Il gruppo del Pd al Senato presenta un’interrogazione, a prima firma Enrico Borghi, al ministro della Giustizia Carlo Nordio sul caso delle intercettazioni in carcere di colloqui e dichiarazioni del boss mafioso Matteo Messina Denaro detenuto in regime di 41-bis dopo l’arresto del 18 gennaio. In particolare, si chiede di sapere «come sia stato possibile che conversazioni intrattenute da un detenuto alle condizioni previste dall’articolo 41-bis della legge n. 354/1975 siano trapelate dal carcere e se il Ministro non intenda intraprendere, nell’ambito delle proprie competenze, opportune iniziative anche di carattere ispettivo per verificare quanto avvenuto».
Il 6 e 7 febbraio, si legge nel testo dell’interrogazione del Pd, «sui principali organi di stampa, è stato diffuso il contenuto di conversazioni intrattenute e dichiarazioni di Matteo Messina Denaro. Si tratta, in particolare, del contenuto di alcuni messaggi vocali inviati da Messina Denaro prima dell’arresto a due conoscenti, pazienti come lui nella clinica «La Maddalena» e contenenti affermazioni gravissime relative alla figura di Giovanni Falcone e alle celebrazioni in suo onore». «Si tratta altresì – fatto ancora più grave – del contenuto di alcune conversazioni intrattenute da Messina Denaro in carcere, in occasione della ripresa del ciclo di terapie anti-tumorali cui è sottoposto. Conversazioni nel corso delle quali – scrivono i parlamentari Dem – Messina Denaro avrebbe commentato il contenuto di trasmissioni televisive relative alle vicende del suo arresto e, più in generale, alla sua figura criminale». «Nel primo caso, la divulgazione riguarda dunque, con ogni probabilità, atti acquisiti al fascicolo delle indagini. Nel secondo caso, invece – si precisa nel documento a prima firma Enrico Borghi – a trapelare è il contenuto di conversazioni intrattenute da Messina Denaro in carcere, pur trattandosi di detenuto sottoposto al regime di 41-bis».
«Considerato che sono pertanto state divulgate informazioni per loro natura riservate la cui diffusione mette a rischio l'andamento di indagini della massima delicatezza» e che "non è in discussione la massima tutela della libertà di informazione e della riservatezza delle fonti cui i giornalisti fanno riferimento ma, semmai, quanto accaduto evidenzia la necessità di evitare che notizie così riservate e delicate possano trapelare e, allo stesso tempo, la necessità di assicurare un equilibrio ragionevole tra la tutela della riservatezza delle attività degli organi inquirenti e il diritto-dovere di informare ed essere informati» si chiede di sapere «come sia stato possibile che conversazioni intrattenute da un detenuto», in regime di carcere duro, «siano trapelate dal carcere e se il Ministro non intenda intraprendere, nell’ambito delle proprie competenze, opportune iniziative anche di carattere ispettivo per verificare quanto avvenuto».