Ormai è ufficiale: comincia la sfida, alla guida della Regione Siciliana. La sfida più esaltante e impegnativa della mia vita. Esaltante perché consacrata dal consenso dei cittadini che il 5 novembre hanno scelto di premiare la speranza contro la rassegnazione e la disperazione. Certo, inutile nasconderlo, le emozioni forti e contrastanti sono tante in queste ore. Appartengono ai sentimenti intimi dell’uomo, del padre, del nonno e le vivo con la serenità di chi crede. Non serve parlarne.
Ripercorro, come una moviola, i miei primi passi in politica, ancora ragazzo nella natìa Militello. I rimproveri di tanti benpensanti per avere io scelto di stare “dalla parte sbagliata”; i preziosi suggerimenti dei miei maestri politici, Vito Cusimano ed Enzo Trantino; la paterna esortazione di Giorgio Almirante ad affrontare la vita “come sofferenza, illuminata d’amore e accesa di speranza”. Riassaporo la polvere delle sconfitte e la dolce sensazione delle vittorie. Rivivo l’entusiasmo dell’autunno di tre anni fa, quando con una decina di amici abbiamo dato vita al Movimento #Diventeràbellissima per dare un tetto ai siciliani non rassegnati.
Sfida impegnativa, dicevo. Mi avvio a compiere un percorso lungo cinque anni, con lo spirito e la tenacia del maratoneta, pronto a tutte le insidie: a quelle della politica (amica e non) che dovrà tornare all’etica della responsabilità; dei potentati economici, che dovranno rassegnarsi al rispetto delle regole; e della criminalità organizzata, che non troverà nelle Istituzioni regionali “interlocutori” affidabili ma nemici implacabili. La mia strada sarà tutta in salita, senza soste, senza tregua. Per provare a tirare fuori dal pantano questa nostra Isola e restituire ai nostri figli il diritto a credere che possiamo farcela a rialzarci.
La Sicilia vive la stagione più drammatica della sua lunga storia autonomistica. Una crisi antropologica e politica, economica e morale. Le cifre, le percentuali degli analisti lasciano senza fiato; le statistiche ci costringono all’ultimo posto, tra le Regioni italiane, e al terzultimo tra quelle della Unione Europea.
Paghiamo a caro prezzo le colpevoli “distrazioni” e le odiose penalizzazioni di tanti governi centrali, ma anche i troppi errori e l’incontenibile cinismo di parecchi governi regionali, della Prima e della Seconda Repubblica. Le colpe, sia chiaro non appartengono solo agli eletti, ma anche ad una parte degli elettori, che hanno scelto e premiato per anni e anni, politici chiacchierati e adusi a pratiche inconfessabili.
E adesso? Non è più tempo di proclami: servono azioni concrete e razionali. Serve un nuovo rapporto col governo di Roma, un diverso utilizzo dei fondi europei, metodi nuovi in chi svolge funzioni pubbliche e maggiore propensione all’ascolto. Faccia ognuno la propria parte, con scrupolo e coscienza, nell’interesse di tutti e non del singolo.
A cominciare da noi. Lavoro a una squadra di governo animata da autentico spirito di servizio, competente e onesta, orgogliosa di rappresentare i valori del centrodestra ma aperta a tutti i siciliani senza pregiudizi. Al tempo stesso, voglio sperare che i partiti – lievito essenziale di ogni democrazia – facciano un passo indietro rispetto alle Istituzioni e tornino alla loro naturale funzione: di “cerniera” tra la piazza e il Palazzo, di vivaio e palestra per nuove classi dirigenti.
La gente è stanca degli estenuanti riti di certa politica cialtrona, dei finti “tavoli” per prendere tempo, delle interminabili riunioni per decidere di rinviare. C’è tanta attesa tra i Siciliani, ma anche tanto scetticismo. Convertire gli scettici alla speranza è un impegno prioritario del mio governo. Come? Testimoniando buoni esempi e offrendo risultati concreti.
La Sicilia non è una terra da raccontare ma da vivere, nel suo splendore e nella sua disperazione. Ed io vorrò viverla, da presidente, accanto ai rassegnati e ai fiduciosi, accanto ai più audaci e ai non garantiti. Perché questa terra è redimibile, malgrado tutto un giorno diventerà bellissima, come affermava con sicurezza Paolo Borsellino. Comincia dunque la sfida e la vinceremo, ne sono certo, se tutti noi Siciliani ci sentiremo sin da subito protagonisti e non spettatori.