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LO SCENARIO

Nomine Sanità siciliana, ecco la nuova mappa del potere (tra vendette e tradimenti): e ancora non è finita

Completati i puzzle di Catania e Palermo (con sorprese dell’ultim’ora) e messa una toppa su Caltanissetta, restano aperti i casi di Agrigento e Siracusa. Dove fra i ras locali del centrodestra volano gli stracci.

Di Mario Barresi |

Dovevano essere l’occasione per placare gli animi. Premiando i portatori di voti (gratis) alle Europee e risarcendo i delusi del rimpastino estivo. E invece, in un centrodestra siciliano che non si riunisce da mesi, le nomine delle direzioni strategiche di Asp e aziende ospedaliere sono diventate un altro terreno di scontro senza esclusione di colpi, molti dei quali ben al di sotto della cintola.

Eppure, nonostante l’ultimatum di Palazzo d’Orléans, la partita non s’è ancora chiusa. E quando ieri pomeriggio il direttore generale Salvatore Iacolino ha riunito a Palermo i manager della sanità siciliana, non tutti sono arrivati, come esplicitamente richiesto, in compagnia dei direttori amministrativi e sanitari freschi di designazione. Completati i puzzle di Catania e Palermo (con sorprese dell’ultim’ora) e messa una toppa su Caltanissetta, restano infatti aperti i casi di Agrigento e Siracusa. Dove fra i ras locali del centrodestra volano gli stracci.

La linea del governatore

Renato Schifani ha seguito una linea ben precisa: rafforzare la leadership nel suo partito, Forza Italia, concedendo il minimo sindacale a rivali interni (come Marco Falcone a Catania, con la riconferma di Diana Cinà al Cannizzaro, e Stefano Pellegrino a Trapani con Danilo Palazzolo neo-direttore amministrativo all’Asp), e fedelissimi in fibrillazione (come Gaspare Vitrano a Palermo, che, in tandem con Edy Tamajo, ottiene la riconferma di Aroldo Rizzo al Villa Sofia-Cervello), e piazzando, in alcuni ruoli-chiave, nomi di strettissima fiducia. Sua e soprattutto del potente Iacolino. Così, ad esempio, è per Tamara Civello direttore amministrativo all’Asp di Catania e per Ignazio Del Campo, noto al Policlinico di Catania per le sue coraggiose denunce, come direttore amministrativo all’Asp di Palermo. Ma il governatore, facendo tesoro dell’attività diplomatica del commissario regionale forzista Marcello Caruso, è riuscito anche a dosare la distribuzione delle poltrone di Asp e aziende ospedaliere destinate agli alleati. Così si consolida il rapporto di reciproca lealtà con Totò Cuffaro (la Dc fa il colpaccio a Palermo con Vincenzo Barone direttore sanitario al Civico, col gradimento anche per Rizzo al Villa Sofia-Cervello, ma prova a sfondare altrove) e Luca Sammartino (Lega premiata a Catania con Monica Castro direttrice amministrativa al Cannizzaro, ma anche a Palermo con Antonino Levita direttore sanitario dell’Asp, con Pippo Laccoto sponsor), rinsaldando anche l’asse con Fratelli d’Italia.

I meloniani, soprattutto dopo il vertice nella villa di Ignazio La Russa a Ragalna, hanno sposato l’asse su Catania, prendendo le direzioni sanitarie dell’Asp (Giuseppe Reina) e del Garibaldi (Mauro Sapienza), con il forte input del presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, e dell’ala musumeciana. I Fratelli di Palermo hanno puntato i piedi riuscendo a bruciare, previa “convocazione” del manager meloniano Walter Messina, la nomina di Gaetano Buccheri (area forzista, ma inviso al governatore) a direttore amministrativo al Civico, sostituito last minute da Domenico Cipolla, apprezzato da Iacolino, ma anche dall’assessore Alessandro Aricò.

«Verso il disastro»

In questo quadro si consuma la vendetta del governatore nei confronti di Raffaele Lombardo, che ha accolto Gianfranco Miccichè nell’Mpa, a bocca asciutta nella sua Catania (dove spingeva Sabrina Cillia all’Asp), con qualche strapuntino messinese e nulla più. Cillia, che resta ad Enna, all’epoca della sua esperienza al Policlinico di Messina, non avrebbe firmato alcune carte a favore della fondazione Nemo, poi finita al centro di un’inchiesta giudiziaria in cui è indagata anche l’assessora Giovanna Volo, oltre che il manager dell’Asp etnea Giuseppe Laganga Senzio.

«Andando avanti così, la sanità siciliana andrà verso il disastro», il grido d’allarme dell’ex governatore. E allora gli autonomisti si sono messi di traverso ad Agrigento, dove l’assessore Roberto Di Mauro s’è opposto al cuffariano Ennio Ciotta, in pista assieme ad Alessandro Pucci, vicino a FdI. Il manager dell’Asp di Agrigento non ha ancora firmato le nomine e ha marcato visita al vertice in assessorato. I due nominandi restano in pole position, ma ieri circolavano anche due nomi etnei: gli ex direttori amministrativi delle Asp di Catania, Giuseppe Di Bella, e di Ragusa, Salvo Torrisi.

I lombardiani sono furiosi anche per le scelte di Trapani, dove il manager Ferdinando Croce (fedelissimo dell’ex assessore oggi eurodeputato di FdI, Ruggero Razza) ha nominato come direttore sanitario Gaetano Migliaccio, stimato dai meloniani ma soprattutto dalla Dc.

La contesa

L’altro nodo da sciogliere è all’Asp di Siracusa: si parla del bis di Salvatore Madonia, ma la firma non c’è. A contendersi la direzione sanitaria Luca Cannata (FdI) e Riccardo Gennuso (Fi), in partita anche Noi Moderati di Saverio Romano. Soprattutto se si dovesse aggiungere il posto al vertice amministrativo, visto che Salvatore Lombardo dovrebbe andare a ricoprire lo stesso incarico all’Asp di Caltanissetta. In attesa è tutto congelato.

«La sanità siciliana è al centro di un continuo ciclone che rimescola le carte del potere, in uno scacchiere in cui il diritto alla salute dei cittadini è l’ultimo dei pensieri dei protagonisti di questa girandola. Quando si comincerà a parlare di piano sanitario e degli interventi necessari per rimettere in sesto la sanità pubblica?», attacca il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino. E dalle opposizioni c’è il risveglio dal torpore delle ferie estive. «Sulle nomine della sanità – afferma Michele Catanzaro, capogruppo del Pd all’Ars – stiamo assistendo a uno squallido valzer da parte del governo regionale e del presidente Schifani, mentre la gente fa la coda negli ospedali. Schifani ha la faccia tosta di scaricare le responsabilità sui manager quando invece il principale responsabile è proprio lui».

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