«Il percorso di rigenerazione e di ringiovanimento già avviato in Sicilia proseguirà certamente, in modo ancora più evidente, dopo la decisa vittoria di Elly Schlein». Il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, ha appena espresso il concetto in un comunicato stampa.
Onorevole Barbagallo, come ci si sente a stare dalla parte giusta? Riuscirete, a Roma e in Sicilia, a non rovinare il trionfo di Schlein trasformandolo in pallottoliere per le vostre correnti?
«Non c’è una parte giusta. Semmai la parte sbagliata è quella di chi voleva trasformare il congresso e le primarie in una resa dei conti fra correnti. E invece non è stato così: innanzitutto perché la meravigliosa festa di democrazia che s’è celebrata ai gazebo ci ha confermato che il popolo della sinistra, che non sempre coincide con i nostri iscritti, hanno una visione che va ben oltre gli errori e le sconfitte del nostro gruppo dirigenti. Questa è una lezione da cui dovremmo imparare tutti. La scelta di Elly è un chiaro segnale di rinnovamento, ma anche la bocciatura di chi voleva utilizzare Bonaccini come cavallo di Troia, anche dalle nostre parti, per altri scopi. Mi rassicurano però le parole di Stefano: il suo richiamo all’unità gli fa onore».
Lei parla di rigenerazione del Pd. In Sicilia, però, il primo effetto collaterale della vittoria di Schlein è una polizza sulla segreteria Barbagallo…
«Non ne avevo bisogno. Noi siamo da tempo impegnati nel rinnovamento della classe dirigente: io sono il più “anziano” della segreteria regionale, l’80 per cento dei dirigenti sono under 40. Alle elezioni politiche e regionali abbiamo eletto giovani e donne. Rigenerazione e freschezza: il Pd, in Sicilia, era già sulla linea Schlein».
Lo vada a dire a tutti gli altri big, non certo novellini, del partito in Sicilia: quasi tutti con Bonaccini, pronti a intimarle lo sfratto. Avevano fatto i conti senza l’oste di Pedara…
«Devono rifare i conti. Capita… Ma a uscire rafforzato dal voto di domenica non sono io, ma il Pd siciliano, che ha portato a votare oltre 55mila persone in 250 gazebo. Io ne ho girati tanti: in fila c’era tanta bella gente, ma molti non erano nostri elettori o quanto meno non lo erano più da tempo. Elly ha riacceso entusiasmo e speranza. E noi adesso non dobbiamo deluderli».
Con Schlein al Nazareno la strada delle alleanze è chiara: addio a quel «campo largo, aperto ai moderati» a cui lei è da sempre affezionato…
«La gente che ha votato Schlein si aspetta scelte coerenti con la storia e i valori del Pd. E quindi si rafforza il dialogo col M5S, anche correndo il rischio di riprenderci la delusione già registrata il 23 agosto con la loro rottura sulle Regionali, ma bisogna accelerare su tutto il fronte progressista, che comprende l’alleanza Verdi-Sinistra italiana, ma anche le tante realtà civiche. Compreso quel mondo moderato a cui mi riferisco io. Che, sia chiaro, è un mondo diverso da quello che sta attorno alla Meloni e a Schifani».
Tradotto in strategia per le prossime amministrative di maggio in Sicilia tutto ciò cosa significa in concreto?
«Nulla di particolarmente sconvolgente. Al di là delle dinamiche locali nei centri più piccoli e della situazione ormai cristallizzata a Trapani (dove i grillini sono all’opposizione del ricandidato Tranchida, ndr) nelle città capoluogo al voto lo schema è lo stesso che abbiamo già applicato a Palermo e Messina: almeno quattro liste, con Pd, cinquestelle, sinistra e civici alleati».
Squadra che perde non si cambia…
«Stavo per dire che l’unica cosa diversa sarà il risultato finale. Vogliamo vincere a Catania, Siracusa e Ragusa: i nostri Leone, Nicita e Giaquinta stanno facendo un gran lavoro».
A Catania si susseguono i tavoli, ma sul nome siete alla sedute spiritiche.
«Il fatto che non ci sia il nome del candidato non deve sminuire il valore dei tavoli progressisti. Anzi è l’esatto contrario: questo encomiabile lavoro sul programma condiviso è indispensabile per individuare la persona giusta. Abbiamo quasi concluso e c’è una chiara idea di una città che guarda al mare e all’Etna, che punta sulla mobilità sostenibile e che dice “giù le mani” alla destra che vuole privatizzare l’aeroporto. Questo è il perimetro: il candidato deve rientrare dentro il campo progressista. Senza fughe in avanti».
Compreso l’ex sindaco Bianco?
«La regola vale anche per lui. Come per tutti quelli che vogliono starci».
Tanto dicono che tanto il candidato lo esprimerete voi del Pd: Abramo.
«Quello di Emiliano è uno dei nomi più accreditati in tutto il fronte progressista. Ma non sarebbe il candidato del Pd. A esprimerlo, semmai, dovranno essere tutti quelli che siedono ai tavoli: le forze nazionali, ma soprattutto i movimenti civici, che hanno pari dignità rispetto ai partiti».
Twitter: @MarioBarresi