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Manovra, Iva, tasse, concessioni: ecco le priorità del governo Conte bis

Di Mila Onder |

ROMA – Dritti verso la legge di bilancio. La prima grande prova dell’esecutivo giallo-rosso sarà la prossima manovra, un campo d’azione vastissimo in cui si misureranno i rapporti della nuova maggioranza e in cui il Conte-bis sarà chiamato a giocare le prime decisive carte per rilanciare un’economia stagnante e per ricompattare l’opinione pubblica intorno alla nuova compagine di governo.

Il presidente del consiglio non sembra avere alcun tentennamento. Appena ricevuto l’incarico al Quirinale, Conte ha già annunciato che si metterà subito all’opera per «contrastare l’aumento dell’Iva, tutelare i risparmiatori, dare una solida prospettiva di crescita e sviluppo sociale». E per far sì che l’Italia sia un paese dove le tasse le paghino tutti, «ma proprio tutti», ma le paghino meno. Indicazioni che non rappresentano ancora un programma dettagliato, ma che emergono già chiaramente e che vengono integrate su un punto chiave per i Cinquestelle da Graziano Delrio, ex ministro delle Infrastrutture dem: «Una revisione delle concessioni pubbliche, non solo quella di Autostrade, ci trova perfettamente d’accordo», assicura proprio lui che era entrato negli strali del ministro M5s, Toninelli, proprio per la predisposizione delle regole delle concessioni.

La manovra partirà inevitabilmente dal disinnesco delle clausole Iva da 23 miliardi. Far salire le aliquote sarebbe un azzardo troppo grande per un governo appena insediato e probabilmente lo sarebbe anche ipotizzare, come forse a livello tecnico è stato già fatto, un rimescolamento di qualche voce, magari con passaggi reciproci tra il 10 e il 22%.

Trovare le risorse potrebbe essere meno complicato del previsto, non solo grazie a 1,5 miliardi circa di entrate strutturali in più già emersi nel decreto di luglio, ma anche grazie ai risparmi di spesa sugli interessi del debito (fino a un mese fa il Tesoro stimava circa 3 miliardi aggiuntivi rispetto alle stime del Def) e alle minori spese per Quota 100 (tra i 2 e 3 miliardi anche nel caso venisse riconfermata così com’è). Se come a luglio si dovesse fare ancora riscorso ai dividendi straordinari di Cdp e Bankitalia, un altro paio di miliardi potrebbe essere assicurato, contando anche sul fatto che il calo dei tassi potrebbe incidere positivamente anche sui conti di Via Nazionale.

Archiviate le idee di Italexit e di minibot, presentarsi in Europa con una rinnovata credibilità agli occhi della nuova Commissione di Ursula von der Leyen, appoggiata in modo determinante dal M5S, potrebbe peraltro aiutare il governo a trattare una maggiore flessibilità di bilancio, giocando innanzitutto sugli investimenti ‘green’, fatti di lotta al dissesto idrogeologico, tutela dell’ambiente e mobilità alternativa. Sarebbe del resto difficile per Bruxelles negare misure di politica espansiva – e non solo all’Italia – di fronte al rallentamento generalizzato dell’economia, con la Germania prossima alla recessione e con l’intero continente alle prese con il pericolo Brexit.

Partendo dunque da un deficit tendenziale che si annuncia intorno all’1,6% nel 2020 gli spazi di manovra non sarebbero poi così ristretti. Nuove incisive misure di lotta all’evasione, perché siano appunto «tutti» a pagare le tasse, e la revisione degli incentivi ai combustibili fossili, garantirebbero altre entrate che permetterebbero poi di pagarle appunto «meno» le tasse. L’idea comune tra i dem e i cinquestelle è quella di un primo taglio del cuneo fiscale, alle imprese per compensare magari l’adozione di una versione rivista e corretta del salario minimo, ma anche ai lavoratori. Dalla cancellazione degli 80 euro, a cui puntava la Lega per adottare la flat tax, si potrebbe così passare ad un loro ampliamento, fino a 125 euro, secondo indiscrezioni circolate in questi giorni. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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