Il rilancio economico italiano al via. La Commissione Ue ha staccato il primo assegno da 24,9 miliardi all’Italia. Un anticipo che equivale al 13% dei 191,5 mld destinati al Paese fino al 2026. Una «prima erogazione» che «avvia una ripresa duratura», per dirla con le parole della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Italia Domani, questo il nome del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) elaborato da Roma – ha commentato la leader europea – mostra «il livello di ambizione necessario per fare del Paese un motore di crescita per l’intera Europa». Secondo le stime, gli investimenti finanziati da NextGenerationEu dovrebbero infatti aiutare il Pil reale italiano a crescere del 4,2% nel 2021, e a raggiungere il 4,4% nel 2022, quando il programma comincerà a dare i suoi primi frutti.
I 24,9 mld, sborsati «a tempo di record», come ci ha tenuto a sottolineare il responsabile Ue al Bilancio, Johannes Hahn (l’Italia è il quinto Paese a ricevere il prefinanziamento, ad un mese esatto dal via libera all’Ecofin del 13 luglio) sono composti per 8,957 mld da aiuti a fondo perduto (pari al 13% dei 68,9mld delle sovvenzioni previste) e 15,937 mld di prestiti (il 13% di 122,6mld). I pagamenti del rimanente 87% affluiranno nelle casse del Tesoro in base al completamento dei target fissati, con un massimo di 2 pagamenti l’anno. Una seconda tranche che l’Italia – Paese cui spetta la fetta più ricca del Recovery europeo – potrebbe chiedere già in autunno.
«Un’opportunità storica» per l’Ue per «investire sulla forza dell’Italia» e «un’occasione irripetibile» per noi, per costruire un futuro sostenibile per le prossime generazioni», ha reagito il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni. Cifra che il premier, Mario Draghi, ha esortato a «spendere in modo efficiente e onesto».
L’arrivo della prima rata segna l’inizio di una maratona, per rispettare la tabella di marcia che l’Italia si è data, e centrare tutti gli obiettivi di investimento e riforme elencati nelle oltre 270 pagine del documento, che prevede di destinare il 37% ad azioni per garantire la transizione verde e il 25% per la trasformazione digitale. Il primo sprint toccherà ai 106 progetti indicati dal governo come il motore della fase uno, che dovranno superare lo scrutinio della rendicontazione delle spese già entro fine anno, in uno spettro articolato di interventi, che vanno dalla Cybersecurity (170 milioni) alla messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole (700 milioni), dal rifinanziamento del fondo Simest per l’internazionalizzazione delle Pmi (1,2 mld) agli investimenti di Transizione 4.0 (1,7 mld). Per questo motivo, in alcuni casi Roma ha scelto una strada in discesa, inserendo progetti già in via di realizzazione, come l’infrastruttura del Terzo Valico, o l’efficientamento energetico dei Comuni.
Ma la sfida nella sfida saranno le riforme. «L’Italia è uno dei primi Paesi a ricevere il prefinanziamento. Questo deve incoraggiarci a proseguire sul percorso di riforme tracciato e approvato dal Parlamento 4 mesi fa», ha sollecitato il premier Draghi, annunciando che il governo presenterà, in coerenza col Pnrr, «la riforma della concorrenza e la delega per la riforma del fisco». Proprio in vista del Recovery day, nei giorni scorsi Palazzo Chigi, con una lettera del sottosegretario Garofoli ai ministri, aveva tenuto a ricordare la necessità di rispettare gli impegni con Bruxelles sulle riforme. Anche perché nella prima fase, i 51 obiettivi prevedono proprio condizionalità legate alle riforme.