La vera notizia non è tanto l’atto parlamentare – e cioè la mozione del Pd all’Ars per chiedere al governo regionale di revocare tutte le ultime nomine della sanità – quanto la reazione, per adesso soltanto sussurrata, che l’iniziativa riscontra in alcuni ambienti della maggioranza. «Io potrei anche votarla a viso aperto, ma se si dovesse fare col voto segreto – confessa un deputato del centrodestra – la proposta di azzerare i direttori passerebbe alla grande…».
In questo contesto, dopo la plateale presa di distanza di Renato Schifani, schifato dal «balletto inqualificabile» in un sistema «incancrenito», il Pd getta una pesante pietra nella stagno del centrodestra, già melmoso per gli scontri proprio sui vertici di Asp e ospedali. La mozione, firmata da tutti gli 11 deputati, ha lo scopo di impegnare il governo, «e per esso il presidente della Regione», su un duplice versante. Il primo è immediato e cioè «porre in essere tutti i provvedimenti necessari alla revoca delle nomine dei direttori amministrativi e sanitari recentemente concluse». Il secondo è «predisporre un sistema che assicuri la serietà del processo di nomina e l’oggettività dei criteri di scelta delle cariche in oggetto ovvero la qualità professionale di chi è chiamato a programmare e dirigere la sanità sul territorio», citando le «misure per aumentare la trasparenza nei processi di nomina» introdotte da alcune Regioni.
«La montagna di ipocrisia della destra – commenta Giovanni Burtone, deputato dem in trincea sul tema – ha partorito un pessimo topolino che non risolve i problemi della sanità in Sicilia. Per restituire dignità alle figure manageriali serve una riforma che assicuri oggettività nel criterio e quindi per titoli a tutela della qualità professionale di chi è chiamato a programmare la sanità sul territorio. Chiederemo con un atto di indirizzo che l’Ars si pronunci su questo e vedremo chi ha davvero a cuore la sorte del servizio sanitario pubblico e chi invece fa meri calcoli politici».
Ovviamente l’investimento politico (che sarebbe ancora più forte se l’iniziativa fosse condivisa anche da M5S e Sud chiama Nord) a breve termine è tutto sull’azzeramento delle nomine. Al netto delle oggettive complicazioni tecniche (ci sono contratti già firmati e “strapparli” esporrebbe i manager al rischio di contenziosi con i neo-direttori), la mozione ha un forte impatto simbolico. Ed è una sorta di “cavallo di Troia”, spedito nel campo avversario, allo scopo di costringere i gruppi della maggioranza a un’insidiosa conta in aula.
Sui potenziali franchi tiratori ci sarebbe l’imbarazzo della scelta. A partire dall’Mpa di Raffaele Lombardo, fra i più penalizzati dall’ultima giostra delle poltrone sanitarie. E anche il leader della Dc, Totò Cuffaro, invitando ad «andare oltre le nomine», si lascia scappare un sibillino giudizio sul risultato finale che «ha del grottesco e puzza di prevaricazioni». Altri sicuri iscritti al club dei ribelli sono dentro Forza Italia, al di là dei comunicati mielosi e dei giuramenti di fede. «Per ogni direttore nominato sui territori ci sono almeno due deputati locali rimasti a bocca asciutta, di ogni partito della maggioranza». Se si calcola il moltiplicatore della delusione, rivela un’attenta fonte della maggioranza, «arriviamo a numeri impensabili…».
Ma c’è un altro aspetto che emerge dai ragionamenti nella maggioranza. Ovvero: il «terrore», per usare la parola più diffusa, che la bufera sulle nomine diventi anche giudiziaria. Non è un caso che, saggiamente, l’Mpa invochi il vertice di maggioranza anche per «la rigorosa verifica dei titoli posseduti e la veridicità delle dichiarazioni che preludono al conferimento degli incarichi» ed eventualmente «la rimozione delle irregolarità compiute senza attendere il dibattito pubblico ovvero l’azione della magistratura contabile o ordinaria».
E poi c’è la pesante rivelazione del governatore sulla «persona» (identificabile in un manager sanitario) che avrebbe «ricevuto» sentendosi chiedere un’«indicazione sulle nomine» poi ovviamente rifiutata. «Ho lasciato questa persona libera di scegliere in piena autonomia e poi dai giornali ho scoperto che questi nomi erano legati a partiti». Le opposizioni, da con toni più o meno duri, incalzano Schifani: «Faccia i nomi». La stessa richiesta potrebbe arrivare anche dalla Procura di Palermo: non confermate le voci, raccolte ieri da La Sicilia, sulla presunta apertura di un fascicolo, eppure se fosse così non sarebbe un’eresia sentire il presidente della Regione come persona informata sui fatti.
Ma anche su altre latitudini giudiziarie (compresa Catania) si registra un certo interesse sulle ultime nomine della sanità siciliana. Adesso bisogna soltanto aspettare. Perché, forse, questa storia non è ancora finita.