PALERMO – Mentre Nicola Zinagretti prapara la verifica di governo del Conte 2 e medita se aprire il Partito democratico a forze nuove della società (vedi le “sardine”) attraverso un congresso che ne ridefinisca valori e programma o se scioglierlo e aprire una fase costituente del campo progressista, anche in Sicilia il Partito democrativo prova risvegliarsi dal torpore e si prepara a rinnovare la propria classe dirigente. Sono passati 13 mesi dalla sfida, alla fine mai avvenuta, tra Davide Faraone e Teresa Piccione, per la segreteria regionale del Pd, naufragata tra ricorsi e vittorie a tavolino. E da quell’epoca sembra essere passato un secolo: oggi il primo ha seguito Matteo Renzi nell’esperienza di Italia Viva e la seconda deve riguadagnare la stessa centralità che quel contesto le aveva assicurato in uno schema, ormai saltato, di zingarettiani contro renziani.
Il partito, che sarà presto chiamato da Nicola Zingaretti a cambiare pelle e forse pure nome, procede invece in Sicilia lento pede verso il nuovo congresso regionale. E si interroga sui nomi, le facce e i percorsi che dovranno portare al nuovo segretario, ma anche sulla natura, l’identità e la composizione della base che sarà chiamata a scegliere il nuovo segretario regionale. Quello cioè atteso ai prossimi anni di lavoro che prevedono le sfide della elezioni regionali del 2022 (dopo la vittoria di Nello Musumeci nel 2017) e che dovrà preparare le liste per le Politiche dopo il flop nell’Isola del 2018.
Nel momento in cui lo stesso Zingaretti apre a 360 gradi, con un occhio alla società civile, Sardine in testa, ai movimenti e anche al recupero del mondo confluito in LeU dopo la scissione, il Pd siciliano appare più impigrito e condizionato dallo schema da “carte bollate” e regole di partito, a partire dai tesseramenti, che imprigionò il confronto politico lo scorso anno. Anche per questo l’idea di primarie aperte, fuori dal perimetro degli iscritti, non scalda più di tanto il cuore del commissario del partito Alberto Losacco, che ha il compito di non perdere per strada la base, di per sé già sgretolata, che oggi raggiunge i 12mila iscritti online, poco più di un quarto dei 40mila dell’ultimo tesseramento.
Da una posizione di rilievo in termini di numeri della provincia etnea (quasi un terzo del totale), potrebbe venire fuori dunque il nome di Anthony Barbagallo su cui confluisce l’unità del partito catanese. Per l’esponente di AreaDem sarà importante però confermare la sponda (non più scontata) del capogruppo all’Ars, Giuseppe Lupo, grande sponsor fino al recente passato proprio di Piccione, ma anche andare oltre, per conquistare una nomination piena e quanto più ampia ai blocchi di partenza. Attraverso un’apertura proveniente da altri settori del partito il percorso dell’ex assessore regionale al Turismo troverebbe dimensione compiuta.
Il primo a scendere in campo intanto è Antonio Ferrante che ha annunciato la candidatura a segretario regionale nel nome «di una nuova visione di partito e di Sicilia». Non solo spontaneismo, ma una ripartenza dal basso quella del giovane dem che ha lanciato il guanto di sfida ai big.
Molti dei quali preferiscono al momento rimanere dietro le quinte. Come Baldo Gucciardi, ex assessore alla Salute di Crocetta e già capogruppo all’Ars, che punta a sparigliare le carte e a capire quali pezzi si possono mettere ancora insieme nella Sicilia occidentale. La stesso campo delle sfide senza quartiere tra Antonello Cracolici e lo stesso Lupo, quella in cui va emergendo la figura del sindaco di Trapani Giacomo Tranchida. Ma la Sicilia dei territori guarda anche a Messina con l’ex rettore Pietro Navarra, ma, soprattutto, punta a non replicare le faide di ieri. Anche se non ha ancora capito come ricucire le ferite del passato.