Quando ieri, poco dopo mezzogiorno, Gianfranco Miccichè apre la porta di casa sua alla Lega, scopre la prevista sorpresa. Non il venditore del Folletto. Ma nemmeno il segretario regionale Nino Minardo. C’è invece, come nello scorso vertice di centrodestra, Vincenzo Figuccia. Con un accompagnatore che il leader forzista non conosce. «Ma lui chi è?», chiede al deputato regionale. Che gli presenta Anastasio Carrà. «Il vicesegretario regionale del mio partito». Miccichè ne prende atto. «E cosa fa nella vita?», domanda. «Il sindaco. E il brigadiere dei carabinieri», lo qualifica Figuccia. «In pensione, però», precisa l’ospite non più sconosciuto. «Ah, meglio così», chiosa il presidente dell’Ars.
Pesche e albicocche in terrazza con vista su piazza Politeama. E non a Palazzo dei Normanni. Il summit palermitano alla fine si fa davvero. Nonostante i tentativi di boicottaggio, fino a ieri mattina. Senza Fratelli d’Italia, come annunciato. Ma con un documento finale – e questa è la vera vittoria del padrone di casa – in cui quasi tutto il centrodestra siciliano (Forza Italia, Lega, Mpa, Udc e Noi con l’Italia) mette nero su bianco che «appare evidente che occorre andare oltre» Nello Musumeci, preso atto «della sua disponibilità a non riproporre la candidatura se la stessa risultasse divisiva della coalizione».
I segretari regionali si dicono «pronti a proporre una o più ipotesi di candidature che nascano dal territorio e che sappiano dialogare coi partiti e coi deputati dell’Ars e a coinvolgere nuove formazioni politiche e civiche».
Musumeci, a Gela per inaugurare la mostra “Ulisse in Sicilia”, con i cronisti glissa sul no degli alleati al bis e sulla tentazione di election day: «Ulisse non è candidato, né alla Camera né al Senato, né alla Regione». Eppure, nel suo intervento, il governatore lancia un messaggio: «Le insidie sono esterne e ognuno di noi, in ogni angolo, ha un Polifemo». Chissà chi sarà il suo.
Ma quella del fronte No-Nello rischia di restare una vittoria monca. Innanzitutto perché FdI non accoglie l’invito finale «a partecipare alla individuazione del candidato auspicabilmente condiviso da tutti». I coordinatori regionali Salvo Pogliese e Giampiero Cannella parlano di «fughe in avanti, figlie di una evidente debolezza di argomenti». E chiudono al dialogo auspicato dagli alleati; non parteciperanno a riunioni promosse da Miccichè «fintanto lo stesso continua a usare un linguaggio inaccettabile nei confronti del presidente della Regione che peraltro ha tuttora la fiducia e l’appoggio anche di assessori di Forza Italia».
E, in ogni caso, per i meloniani la «questione» siciliana sarà affrontata in un «imminente vertice nazionale». Quasi una risposta alla premonizione di Miccichè all’Adnkronos: «Certo, se per l’ennesima volta Fdi dovesse mandare a vuoto l’appello le cose allora cambierebbero…».
Ora cambiano? E come? La nota finale è un successo. Ma anche un compromesso. Nel cassetto ce n’era pronta un’altra, ben più esplicita, con l’indicazione del «nome alternativo di sintesi»: Raffaele Stancanelli. Miccichè fornisce l’interpretazione autentica: «Abbiamo fatto un documento in cui accogliamo l’appello di FdI; non facciamo nessun nome, per ora. Ma diciamo che l’esperienza di Musumeci presidente non è ripetibile».
Ma la nomination del “predestinato” Stancanelli (molto gradita, fra gli altri, al leghista Luca Sammartino) è saltata. Anche per la ritrosia di Minardo. Che diserta il vertice informale, inviando Figuccia e Carrà senza delega di firma. Tant’è che ci vuole una chiamata in viva voce al segretario regionale della Lega per esitare il testo definitivo. «Nulla contro la persona: Raffaele è un galantuomo. Ma è il metodo sbagliato: la Lega non può firmare un documento in cui lancia un candidato della Meloni», spiega a Miccichè.
Costretto a inghiottire il rospo rilanciando una nuova versione della “teoria del gatto”: «Secondo me il migliore è Raffaele, ma ne possiamo parlare. Il centrodestra vince con qualsiasi altro fra i cinque milioni di siciliani, tranne Musumeci».
Stancanelli, intanto, è serenamente in vacanza in Sardegna. «Non ne so nulla. Ma resto a disposizione del mio partito e della coalizione», risponde a La Sicilia.
«Il no a Musumeci è chiaro: ora andiamo avanti», rivendica Carrà. Ma prevale la linea della colomba Minardo: nessun nome nel documento. «Vuole essere lui il candidato? Ce lo dica chiaramente», sbotta Miccichè nel vertice con i leghisti, Roberto Di Mauro (Mpa) e Decio Terrana (Udc) collegato al telefono. «Non lo so, ma Nino ne sarebbe all’altezza», risponde a freddo Figuccia. Che riflette su un altro aspetto: «L’era del 61 a zero è lontana, oggi in Sicilia il ruolo di federatore del centrodestra dovrebbe averlo un quarantenne non logorato dal tempo».
Lunedì, o al massimo martedì, i leader nazionali del centrodestra, già divisi su collegi e incastri sul voto del 25 settembre, discuteranno anche il caso Sicilia. Quanto peserà il segnale arrivato ieri dai vertici siciliani? A proposito: FdI parla di un documento «priva di firme visibili». Ma tutti i sottoscrittori confermano la paternità. Con qualche turbolenza nel corso del pomeriggio. L’Udc chiede «mezz’ora di tempo» per decidere e Miccichè va su tutte le furie. Alla fine firma anche Terrana, che però in una nota serale prende le distanze dalle «sterili polemiche» e rilancia la tesi del segretario nazionale Lorenzo Cesa: sceglierà il tavolo nazionale. Noi con l’Italia, assente al vertice palermitano ma firmataria, in un primo momento sembra disconoscere il testo: «Non siamo a conoscenza di nessun documento; dopo averlo letto lo valuteremo», fa trapelare il coordinatore regionale Massimo Dell’Utri.
Poi si chiarisce l’arcano: l’invito di Miccichè a Saverio Romano era arrivato piuttosto tardi (alle 11,15) e il leader centrista non aveva letto il messaggio. «Condividiamo il contenuto», il verdetto serale.
Fra le firme manca quella della Nuova Dc. In ambienti della coalizione si diffonde la voce su un certo imbarazzo per Totò Cuffaro, peraltro presente al primo incontro. E invece la spiegazione è molto più semplice. «Sono qui all’Ars, voi dove siete?», chiede l’ex governatore alle quattro del pomeriggio a un alleato. Costretto a dirgli che l’ incontro c’era già stato, ma a casa di Miccichè a mezzogiorno. «Ma mi aveva detto di venire qui alle tre e mezza. Sono partito da San Michele di Ganzaria per esserci…».
Sarà per la prossima volta.
Per il generoso Cuffaro. Ma anche per il vero obiettivo finale dei No-Nello.
Twitter: @MarioBarresi