Politica
Ponte sullo Stretto, la corsa all’oro dell’Ue e gli “ostacoli” delle lobby del Nord
Tutti sembrano avere dimenticato che originariamente l’Unione europea, nel tracciare le linee internazionali del trasporto ferroviario, aveva indicato in primis il “Corridoio 1 Berlino-Palermo”. Erano i tempi in cui l’alta velocità ferroviaria e il Ponte più lungo del mondo sullo Stretto di Messina, sembravano a portata di mano. Era stato fatto il bando internazionale per individuare il “general contractor” che avrebbe dovuto realizzare il Ponte di 3.300 metri ed era stato vinto dalla Impregilo. L’importo dell’opera era di 6 miliardi di euro, a cui aggiungere il costo di alcune opere a Messina per ripagare i disagi della città che avrebbe dovuto sopportare sette-dieci anni di lavori.
Quando sembrava che fosse tutto pronto per l’avvio dei grandi cantieri, uno sulla sponda calabrese e l’altro su quella siciliana, ed erano già stati opzionati i terreni dove dovevano sorgere i grandi piloni alti 370 metri (più alti della Torre Eiffel), ecco che all’improvviso scendeva un grande silenzio sul progetto perché non dimentichiamo che il governo di Silvio Berlusconi era a forte trazione leghista.
Quando chiesi ad Antonio Tajani, allora presidente del Parlamento di Bruxelles, perché l’Unione europea non aveva ancora previsto di sostenere l’opera con il normale contributo comunitario del 10-20% del costo globale, la risposta fu: «Ma se il governo italiano non ha chiesto nulla, perché l’Unione europea avrebbe dovuto stanziare un contributo?». Quando abbiamo pubblicato l’intervista, ripresa poi dall’agenzia Ansa, l’allora ministro delle Infrastrutture, il leghista ing. Roberto Castelli, disse che non era vero e che il governo di Roma seguiva costantemente l’opera. Il che era totalmente falso, a dimostrazione che i poteri industriali e politici del Nord hanno sempre bloccato ogni opera riguardante il Mezzogiorno per non farsi sfuggire nessun appalto. Come denigratori sono entrati in funzione anche gli ambientalisti che hanno persino sostenuto come il Ponte fosse un ostacolo per gli uccelli migratori. I grandi giornali nazionali, da parte loro, o ignoravano la questione, oppure vi dedicavano battute sfottenti. Grande risalto alla frase di Sergio Cofferati: «Il Ponte unirebbe due deserti industriali». Vero, sono deserti industriali, ma perché lo Stato ha abbandonato questi territori.
Saltato il governo Berlusconi a causa dello spread arrivato a superare i 500 punti, quando è arrivato il momento del governo Monti si è assistito al più brutale scempio del diritto internazionale perché è stato stracciato il contratto con Impregilo che aveva vinto il regolare bando per la costruzione del Ponte. Una vergogna imperitura per l’attuale senatore a vita che ha poi sciolto la società “Stretto di Messina” che era composta da Ferrovie, Anas e Regioni Siciliana e Calabria. Insomma, sul Ponte più lungo del mondo, che anche l’Unione europea avrebbe voluto, è stata fatta terra bruciata.
Cosa prevedeva il progetto del Ponte? Un impalcato di 60 metri per ospitare sei corsie per le auto e due corsie per i treni. Le grandi torri avrebbero dovuto ospitare uffici, negozi e ristoranti. Era previsto l’impiego di quarantamila addetti per dieci anni, il che avrebbe attenuato, forse dimezzato, la disoccupazione in Sicilia e il Calabria. Per i dieci anni di lavori per il Ponte, la Sicilia sarebbe stata all’attenzione del mondo. C’è da aggiungere un fatto molto importante: le Ferrovie, nel progetto originario, avrebbero pagato 100 milioni di euro l’anno per 30 anni per l’attraversamento dei treni sul Ponte (il che farebbe tre miliardi). Questo perché avrebbero risparmiato 200 milioni l’anno mettendo a riposo i traghetti dello Stato, che tra l’altro inquinano le acque dello Stretto. In sostanza con i pedaggi il Ponte si paga da solo. Chiaro?
Ora bisogna stare attenti alla corsa all’oro dei miliardi dell’Unione europea. Si deve evitare che vengano intercettati al Nord da politici e industriali che a tutto pensano tranne che agli interessi del Mezzogiorno, e della Sicilia in particolare. Bisogna costruire una serie di alleanze per poter evitare l’ennesima delusione. Basta con gli stanziamenti a pioggia per le piccole opere. Il governatore Nello Musumeci, pur essendo ancora impegnato con il problema del virus, ieri è uscito dal suo silenzio e ha fatto sentire la voce della Sicilia: il Ponte si faccia col “modello Genova” come ha detto Musumeci. Vogliamo diventare cittadini Italiani ed europei con pieno diritto, oppure restare marginalizzati a vita?COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA