L'inchiesta
Qatargate, il siciliano Bartolo fra ira e imbarazzo «Nulla a che fare con questo schifo»
La posizione dell'eurodeputato dopo che sono stati apposti i sigilli agli uffici del suo assistente. E le voci sul figlio nell’Ong di Panzeri. Smentite dai suoi
Chi lo conosce ostenta una certezza: «Pietro non sa nemmeno come si pronuncia la parola Qatar». E chiunque lo abbia incrociato nel nebbioso palazzo di vetro del Parlamento Ue, nelle ultime ore, lo descrive con due aggettivi. «Furioso» e «imbarazzato». Pietro Bartolo, eurodeputato dem, è l’unico siciliano sfiorato dagli schizzi di fango del Qatargate. Ieri sono scattati i sigilli, in contemporanea a Strasburgo e a Bruxelles, negli uffici di uno dei suoi assistenti: Davide Zoggia. «Non un collaboratore come tutti gli altri», ricordano i colleghi italiani riferendosi alla carriera politica: sindaco di Jesolo, presidente della Provincia di Venezia, deputato nazionale del Pd nel 2013, all’epoca della segreteria di Pier Luigi Bersani, di cui è stato sempre considerato un fedelissimo, visto che lo ha seguito anche nel trasloco dal Nazareno a Leu.
Bartolo, prima che si sapesse del sequestro degli uffici del suo assistente (condiviso con il collega dem Brando Benifei), è stato durissimo. «Non voglio avere nulla a che fare con questo schifo», la dichiarazione subito dopo le dimissioni da relatore ombra del gruppo di S&D del testo sulla liberalizzazione dei visti Ue a Qatar e Kuwait. Un ruolo molto nelle corde del medico di Lampedusa, diventato però un dossier imbarazzante viste le indagini su Zoggia, al quale è stato pure sequestrato lo smartphone. Su di lui «metterei la mano sul fuoco, perché non c'entra nulla con questa vicenda», la rassicurazione all’AdnKronos risalente però a lunedì pomeriggio. C’è un link con Giuseppe Meroni, che è stato assistente di Antonio Panzeri l’ex eurodeputato di Pd e Articolo 1 finito agli arresti. «Zoggia abitava in subaffitto nella casa di Meroni: sono andati per cercare Meroni, ma hanno trovato Zoggia, che è caduto dalle nuvole», ricostruisce Bartolo. Prima di usare parole durissime – e molto poco di sinistra – sui soggetti coinvolti nel Qatargate: devono «rinchiuderli» e «buttare la chiave nella Fossa delle Marianne».
Una rabbia che, secondo alcuni colleghi italiani di tutt’altro schieramento, tradiscono un «forte imbarazzo» dell’indipendente eletto nel Pd. «Ha abbassato lo sguardo evitando di salutarmi», riferisce un europarlamentare che lo stima. E ieri a Strasburgo girano vorticosamente le voci su presunti rapporti di lavoro fra i familiari di alcuni eurodeputati e le Ong della galassia di Panzeri. Nel tritacarne finisce anche uno dei figli di Bartolo. La Sicilia ha provato invano, più volte, a contattare il medico di Lampedusa, anche tramite la sua addetta stampa, per smentire quella che appare come una potenziale illazione. Una precisazione, a tarda sera, riusciamo a ottenerla da Emiliano Abramo, leader siciliano della Comunità di Sant’Egidio legatissimo a Bartolo anche per la comune militanza in Demos: «Il figlio di Pietro a cui fate riferimento ha da poco preso casa a Roma, dove ha trovato un lavoro. Ma non mi risulta che abbia a che fare con alcuna Ong». Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA