Giuseppe Conte «non ne sapeva nulla». Lo spiffero polare che filtra dal leader del M5S non è ancora un ciclone sulle primarie in Sicilia. Ma è il sintomo, se non proprio di un’irritazione, di un fastidio su come è maturata la linea – sancita dai vertici del Pd in un pranzo con Claudio Fava – per scegliere il candidato governatore. «Non se n’era mai parlato finora» è la secca constatazione, che sottintende l’assenza d’intesa con Enrico Letta.
A onor del vero, il segretario regionale dem, Anthony Barbagallo, ha ammesso soltanto un’«interlocuzione con parlamentari e attivisti siciliani». Ma, ora che l’idea delle primarie viene vidimata dal vice del Nazareno, Peppe Provenzano, il corto circuito sulle Regionali può assurgere a caso diplomatico nazionale. Proprio nel momento in cui Conte, al culmine dell’alta tensione con gli alleati sulle spese militari, ammonisce che «non siamo la succursale di un’altra forza politica», quella che ambienti grillini definiscono «una fuga in avanti» sulla Sicilia è di fatto un nuovo terreno di scontro.
Per adesso, ufficialmente, l’ex premier tace. Autorevoli fonti pentastellate non escludono che in queste ore ci possa essere un chiarimento con Letta. In Sicilia, però, sono tutti fermi all’ultimo vertice su Zoom, in cui «alle primarie non s’è fatto cenno», con il leader a scandire il concetto che «sulle Regionali, dopo i passi indietro a Palermo e Messina, diremo la nostra». Anche a costo di minare le primarie, proponendo un candidato «di coalizione»? Nel Pd siciliano le reazioni alla freddezza degli alleati tradiscono la consapevolezza di un rischio calcolato. «Noi, le primarie, ormai le facciamo anche senza di loro», si lascia sfuggire un dem di peso. Evocando il “modello Bologna”: candidato scelto ai gazebo dal popolo del centrosinistra old style e poi accettato dai grillini.
Ma nell’Isola non c’è alcuna intenzione di cedere il passo. E non soltanto per l’effetto-Viagra di alcuni sondaggi. «Non si può liquidare la scelta sulla Sicilia con un incontro bilaterale», sibila Giancarlo Cancelleri. Incrinando l’asse di ferro con Barbagallo nel giudicare «avventato» l’imprimatur sulle primarie giallorosse, «le prime in assoluto per un’elezione regionale», senza che ci sia «una chiara intesa sul tavolo romano». Cancelleri, che, in un’intervista a Repubblica ha aperto ai gazebo, rialza l’asticella. «Siamo pronti a discutere su tutto, ma non a farci imporre la linea». Critico anche Nuccio Di Paola: «Le scelte così delicate non si fanno in tre al ristorante». Il capogruppo all’Ars, favorito nella corsa a referente regionale, non ritira la sua «disponibilità, che non è un’autocandidatura» per Palazzo d’Orléans. Tutt’altro che «un fanatico delle primarie classiche», il deputato di Gela, pensa semmai a un «modello all’americana, con tutti gli aspiranti iniziali in tour sui territori e con la possibilità di un voto in progress e di alleanze fra candidati col ritiro di alcuni».
E gli attivisti siciliani che ne pensano? Dino Giarrusso, certo che le primarie siano «la soluzione migliore», fornisce il polso della base: «Ne parlo da settimane negli incontri nei territori e non ho mai sentito dissenso», rivela all’Ansa. L’eurodeputato, già in lizza da aspirante governatore, vorrebbe anticipare alla «prima settimana di giugno» la data: sarebbe «un modo per animare l'elettorato progressista in una fase in cui il centrodestra è a pezzi». Anche sulla scelta del grillino da schierare, Giarrusso ha idee chiare: «Dovrebbe essere fatta sentendo la base, fermo restando il principio invalicabile del doppio mandato». Un “ciaone” a Cancelleri. Ma su tutto, chiarisce, «sarà Conte comunque a decidere».
Anche Luigi Sunseri conferma di essere «pronto a correre alle primarie», e a sottoporsi prima a «una selezione fra i nostri attivisti». Il deputato dell’Ars condivide le perplessità romane su «decisioni impiattate». E aspetta il verdetto del leader, che «dovrebbe accelerare su tanti fronti». Ma in caso di primarie Sunseri sostiene che «nel movimento, in base alle nostre regole, fra i nomi di cui si parla potremmo partecipare soltanto io e Di Paola». La guerra a Cancelleri, ma anche a Giarrusso, è già aperta.
Twitter: @MarioBarresi