà misurarsi.

Carmelo Miceli, deputato dem, invoca le primarie per Palermo e Regione. Ed  è il primo elemento di frizione: i grillini considerano i gazebo un terreno ignoto e dunque ostile. E poi c’è l’incognita Fava, un timore più per il Pd che per il M5S. Un compromesso potrebbe essere una piattaforma telematica da sperimentare. Ma in ogni caso, suggeriscono fonti dem, «il percorso, una volta scelto, dovrà essere lo stesso per entrambe le elezioni». Con una terza sfida, aspettando Catania nel 2023, che potrebbe entrare nel “pacchetto tutto compreso”: Messina, se Cateno De Luca a febbraio si dimettesse per tentare la scalata da governatore. In quel caso, da ambienti del Pd trapela già  una buona opinione sulla grillina Valentina Zafarana. Ma ancora è solo un’ipotesi. 

Nel centrodestra c’è meno fretta. Dopo le Amministrative in ordine sparso, in attesa del secondo turno, va smaltita qualche tossina (compresa una certa amarezza smozzicata dal forzista Marco Falcone per il disimpegno di Nello Musumeci su Caltagirone), ma  qualcosa si muove. Giammai il tabù sul candidato, col governatore che,  rivela un big alleato, «non prende nemmeno più il discorso». Né  la fronda che lavora al “dopo di lui” vuole scoprire le carte. «Se ne parla a marzo», il refrain quasi unanime. Ora, però, gli schieramenti interni sono più chiari. Gianfranco Miccichè, dopo il flop di alcuni esprimenti nei comuni, ha dismesso il manuale sul “Kamasutra” delle alleanze proibite: la ricerca di un Draghi con le sarde sembra essere finita. O almeno interrotta, al netto dell’ultima suggestione  centrista che unirebbe Nuova Dc, Italia Viva, Cantiere Popolare e +Europa.

E. soprattutto, torna a rinsaldarsi l’alleanza fra Lega e Mpa, dopo i mal di pancia di quest’ultimo per la campagna acquisti di Matteo Salvini in Sicilia. Per far tornare il sereno c’è voluto un vertice, lunedì a Roma, definito «disteso e proficuo» da fonti autonomiste. Anche perché, assieme ai rispettivi segretari regionali (Nino Minardo e Roberto Di Mauro) a quattr’occhi, stavolta, c’erano il leader del Carroccio e Raffaele Lombardo in persona, più volte avvistato nella Capitale in questi giorni. S’è discusso di candidati e liste per Palermo, ma anche di strategie per le Regionali.

Partendo dalla consapevolezza (condivisa) del derby che si profila contro l’altro asse  fra il governatore e Giorgia Meloni. A  novembre, dopo alcuni incontri “bilaterali”, la leader di FdI discuterà con i suoi fiduciari siciliani la «questione Nello». Ovvero: la proposta del governatore di liste comuni con DiventeràBellissima per l’Ars, in un orizzonte che vedrebbe l’ingresso del presidente della Regione nel partito, con una golden share meloniana sulla sua ricandidatura. Un argomento, quest’ultimo, appena sfiorato nell’ultimo incontro romano fra i due. Durante il quale Musumeci, che non ritiene di avere rivali all’altezza, avrebbe giocato la carta di un gradimento che sente ancora forte: «Commissioniamo due-tre sondaggi a distanza di qualche settimana e vedrai che non c’è un nome, nel centrodestra, che  mi batte».

Meloni è tentata da un patto utile a rafforzarsi nell’Isola – contro Salvini  – a pochi mesi dalle Politiche. «Ma prima vengono gli interessi del nostro partito», ha detto la leader ai suoi angeli custodi siciliani in una pausa del blitz per il comizio a Vittoria. Quasi a voler garantire che ascolterà anche chi, in FdI, continua a pensare che questo matrimonio d’interesse non s’abbia da fare.

Twitter: @MarioBarresi

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