Provinciali, ci sono sei poltrone in palio: ecco chi sono i sindaci candidati in campo
FdI punta su Ragusa, la Lega su Caltanissetta, Fi con più carte. Domani assemblea di progressisti e civici a Gela
Le idee sono tante. E quasi tutte confuse. Perché in fondo queste elezioni provinciali - le prime di secondo livello, in cui a votare saranno soltanto i sindaci e consiglieri, dopo un commissariamento che dura dal 2012 - non le vuole nessuno.
Nemmeno nel centrodestra, che parte strafavorito e con tre sindaci metropolitani confermati in automatico (anzi due e mezzo: il meloniano Enrico Trantino a Catania, il centristra Roberto Lagalla a Palermo e Federico Basile, adepto del neo-collaborazionista Cateno De Luca, a Messina) e un esercito di amministratori locali. Ma, come sempre, anche quando c’è da spartirsi poltrone sicure subentrano gli instabili equilibri regionali e i mal di pancia locali.
Va da sé che soprattutto per il fronte progressista le urne del prossimo 27 aprile sono una iattura. Su sei presidenze di Libero consorzio in palio (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani) la proiezione più realista è: due tracolli disastrosi, altrettante sconfitte certe, una sfida da giocare con onore e soltanto una giudicata «contendibile».
La macchina burocratica
Intanto, la macchina elettorale è partita. Anche sul versante burocratico: al dipartimento regionale Autonomie locali - contrariamente alle altre indizioni-bluff, quando anche i bambini sapevano che non si sarebbe mai votato sul serio - hanno già sfornato decreti, modulistica, persino le linee guida, e stanno lavorando alle diaboliche tabelle sul voto ponderato, per attribuire il peso elettorale agli amministratori locali in base agli abitanti dei singoli. Un conteggio talmente complicato da essere ancora ignoto anche a taluni leader regionali e provinciali.
I nomi del centrodestra
Ma s’è mossa anche la politica. Il centrodestra ha affrontato il tema nel dettaglio durante il vertice di maggioranza di lunedì scorso, nel quale i partiti hanno piazzato alcune bandierine sulle singole Province e s’è pure fatto qualche nome. E oggi a Palermo (appuntamento alle 12,30) si potrebbero sciogliere i primi nodi. Quello in apparenza meno intricato riguarda Ragusa, una delle tre caselle chieste da Fratelli d’Italia. In questo caso è il capogruppo Giorgio Assenza a spingere per la sindaca di Comiso, Maria Rita Schembari, sulla quale ci sarebbe una certa convergenza. Ma bisognerà vedere quanto gli altri alleati si batteranno per l’inquilino civico del capoluogo, Peppe Cassì, da tempo corteggiato dall’Mpa di Raffaele Lombardo (che oggi sarà presente al vertice) e avvistato al recente pranzo organizzato da Marco Falcone a Caltagirone in onore del leader forzista Antonio Tajani.
Il destino delle province
Il destino ibleo s’intreccia alle altre trattative in corso. A partire da quella su Enna, con un altro derby fra i meloniani (a cui piacerebbe molto Nino Cammarata di Piazza Armerina) e gli autonomisti, molto radicati sul territorio, legati a Maurizio Dipietro (Enna), però disinteressato alla partita provinciale, con la scelta finale che ricadrebbe sulla sindaca di Agira, Maria Greco, ex deputata dem di matrice crisafulliana.
Il gioco degli incastri condiziona anche la scelta su Siracusa. Qui l’asse di ferro fra il deputato regionale autonomista Peppe Carta e il sindaco del capoluogo Francesco Italia (calendiano attratto da Forza Italia), già sperimentato con successo nelle mosse sull’Ato idrico mettendo all’angolo il potente deputato meloniano Luca Cannata, porterebbe a un forte imprimatur per Michelangelo Giansiracusa. Il sindaco civico della piccola Ferla, apprezzato trasversalmente fino al punto di essere stato accostato talvolta al Pd (dove lo stima molto Paolo Amenta, presidente di Anci Sicilia), potrebbe essere la scelta centrista ideale, se non fosse che anche Noi Moderati rivendica spazio su Siracusa. Nessun nome messo sul tavolo, ma gli alleati sono convinti che la carta nascosta di Saverio Romano sia Daniele Lentini sindaco di Francofonte, già in lizza con Nm alle Politiche. Se anche Riccardo Gennuso, ras forzista aretuseo infastidito dal movimentismo di Italia in combutta con Carta, dovesse convergere sulla proposta ddell’ex ministro centrista, allora la contesa si potrebbe riaprire. Condizionandone, a sua volta, almeno altre due, ancora più intricate.
Le mosse nissene
La prima riguarda Caltanissetta, unica presidenza formalmente chiesta dalla Lega. L’idea del commissario regionale Nino Germanà, condivisa con il leader carismatico Luca Sammartino, è di puntare sul civico d’area Massimiliano Conti (Niscemi), ma in ballo c’è anche Leonardo Burgio (Serradifalco), commissario provinciale del Carroccio e figlio dell’assessora regionale alla Salute, Daniela Faraoni. In questo contesto Forza Italia (ma «con poca convinzione», malignano gli alleati) avanza la candidatura del sindaco del capoluogo, Walter Tesauro. E qui si arriva al complicato puzzle per il coordinatore siciliano Marcello Caruso. E quindi per Renato Schifani. Puntare su Caltanissetta, accontentando il locale deputato dell’Ars Michele Mancuso o fare campagna acquisti a Siracusa, strizzando l’occhio a Lombardo? Oppure nessuna delle due, se a prevalere fosse l’opzione finora considerata più quotata: prendersi Trapani, fortemente voluta dal capogruppo a Palazzo dei Normanni,, Stefano Pellegrino, che sfodera una lunga lista di sindaci vicini o organici al partito, in cima alla quale spiccano i nomi del giovane Carlo Ferreri (Santa Ninfa) e di Giovanni Lentini (Castelvetrano).
Ad Agrigento la "limitazione" su Cuffaro
Agrigento, come sempre, fa storia a sé. La Capitale della Cultura è anche la terra di Totò Cuffaro. Un candidato presidente della Dc sarebbe una scelta naturale, ma il leader sembra piuttosto disincantato. «Mi accontento anche di un paio di deleghe assessoriali forti», avrebbe sussurrato all’ultimo summit palermitano. Nel non detto dell’ex governatore c’è il timore che il nome democristiano (non potrà essere il fratello Silvio Cuffaro, sindaco di Raffadali, con meno di 18 mesi di mandato residuo alla data del voto, è più probabile il collega di Campobello di Licata, Vito Terrana, sotto scorta dopo le recenti minacce) venga impallinato dal potente tandem composto dall’autonomista Roberto Di Mauro e dal forzista Riccardo Gallo. Per i quali il nome forte sarebbe Angelo Balsamo, primo cittadino di Licata.
Progressisti in campo
Molto meno pesanti sono i problemi del fronte progressista. Anche perché da questa parte della barricata alcune scelte saranno legate a sindaci da mandare all’arrembaggio contro la corazzata del centrodestra. Se ne parlerà sabato a Gela, in quella che Nuccio Di Paola, referente regionale del M5S, definisce «un’assemblea aperta delle forze e dei movimenti civici alternativi al centrodestra di Schifani». E c’è già il primo punto di caduta: il perimetro. Fra gli inviati ci sono ovviamente il Pd e Avs, non è dato sapere se anche Sud chiama Nord e Italia Viva, ma di certo anche il movimento Controcorrente di Ismaele La Vardera e la federazione fra Sinistra Futura di Pippo Zappulla e i Progressisti e Rinnovatori di Miguel Donegani. E soprattutto tanti amministratori locali senza tessera. Ma dentro il civismo può sempre celarsi, più o meno all’insaputa dei leader regionali, l’inciucismo. Non a caso da sinistra arriva un preciso avvertimento: sia «un progetto dentro i confini del campo progressista», ricordano Pierpaolo Montalto e Mauro Mangano. Il segretario regionale di Sinistra italiana e il portavoce di Europa Verde hanno le idee chiare: il test provinciale «non può essere inquinato dal coinvolgimento di profughi del centrodestra o da forze civiche che accolgono esponenti di Mpa, Nuova Dc o forze analoghe: sono avversari e non potenziali alleati». Su questo aspetto è decisiva la linea dura che trapela da Anthony Barbagallo: campo largo, ma stavolta non troppo.
Il segretario regionale del Pd (il partito del centrosinistra di gran lunga più forte nei comuni), pur avendo guardato con interesse a scenari trasversali come quello di Siracusa, assicura «scelte chiare e inequivocabili». E qui, piuttosto che il pur stimato Giansiracusa, potrebbe spuntare Rosario Lo Faro, sindaco della popolosa Lentini. Tanto più che sarà il suo partito a dover tirare la carretta in molte province. A partire da Enna, dove piace molto (soprattutto al deputato regionale Fabio Venezia) il sindaco di Calascibetta, Piero Capizzi. Dovrebbe essere di matrice dem anche la scelta a Ragusa: più che quello del vecchio leone vittoriese Ciccio Aiello , i nomi caldi sono dei sindaci di Acate (Gianfranco Fidone) e di Giarratana (Bartolo Giaquinta), entrambi benedetti dal deputato regionale Nello Dipasquale. Pronto a convincere gli alleati che l’eventuale sostegno trasversale a Cassì sarebbe un investimento a perdere per la coalizione.
Ma la partita a cui il centrosinistra crede di più si giocherà a Caltanissetta. Non a caso l’assemblea di sabato si tiene a Gela, città più grossa della provincia dove Di Paola ha incassato il successo del civico Terenziano Di Stefano. Sarà lui l’alfiere progressista, forse l’unico candidato (assieme a quello di Enna) con qualche chance di successo.
Le missioni impossibili, invece, sono ad Agrigento e a Trapani. Schiacciante, numeri del voto ponderato alla mano, la supremazia del centrodestra nel primo caso. Ma comunque serve una candidatura battagliera, seppur di testimonianza: le ipotesi più gradite ricadono sui sindaci di Sciacca (Fabio Termine, che ha da poco aderito al Pd) e di Favara (Antonio Palumbo, fiero esponente di Rifondazione comunista). A Trapani, seppur con le stesse possibilità di vittoria - pari a zero - ci sono più sindaci papabili: nel capoluogo spicca il “diversamente dem” Giacomo Tranchida, ma è probabile una scelta in area civica, come Salvatore Quinci di Mazara, o pentastellata con in lizza Aldo Grammatico (Paceco), spinto dalla deputata regionale Cristina Ciminnisi anche per arginare la crescita di Domenico Surdi, sindaco di Alcamo al secondo mandato.