Assessore Luca Sammartino, la crisi della pesca siciliana sembra irreversibile: le marinerie si dimezzano, i giovani non vogliono più fare questo mestiere.
«I giovani abbandonano la pesca perché non è molto remunerativa, essendo una attività che soffre della spietata concorrenza dei Paesi emergenti. Tunisia, Marocco, Egitto e Libia pescano lo stesso prodotto dei pescatori siciliani con un costo del lavoro dimezzato, costi fissi che non sono nemmeno paragonabili, senza i sacrosanti obblighi di sicurezza che invece devono essere rispettati dalle nostre marinerie. La soluzione è quella di ridurre il carico fiscale, prevedere ad esempio agevolazioni sul carburante. In tutto questo, magari, l’Europa dovrebbe evitare battaglie pregiudiziali e ideologiche come quella contro la pesca a strascico, in cui la Regione è schierata al fianco dei pescatori».
Un muro di gomma, quello dell’Europa su quest’ultimo tema così sentito nelle marinerie siciliane.
«Da mesi denunciamo l’irrazionalità di misure che di fatto rendono impossibile la pesca a strascico, colpendo in maniera grave e ingiustificata un settore strategico per la nostra economia. I nostri richiami a verificare in maniera approfondita le modalità di individuazione delle aree precluse e a prevedere misure compensative certe, per evitare il tracollo delle marinerie siciliane più esposte, si sono scontrati con un atteggiamento di chiusura quasi pregiudiziale. Per questo siamo in linea con il governo nazionale: l’Italia è stato l’unico Paese dei 27 a votare contro le conclusioni della presidenza del Consiglio Ue sull’agricoltura sul pacchetto pesca. Un’azione che mi auguro possa indurre le istituzioni comunitarie a un confronto più sereno sul destino di un settore strategico per la Sicilia e per l’Italia».
Poi c’è il mistero dellla filiera impazzita: dalla barca al bancone su alcuni prodotti i prezzi aumentano fino al 500%. Eppure non c’è mai stato tanto pesce come adesso e i pescatori vendono a prezzi ridicoli…
«Si tratta di mera speculazione, non c’è una motivazione precisa. Ma è un fenomeno difficile da calmierare, perché in parte risponde a logiche di mercato, in parte perché in alcuni periodi dell’anno – come adesso, con il tonno che viene venduto al consumatore a sette euro al chilo, il prezzo crolla nel senso letterale del termine. Mentre in altri periodi dell’anno il costo è elevatissimo. Un risposta, rimanendo nella logica delle quote assegnate, è di ampliare il periodo di pesca, in modo da avere disponibilità del prodotto anche nei periodi dell’anno in cui questo viene pagato di più».
Eppure il pescato siciliano, per qualità e tracciabilità, non ha concorrenti. Cosa si sta facendo per valorizzarlo?
«Stiamo attuando una politica che è finalizzata a ridare valore a tutto il pescato siciliano, partendo dalle specie neglette. Ci sono tante specie di pesce – la mupa, l’aguglia, la boga, il tonno alletterato, solo per citarne alcune – che sono state inspiegabilmente abbandonate. Dobbiamo recuperarle, anche per recuperare un equilibrio rispetto ad una situazione, quella attuale, in cui c’è una eccessiva concentrazione della pesca su poche specie. Stiamo cercando inoltre di rilanciare l’acquacoltura tipica della nostra terra; allevamento dei ricci, produzione di cozze e vongole, dell’occhio di bue, allevamento di spigole e orate, riportando in Sicilia l’attività di ingrassaggio dei tonni, che da qualche anno si svolge a Malta. L’idea complessiva è di implementare l’attività di lavorazione e trasformazione del pescato, che può essere davvero il punto di svolta per portare le nostre eccellenze ittiche sulle tavole di tutto il mondo. L’idea dell’integrazione della filiera, dall’allevamento e dalla pesca alla trasformazione, conservazione e commercializzazione del prodotto, è quella vincente».
Il nostro mare ci offre prodotti unici che non possono essere “copiati”. Un po’ come è nel settore del vino. Un ventennio fa la Sicilia dei vignaioli cominciò un percorso che oggi porta l’Isola ai vertici dei mercati mondiali. Non si può fare lo stesso col pesce?
«Proprio a questo è legata l’attività di promozione dei marchi territoriali, come il tonno rosso di Sicilia, il gambero rosso di Mazara, il gambero rosa di Sciacca, le cozze e le vongole di Ganzirri, che servono anche nell’ottica del marketing territoriale: come accade su case history di successo del vino, le produzioni di eccellenza devono anche diventare strumenti per la promozione del territorio, perché la pesca rappresenta la storia e l’anima tradizionale della Sicilia. In questa prospettiva abbiamo istituito il il Reimar, il Registro delle identità della pesca mediterranea e dei borghi marinari. Introdotto con la legge regionale 9/2019, ha come obiettivi la promozione e valorizzazione della storia dei borghi marinari, della pesca e dei prodotti ittici quale elemento identitario, il riconoscimento delle potenzialità ̀ economiche e produttive, la salvaguardia della biodiversità marina autoctona e la promozione della cultura delle antiche maestranze del mare».