IL CASO
Non solo Intel, sulle CamCom l’altro sgarbo leghista: l’ira di Musumeci (e di tanti altri)
Giorgetti invia i nomi dei due commissari per gli accorpamenti. Il sospetto di un blitz dei neo-salviniani unisce nella rivolta i due fronti avversari
La nota del ministero dello Sviluppo economico, sulla scrivania del governatore, finisce sepolta da altre scartoffie. Fra le quali il dossier Intel; il sito a Torino e non a Catania. Ma, mentre Nello Musumeci studia la controffensiva sull’Etna Valley, qualcuno gli fa notare il secondo “sgarbo” di Giancarlo Giorgetti. Quello sui commissari per l’accorpamento delle Camere di Commercio in Sicilia.
Il tema è già caldo sull’asse Roma-Palermo. La necessità di una nuova mappa camerale diventa legge grazie a un emendamento al decreto “Sostegni-bis” partorito dalla deputata forzista Stefania Prestigiacomo in asse con il collega leghista Nino Minardo, col voto favorevole dei deputati siciliani di M5S e Pd. Ma il governo regionale, che deve verificare la fattibilità economica delle modifiche (le CamCom di Siracusa e Ragusa lasciano Catania e confluiscono in unico ente con Agrigento, Caltanissetta e Trapani), storce il naso, raccogliendo il coro di proteste del mondo produttivo. Pur rinunciando al ricorso in Corte costituzionale, Musumeci dà mandato all’assessore alle attività produttive, Mimmo Turano, per «un riordino complessivo del sistema camerale». Come dire: la nuova mappa la facciamo noi.
Ma l’iter per il commissariamento, intanto, va avanti in parallelo. Sul tavolo di Giorgetti, al rientro dalla pausa agostana, finiscono due nomi, rivelati da La Sicilia: Roberto Cunsolo e Massimo Conigliaro, ai vertici dell’Ordine dei commercialisti a Catania e Siracusa. Soluzioni, per inciso, gradite al duo Prestigiacomo-Minardo.
Le «nomine ormai alla firma», per qualche settimana, spariscono dai radar. E martedì alla Regione arriva la nota del Mise. Con la richiesta di parere sui commissari. Che, nel frattempo, sono cambiati. Per Catania l’indicazione è sull’ex prefetto Claudio Sammartino, mentre per la CamCom pluri-provinciale spunta la dirigente regionale Alessandra Di Liberto. Il primo, in pensione, è un uomo di Stato dal curriculum di prestigio, zio del deputato regionale Luca Sammartino; la seconda è una burocrate ben voluta dalla politica (più volte capo di gabinetto di assessori alla Presidenza in era cuffariana) e stimata dall’ex direttore delle Finanze, Benny Mineo, ora segretario generale al Mise.
Ma il tam-tam s’ingrossa. Da Palazzo d’Orléans filtra l’intenzione di rispedire al mittente le nomine, sulle quali è richiesta «un’intesa» con la Regione. E, sul cambio di nomi in corsa, al netto dell’ira di Prestigiacomo, si sussurra di un certo imbarazzo di Minardo, che aveva blindato i due commissari ormai bruciati. Fonti leghiste attribuiscono la scelta «agli uffici del ministro», ma il caso è aperto.
La parentela eccellente in un caso e alcuni trascorsi nei palazzi della Regione nell’altro alimentano la voce che dietro l’ultima scelta di Giorgetti ci sia lo zampino dei neo-salviniani. Circostanza, tutta da dimostrare, che riunisce, in un inedito fronte del no, schieramenti fin qui nemici: quelli dell’ex ministra siracusana, madrina della nuova mappa, e di Pietro Agen, presidente della super CamCom del sud-est, principale vittima dell’effetto collaterale di una perdita di peso in Sac, società che gestisce l’aeroporto di Fontanarossa. Sul quale, magari, è scattata l’ennesima guerra di potere. Con nuovi protagonisti padano-etnei.
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