Dissesto idrogeologico
Musumeci: «Casamicciola come Casteldaccia. Stop al nuovo cemento e ad abusi edilizi»
Il ministro siciliano della Protezione Civile si sta occupando in queste ore del disastro avvenuto in Campania. "Nel piano del governo subito interventi di prevenzione strutturale"
Ministro Musumeci, la tragedia di Casamicciola apre il consueto dibattito su cosa si sarebbe potuto fare e non s’è fatto. Dopo lo stato d’emergenza tutto finirà come sempre nell’album dei brutti ricordi? «L’album dei ricordi mi sembra che abbia foto ormai ingiallite dal tempo. È dagli anni Settanta – cioè dopo la lunga e, per certi versi, devastante stagione del boom edilizio – che si parla di interventi “riparatori” sul territorio, dopo aver permesso di sfregiarlo e aggredirlo con selvagge speculazioni e dilagante abusivismo. Se poi a quella responsabilità dell’uomo aggiungiamo adesso gli effetti del cambiamento climatico, il risultato è quello che abbiamo visto nell’isola di Ischia. Una gran quantità di acqua caduta in poche ore, portandosi a valle fanghi, massi, detriti, per circa un chilometro, prima di raggiungere il mare. Un bilancio assai pesante, innanzitutto in termine di perdite di vite umane. Per tutta la giornata di sabato ho seguito dalla prefettura di Napoli il lavoro del Centro coordinamento soccorsi e le assicuro che è stato compiuto dai soccorritori uno sforzo straordinario».
Ha parlato di un piano d’emergenza per le isole minori. Uno strumento che potrebbe essere utile anche alla Sicilia. In cosa consisterà? La tragedia di Casamicciola ha posto l’accento anche sulla necessità di diversificare la pianificazione dell’emergenza nelle isole minori rispetto al territorio della Penisola. Cosa significa in concreto? Mi spiego. Quando si redige un Piano per gestire l’emergenza causata da una calamità si deve tener conto soprattutto del grado di accessibilità degli uomini e dei mezzi di soccorso all’area interessata. Prima si arriva e più contenuto sarà il bilancio, come è ovvio. Ma nel caso di un’isoletta puoi accedervi con i mezzi solo via mare. E se le condizioni meteo sono proibitive, come è accaduto per tutta la giornata di sabato, sei costretto a ritardare l’avvio dei soccorsi, con le conseguenze facilmente immaginabili. La soluzione? Basterebbero piccoli accorgimenti: istituire un distaccamento di vigili del fuoco in ogni isola, anche con una sola squadra, attrezzare e qualificare un gruppo di volontari del luogo e tenere parcheggiati nell’isola alcuni mezzi pesanti utili nelle operazioni di soccorso, pronti a intervenire in caso di necessità. Ne parlerò col ministro dell’Interno e spero che insieme si possa trovare una soluzione. Per la Sicilia e la Sardegna il problema si porrebbe in altri termini, essenzialmente per l’inevitabile tardivo arrivo della “Colonna mobile” perché proveniente da oltre lo Stretto. Ma quella è un’altra storia…».
Un altro intervento che ha annunciato è il gruppo di lavoro ministeriale sul dissesto idrogeologico. Con che ruolo e con quali tempi? «Nella seduta del Consiglio dei ministri di stamani (ieri per chi legge, ndr) ho avanzato la proposta di creare un gruppo di lavoro interministeriale che in trenta giorni possa elaborare una proposta per semplificare le procedure di intervento sul territorio nel contrasto al dissesto idrogeologico. Le sempre più frequenti alluvioni, esondazioni e frane sono il frutto non solo della fragilità del nostro territorio nazionale e della irresponsabile aggressione operata dall’uomo, ma anche delle conseguenze determinate dal cambiamento climatico. Il fenomeno della tropicizzazione, chiamiamolo così per semplificare, ormai ha raggiunto dall’Africa anche le nostre regioni e con gli effetti prodotti saremo chiamati a convivere. Le piogge brevi ma abbondanti, i lunghi periodi di siccità e la desertificazione di alcune aree del Mezzogiorno impongono interventi di prevenzione strutturale non più rinviabili. E mi creda: non è tanto un problema di risorse finanziarie quanto di procedure e di competenze distribuite fra più istituzioni, rendendo difficile la spesa stessa».
Il gruppo di lavoro avrà un raccordo con gli enti locali. Non ritiene che finora ci siano stati “anelli deboli” nella catena che va da Roma ai Comuni? «Nel caos legislativo dell’ultimo decennio sono diventati troppi i soggetti istituzionali chiamati ad intervenire. E lo fanno, peraltro, senza una programmazione omogenea e senza una regia unica, impantanati in pastoie burocratiche che costringono ad attese lunghe ed estenuanti. Senza dire della scarsa capacità progettuale degli enti locali, a causa della cronica carenza di personale tecnico specializzato. Non sarà il nostro un percorso riformatore facile, ma abbiamo il dovere di provarci».
La dissennata politica che strizza l’occhio alla cementificazione ha una chiara responsabilità anche nell’alluvione campana. Un governo di destra può dare risposte in termini ambientali e di tutela del territorio? «Il primo obiettivo del governo Meloni è quello di puntare alla riqualificazione del costruito esistente e di ridurre il più possibile l’uso di nuovo suolo. Ovviamente non possiamo consentire la riqualificazione di costruzioni abusive. E non parlo ovviamente di chi ha aperto una finestra in più. Se oggi si muore nelle alluvioni è anche perché l’uomo ha costruito nei decenni passati dove non doveva costruire. E ha potuto farlo perché spesso chi, per legge, aveva il compito di vigilare e di impedire l’abuso si è voltato dall’altra parte, facendo finta di non vedere. Non dimentichiamo che nel 2018 a Casteldaccia, alle porte di Palermo, nove persone hanno perso la vita dentro la loro casa sommersa dalla furia delle acque. Quella casa era stata costruita sul greto di un fiume!».
La Protezione civile è riconosciuta come un’eccellenza italiana nel mondo. Ma ha un piano per potenziare la struttura? I sindaci lamentano una cronica carenza di fondi. «Sì, è vero. La nostra Protezione civile costituisce un invidiabile modello in termini organizzativi, di competenza e di efficienza. E sono orgoglioso di avere ricevuto dal presidente Meloni questo difficile ma esaltante ruolo di guida politica, dopo venti anni di assenza di un ministro delegato a tale materia. Anche i dipartimenti regionali di Protezione civile dimostrano di essere all’altezza del compito, in termini di competenza, anche se avverto una diffusa e preoccupante loro carenza di risorse umane e strumentali in giro per l’Italia. Quanto alla scarsa disponibilità di fondi negli enti locali, cui lei fa cenno, le ricordo che il nostro Servizio nazionale si occupa di previsione, prevenzione, gestione dell’emergenza e suo superamento. I fondi per la ricostruzione post calamità riguardano altre strutture dello Stato. Va anche detto però che quando ci sono talvolta non vengono spesi».
Qual è il quadro che ha lasciato in Sicilia? Ci sarà un’attenzione del governo nazionale sulla “fragilità” dell’Isola? «Nei miei cinque anni del governo regionale sono rimasto coerente con le idee e la visione di sviluppo sostenibile che ho sempre avuto, in un contesto territoriale assai fragile, per usare un suo aggettivo. Abbiamo varato una legge urbanistica, attesa da quarant’anni, che punta a migliorare il patrimonio abitativo esistente e ad adeguarlo alle norme antisismiche. Sul fronte del contrasto al dissesto idrogeologico siamo fra le prime regioni in Italia per spesa effettuata: in cinque anni quasi 500 milioni di euro e cantieri aperti in ogni provincia. Dopo decenni di abbandono, decine e decine di fiumi e torrenti sono stati ripuliti e risagomati, con un impegno di circa 100 milioni di euro. Questo il bilancio che ho lasciato nella mia Isola da presidente. Come amo ripetere, la Sicilia è l’esagerazione dell’Italia anche nella vulnerabilità del suo territorio».
Quella di Ischia è stata la prima tragedia da ministro della Protezione civile. Come la sta vivendo da uomo? Visto il suo ruolo sarà costretto a bardarsi di cinismo, riducendo al minimo le emozioni. «Quando si ricopre un ruolo di vertice come il mio devi sempre essere pronto a subire forti spinte emotive, specie nel caso di eventi resi più drammatici dalla presenza di perdite umane. Spero solo che il futuro non ci riservi spiacevoli sorprese. E siccome sono poco fatalista, scongiurare alcune tragedie può dipendere dalle condotte singole e collettive di ciascuno di noi». Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA