PALERMO – Dall’ “operazione verità», fatta da una commissione tecnica di 12 esperti incaricata dal governo di Nello Musumeci per fare chiarezza sui conti, emerge una Regione siciliana in condizioni finanziaria precarie, con un disavanzo da 5,9 miliardi coperto dalla precedente giunta con operazioni considerati «discutibili», un indebitamento di oltre 8 miliardi accumulato negli ultimi vent’anni, 120 mln di debiti fuori bilancio, e un ‘bucò nel bilancio di 355 milioni che imporrà tagli alla spesa nella prossima manovra di stabilità regionale. Non solo. I conti potrebbero ulteriormente peggiorare quando il governo avrà in mano la relazione sulle condizioni degli enti partecipati e controllati, con una stima di debiti fuori bilancio che per l’assessore all’Economia, Gaetano Armao, potrebbe essere superiore al miliardo di euro, cifra calcolata in modo approssimativo dal suo predecessore. «Ci muoviamo in un campo minato, dobbiamo approntare scelte importanti per ridurre la spesa pubblica, eliminare gli sprechi e rendere più trasparenti le operazioni finanziarie», annuncia Musumeci. Che avverte: «Questa condizione peserà almeno per i prossimi tre anni, lo dico con chiarezza». «Lavoreremo per il risanamento economico e finanziario – aggiunge – ma contestualmente alla crescita e allo sviluppo della Sicilia con l’utilizzo dei 7 miliardi di euro di fondi Ue, Coesione e Patto per il Sud».
Nella strategia del governo si inserisce la richiesta di riapertura dei negoziati con lo Stato, che in parte erano stati definiti con accordi specifici dall’ex governo Crocetta come per l’Irpef e l’Iva rinunciando però ai ricorsi davanti alla Consulta, per ottenere la piena attuazione delle norme dello statuto autonomo in materia fiscale e finanziaria. Il governo punta inoltre alla riparametrazione del contributo che la Sicilia versa per il risanamento della finanza pubblica (1,3 miliardi) e del cofinanziamento alla spesa sanitaria. Intanto tenterà di convincere Roma a fare dietro front sullo split payment, il meccanismo per la scissione dei pagamenti della pubblica amministrazione sulla liquidazione dell’Iva: la Sicilia dovrebbe trasferire allo Stato 285 milioni di euro. «Non si capisce perché per prestazioni realizzate nell’isola si debba restituire l’Iva allo Stato», sostiene Armao, che il 15 gennaio affronterà l’argomento col sottosegretario Bressa. Gli esperti, che hanno consegnato la relazione al governo, suggeriscono di frenare sui concorsi alla Regione annunciati dall’ex giunta, di riprendere le iniziative sulla riduzione del costo del personale e di agire con «grande cautela nel considerare la possibilità di aumenti retributivi». Insomma appare difficile che il governo confermi l’aumento contrattuale di 85 euro al mese per i 16 dipendenti della Regione e il taglio delle addizionali Irap e Irpef per i contribuenti, come aveva annunciato l’ex governo Crocetta durante la campagna elettorale. «Per finanziare il taglio delle addizionali e gli aumenti contrattuali l’ex governo aveva previsto nella bozza della finanziaria 414 milioni di euro, ma si tratta di poste aleatorie – accusa Armao – soldi che la Regione dovrebbe incassare dallo Stato ma che di fatto non ci sono. Se lo Stato ci darà questi fondi l’operazione si può fare altrimenti è impossibile visto i conti che abbiamo trovato». Giuseppe Lupo, presidente del gruppo Pd all’Ars, commenta: «È chiaro che il governo regionale è già in campagna elettorale per le prossime elezioni politiche. Ma su un tema così delicato come quello dello stato di salute dei conti della Regione non ci si può limitare ad annunci propagandistici: il governo regionale presenti il Documento di Economia e Finanza, il disegno di legge di Bilancio e il disegno di legge di Stabilità, come previsto dalla leggi vigenti. Mi auguro che il presidente Musumeci riferisca sulla reale situazione dei conti della Regione in occasione della seduta parlamentare del 9 gennaio».