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Cateno De Luca: «I “vaffa” ma le mani libere, ecco la Regione del signor nessuno»

Il candidato indipendente: «Vi spiego come vincerò col 41 per cento più Iva. E faremo strike anche alle Politiche: noi il primo partito in Sicilia, anche Berlusconi l’ha capito»

Di Redazione |

Forum a “La Sicilia”. Il candidato indipendente: «Vi spiego come vincerò col 41 per cento più Iva E faremo strike anche alle Politiche: noi il primo partito in Sicilia, anche Berlusconi l’ha capito» Catania. Arriva puntualissimo in redazione, reduce da un colorato bagno di folla alla Pescheria di Catania. E, con un tono di voce insolitamente pacato, Cateno De Luca (ospite ieri a La Sicilia per il quinto forum con i candidati alla presidenza della Regione) lancia il primo missile terra-aria: «Si sta organizzando un partito parallelo, me l’hanno già fatto sapere: facciamo il voto disgiunto per te». Fra gli “iscritti”, «pezzi di classe dirigente e deputati del centrodestra», per i quali è «una pratica tecnica naturale, quasi una tradizione», ma anche «molti di Pd e M5S, che hanno capito che i loro candidati non hanno dove andare». Così il candidato indipendente conta di consolidare l’operazione sorpasso. Nessun timore dell’election day, che potrebbe rafforzare il voto politico per i grandi partiti nazionali e frenare la sua corsa? «L’hanno fatto per schiacciarmi, ma mi hanno fatto volare. Alle Regionali non ci sto quasi più pensando: ormai mi concentro a rafforzare il brand “De Luca Sindaco d’Italia”. Saremo il primo partito in Sicilia anche alle Politiche, col 25 per cento: anche Berlusconi, coi suoi sondaggi, l’ha capito»  Sull’annunciata vittoria «col 41 per cento più Iva» e “Scateno” sfodera subito il suo pallottoliere virtuale: «La lista ammiraglia, Nord chiama Sud, è al 25 per cento, mentre Sicilia Vera è al 7-8. Devo spingere un po’ Orgoglio Siculo, perché non c’è lista a Palermo, che per ora è al 4. Con l’altro un per cento delle liste di testimonianza, arriviamo al 35 con le nostre forze. Il resto è il 5-6 di disgiunto naturale del centrodestra, dove anche ai signori delle preferenze sta vendendo di “acchianata” far votare Schifani presidente». Si arriva grosso modo al 41. E l’Iva? «I tantissimi voti di dem e Pd: hanno capito che Di Paola non arriverà nemmeno a doppia cifra e che la Chinnici non si vede perché non c’è. Lei, come Schifani, mi evita: sfuggono perché non reggono il confronto sul merito degli argomenti regionali, visto che hanno vissuto in un iperuranio».  I sogni son desideri. E ognuno si può fare i conti che vuole. De Luca si dice certo di vincere. Ma resta diffuso il rigetto di un certo elettorato moderato. Magari indignato per i toni e i modi, anche nel becero attacco ai giornalisti. «Quel video su Pipitone lo rifarei anche se fossi presidente della Regione. Io non indosso maschere pirandelliane, è il mio limite ma anche la mia forza», afferma. Rivendicando di «aver fanculizzato», in momenti diversi, anche «il ministro Lamorgese sull’ordinanza Covid» e i magistrati di Messina, «in un comizio di cinque ore, facendo nomi e cognomi, dopo di che mi aprirono 18 processi», ma anche per ragioni politiche, Matteo Salvini («gli dissi: non venire a Messina a fare comizi da alleato, perché tu sei nella giunta Musumeci») e Matteo Renzi («mi offrì seggi a Roma in cambio di un accordo in Sicilia e gli risposi: “Sei incaduta libera, la tua immagine mi fa perdere più di quello che guadagnerei”». Ma il modello “vaffa” – per certi aspetti simile agli show di Beppe Grillo prima maniera, in versione Cateno – non rischia di avere il fiato corto? «Me lo dicono da anni. Ma se sono ancora qui è perché i miei “vaffa” non si limitano ai comizi per prendere i voti. Io poi lo faccio anche quando amministro. C’è una parte più scenica, per far sintonizzare meglio la gente con me, ma poi ci sono gli argomenti seri. Che metto in pratica quando amministro, dopo aver vinto, come ho sempre fatto, da solo contro tutti i partiti». De Luca fa qualche esempio concreto. Il risanamento della zona delle baraccopoli, «frutto di un “voto di scambio” con Berlusconi: gli promisi 50 mila voti alle Europee e gliene portai 48mila con Dafne Musolino, dopo di che lui scoprì il problema delle baracche e ci aiutò a risolverlo, prima con la Gelmini e poi con la Carfagna». Su quello scandalo secolare litigò anche con la prefetta di Messina: «Feci l’ordinanza di sgombero in modo provocatorio, poi lei capì che era un modo per smuovere le acque e chiarimmo tutto». Così come per la spiaggia di Capo Peloro, fra «le più belle d’Italia» secondo il National Geographic, ma «dopo che mi sono messo un po’ di gente contro per ripulire la zona dalle super fetazioni edilizie». O come quando chiuse tutte le scuole di Messina senza certificato di agibilità. «Ci fu il panico, ma ottenni il risultato: 200 milioni per la messa in sicurezza e da allora in poi finanziamenti diretti senza bandi». Il programma di De Luca, sintetizzato nella brochure con i “dieci comandamenti”, è in parte l’estensione regionale di ciò che rivendica di aver fatto a Messina, che «da 550 milioni di debito, ora ha quasi chiuso il piano di equilibrio, con fatture pagate entro 23 giorni di media». Come sui rifiuti, «portando la differenziata dal 4 al 60 per cento, con il porta a porta sul 100 per cento del tessuto urbano», proprio mentre Nello Musumeci, «commissario regionale per l’emergenza rifiuti non riusciva a fare nemmeno un impianto, limitandosi a spendere, su 65 milioni a disposizione, solo 4 per consulenze e ufficio speciale». De Luca è sempre più convinto che «abbia ragione il procuratore Zuccaro, quando dice che la politica regionale, con le sue omissioni e le scelleratezze, ha voluto favorire la gestione privata e magari un pezzo di organizzazione criminale. Chi ha omesso? Certamente non io…» . In tema di rifiuti alla Sicilia, subito, servono «impianti di secondo livello», per poi pensare a «un solo termovalorizzatore per la frazione secca». Il tutto assumendosi «la responsabilità delle proprie scelte». Come quando «lanciai l’ obbligo della differenziata anche nelle baracche: facevo i blitz di notte, introdussi il sistema delle ganasce sui rifiuti, “se non paghi ti lascio la munnizza sotto casa”, mi feci tanti nemici tant’è che fu anche alzato il livello di sorveglianza. Ma alla fine i cittadini capirono». Ecco, questo è il senso meno terrorizzante del “Catemoto” annunciato. Il punto è «come arrivi a essere il presidente della Regione», scandisce il candidato. Senza la copertura di un partito nazionale? «È la nostra salvezza, finora le interlocuzioni non hanno portato nulla né a Roma, né a Bruxelles. La nostra è l’isola dei beni primari, non ci manca nulla, ma siamo stati sempre massacrati. E io, da presidente della Regione, andrò a sedermi con chiunque, compresa la Meloni, senza pregiudizi. Ma con le mani libere». Questo è il concetto-chiave. «Io l’accordo con Miccichè, che con me è stato sempre leale, lo chiudevo in un minuto. Ma non potevo farlo, perché comunque lui rappresenta un mondo. E, piaccia o non piaccia, lui deve rispondere a quel mondo. Fare un accordo anche con un solo pezzo del centrodestra, significava che avrei dovuto indirettamente rispondere a quel mondo». E invece, adesso, la corsa solitaria. Con quale classe dirigente? «Voi sarete sbalorditi dalla nullità politica della mia giunta regionale. Vi chiederete: e chi sono questi? Non saranno deputati, né politici, ma ottimi amministratori. Voglio assessori-operai, come quelli che ho avuto a Messina. Gente che lavori con me 24 ore al giorno». Del resto, scandisce, «non sono l’ultimo arrivato, ho fatto tre legislature all’Ars: dei palazzi palermitani conosco vizi e virtù. So anche come si comprano i voti per la finanziaria. Il mio, l’ho venduto: 150mila euro per l’autoemoteca all’Avis di Alì Terme. Ad altri hanno dato il centro studi dove c’erano la moglie e la figlia e si sono incassati i soldi…».  Cateno contro tutti, a partire dalla «sanità modello Razza: aspetto ancora che mi quereli», simboleggiata dal fatto che «non conosco un solo proprietario di struttura sanitaria privata convenzionata col pubblico che non abbia almeno uno yacht». La ricetta? Eliminare il «rapporto patologico» fra pubblico e privato, investendo su una rete che affianchi i »presidi capillari con servizi di base» ai «punti di eccellenza». E , a livello generale, «allontanare subito dalla Sicilia i due direttori delinquenti» e «non usare la sanità come bancomat elettorale».  E adesso rotta verso Palermo. Una città che ha già “inghiottito” molti presidenti della Regione. «Il problema non è chi sei, ma con chi ti accompagni. Io sarò mister nessuno, non andrò accompagnato da nessuno, men che meno da chi ha scheletri nell’armadio. Io sarò Heidi che arriva con le sue caprette. E questa sarà una situazione molto strana. Sarà un punto di forza o di debolezza? Questo io oggi non lo posso dire, perché è la prima volta in assoluto che succederà». Mentre parliamo di questo, la sua portavoce lo avvisa di un’agenzia su Schifani che non commenta le voci di un «possibile accordo» De Luca-Miccicchè: «Parla della telefonata di stanotte di Berlusconi? E che gli ha detto?». Lei legge il testo dell’Ansa: «Non vado appresso a queste dicerie». E “Scateno” scoppia a ridere. Non riesce a fermarsi. Il forum, dopo oltre un’ora, s’interrompe.

(Pubblicato su La Sicilia il 15 settembre)COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA