Politica
Pd, la discesa in campo di Barbagallo : «Ecco come sarà il mio partito»
Catania. «Ho deciso di fare un passo avanti: ufficializzo la mia candidatura a segretario regionale del Pd».
La notizia, per così dire, era nell’aria, onorevole Anthony Barbagallo…
«Sì, ma a seguito delle tante sollecitazioni di iscritti e militanti, e di colleghi di partito ed esponenti del centrosinistra, ho deciso di metterci la faccia».
Che partito trova?
«La situazione non è splendida. L’organizzazione s’è persa. E la vicenda di Faraone ha impedito di ricostruire il partito, che è un mondo che vive di comunità e di quotidianità».
Come sarà il Pd di Barbagallo?
«Ho l’ambizione di ricostruire un partito unito, legato al valore della comunità, che valorizzi gli iscritti e che sia inclusivo. Un Pd che sia una forza coesa e in discontinuità soprattutto nel rapporto con gli amministratori locali, che si sono sentiti abbandonati. In sintonia con la linea di Zingaretti, che ha indicato la giovane sindaca di Marzabotto presidente del Pd nazionale».
L’idea di Pd «inclusivo» non stride con il no alle primarie aperte?
«Per nulla. Il Pd anche in Sicilia dovrà costruire, a partire anche dal dibattito congressuale, un confronto aperto alla società civile, alle associazioni, al mondo verde ed ecologista».
Scusi l’insistenza: le primarie erano state invocate da un “non iscritto vip” come Bartolo, ma anche dal suo compagno di corrente, il capogruppo all’Ars Lupo. È bastato il diktat pacifista di Franceschini per chiudere la cosa?
«Al di là dei retroscena giornalistici, ritengo che quello posto da Lupo fosse un legittimo tema di metodo e non una questione personale contro di me. Il problema delle regole del congresso è stato superato. Niente spaccature in AreaDem: siamo sempre compatti».
Ce ne rallegriamo. Ma ciò non basta a chi, a sinistra del Pd, sperava nell’addio al partito delle tessere.
«Con tutto il mondo che c’è a sinistra del Pd ho un ottimo rapporto e vorrei consolidarlo da segretario. Bartolo, certo. Ma anche Fava, con il quale ho parlato, e altri che ritengo determinanti per un partito e per un centrosinistra di forte alternativa alla destra dello “zero assoluto” alla Regione. Musumeci ostenta numeri parziali per vantare la differenza da Crocetta, ma il suo fatturato è sconsolante. E nasconde un’enorme questione morale: assessori indagati, amici dei boss negli staff, ma anche un ex assessore di Caltagirone imputato e “promosso” da Falcone, suo avvocato, al Cas».
Quest’apertura a sinistra, fatta da un moderato con un passato lombardiano come lei, è significativa.
«Il Pd dev’essere una casa comune. E questo vale per la sinistra, ma anche per i moderati a cui mi rivolgo pure».
E dunque dialogo aperto con i renziani che a Roma vogliono fare cadere il governo? Del resto Rosato ha espresso il rimpianto che lei non sia passato con Italia Viva…
«Con i renziani, in Sicilia, il dialogo non s’è mai interrotto. Ognuno ha fatto le sue scelte, ma può esserci rispetto e collaborazione. Come stiamo sperimentando con Sammartino a Catania: Pd e Iv alleati in tutti gli otto comuni etnei al voto . E abbiamo fatto pace anche su Bronte e Tremestieri, dove eravamo su barricate opposte».
Il Barbagallo amico di tutti, da buon franceschiniano, non può non guardare a un asse anche con il M5S…
«Guardi che la dote di rapporti politici che voglio portare nel Pd sarà un valore aggiunto. Anche con i cinquestelle ci sono rapporti personali e un dialogo consolidato all’Ars, dove l’asse con il Pd ha già avuto risultati positivi, come l’alt alla pessima legge sui rifiuti del governo Musumeci, e altri potrà averne in futuro. E poi il rapporto con il M5S è anche una linea politica aperta da Franceschini e rilanciata da Zingaretti. Le cose che ci uniscono sono più di quelle che ci dividono. A Roma i problemi non mancano, ma non bisogna fermarsi. Ma provarci, insistere».
Con i grillini sono ipotizzabili accordi in Sicilia già per le Amministrative?
«Visti i tempi del nostro congresso e quelli delle liste nei comuni è complicato assumere impegni. Ma è chiaro che il confronto ci sarà. Magari a partire da Catania, dove la città è col fiato sospeso per il verdetto su Pogliese, un sindaco imposto, nonostante si sapesse del processo, da un centrodestra che ha fatto prevalere le ambizioni personali sul bene dei catanesi».
A proposito. Lei si ricandiderà a Pedara, dove invocano il suo ritorno?
«Aspettiamo. Stiamo valutando. Sceglierà il circolo, che negli ultimi vent’anni ha fatto scelte vincenti…»,
Vincenti come la sua candidatura a segretario. Non c’è partita…
«Uno sfidante già c’è: Antonio Ferrante, che è un’ottima candidatura, oltre che una persona leale. Il Pd siciliano è finalmente contendibile. Ci sarà bisogno di tutti, compresi dei nuovi che vorranno farsi avanti, per un partito che avrà la priorità della lotta alle diseguaglianze e alla fuga dei giovani, anche grazie all’ottimo Piano del ministro Provenzano».
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