Politica
Matteo Renzi: «Fiscalità speciale in Sicilia! Basta lamentarsi, ci si deve provare»
Se non ora, quando? Ricostruire. Sulle macerie del coronavirus. Con un’idea non inedita, ma mai realizzata: fare della Sicilia un’isola-oasi “tax free”. Attribuendole un’autonomia «speciale dal punto di vista fiscale», attraverso un «grande patto strategico» con lo Stato per poter aprire poi «una battaglia europea». Ma sarebbe tutto irrealizzabile se la Regione, in cambio, non si impegnasse in «un programma di riforme» azzerando sprechi e privilegi.
La proposta è di Matteo Renzi. Nero su bianco in un capitolo del suo nuovo libro, La mossa del cavallo (in uscita il 4 giugno), di cui La Sicilia pubblica alcune anticipazioni.
Il punto è che «serve una battaglia europea per fare almeno delle due isole principali, Sicilia e Sardegna, regioni speciali dal punto di vista fiscale, in grado di competere con Malta o con l’Albania, a sud, ma anche, dentro i confini settentrionali dell’Unione, con Irlanda, Lussemburgo, Olanda». La fiscalità speciale per la Sicilia è stata un utopico spot di tanti governi nazionali di ogni colore, oltre che un pallino autonomistico di Raffaele Lombardo. Perché rilanciarla proprio adesso? «In un tempo normale questa ipotesi non sarebbe stata presa in considerazione, ma adesso tutto è cambiato. Perlomeno ci si può provare, anziché lamentarsi dei tulipani olandesi», scrive il leader di Italia Viva.
Il primo passaggio è a Roma. «Credo che occorra un grande patto tra le due regioni isolane e lo Stato centrale per una più solida collaborazione istituzionale, nel rispetto dell’autonomia prevista dalla Costituzione ma senza alcuno sperpero, ormai insopportabile. Sicilia e Sardegna dovrebbero stipulare un accordo strategico con lo Stato centrale che, contestualmente, dovrebbe imporre all’Unione europea la fiscalità speciale per questi due territori». Lo Stato, insomma, deve farsi garante di un cambio di passo. «È necessario un patto di questo tipo – sostiene Renzi – perché nessuno è disposto a concedere ulteriori eccezioni, anche a livello europeo, quando vengono resi noti gli sprechi dell’assemblea regionale siciliana o si respingono potenziali investitori turistici in Sardegna disincentivandoli con burocrazia, ricorsi, veti».
Ma bisogna anche fare (e farli bene) i compiti a casa. «Se davvero Sicilia e Sardegna fossero disponibili a cogliere l’occasione di una ripartenza su queste basi, dovrebbero infatti innanzitutto impegnarsi a rimuovere alcuni limiti strutturali che allontanano gli investitori, in particolare quelli internazionali. Dalla Costa Smeralda alla gestione dei beni culturali siciliani, gli esempi possibili per scrivere insieme una pagina diversa di cooperazione istituzionale sono numerosi». Renzi, fra gli altri, fa «un esempio forse molto diretto e probabilmente brusco, ma chiaro». E cioè che «finché le pensioni dei funzionari dell’assemblea regionale siciliana avranno uno status speciale» , non ci sarà «possibilità di convincere il resto d’Europa della necessità di ottenere per le due regioni una disciplina fiscale ad hoc».
E a questo punto subentra il ruolo del governo nazionale: «Lo Stato dovrebbe impegnarsi a condizionare il nuovo bilancio europeo all’attribuzione di un regime fiscale speciale per le due isole, anche alla luce del flusso costante di immigrati che queste regioni, in particolar modo la Sicilia, sono costrette a fronteggiare come primo confine europeo». La partita finale, per l’ex premier , si gioca a Bruxelles. «Occorrerebbe dunque un accordo che la nuova fase della politica europea potrebbe permettere: status speciale per le isole in cambio di un programma di riforme in chiave antiassistenzialista».
«Una svolta» per la Sicilia , «un vantaggio» per l’Italia e per l’Europa. «E sarà interessante capire – incalza il leader – come potranno lamentarsi Olanda, Lussemburgo e Irlanda se l’Italia deciderà finalmente, per la prima volta, di rispondere alla competizione sleale che da anni questi paesi ci fanno attraendo per ragioni fiscali e giuridiche società da tutto il mondo».
Quella di Renzi non è soltanto una provocazione letteraria. Ma è già una battaglia parlamentare da azionista (di minoranza, ma molto influente) del governo di Giuseppe Conte. «La fiscalità di vantaggio per la Sicilia prima del coronavirus era un’utopia, ora invece è possibile e noi – dice Davide Faraone – presenteremo un disegno di legge ed un emendamento al dl Rilancio in discussione in parlamento». Nel contesto in cui «si stanno rivedendo le norme sugli aiuti di stato», sostiene il capogruppo di Italia Viva al Senato, «è il momento, di concerto con l’Ue, per intervenire. Niente tasse per un periodo determinato a tutte le imprese che investono nel Mezzogiorno e creano lavoro».
Twitter: @MarioBarresi
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