Sin dal 1946 la Sicilia lamenta violazioni, da parte dello Stato centrale, dell’autonomia finanziaria prevista dallo Statuto speciale: ma è una strada che non ha portato ad alcun risultato. La nuova strategia del governatore Nello Musumeci, attuata con una “manovra a tenaglia” dall’assessore all’Economia Gaetano Armao, ha superato la sterile rivendicazione e ha proposto un’idea di sviluppo sinergico che conviene tanto all’Isola quanto ai poteri forti del Nord. La Sicilia – è la nuova tesi – non cresce perché, da un lato, lo Stato da sempre le “scippa” fondi per svariati miliardi ma, soprattutto, perché, dall’altro lato, gli imprenditori e gli abitanti dell’Isola, sia per consumare i prodotti del Nord, sia per viaggiare o anche per importare le materie prime ed esportare i prodotti finiti, scontano in più il maggiore costo dell’insularità. Quindi importano e consumano meno dal Nord di quanto potrebbero. Un costo di insularità che, gravato dalla mancanza di infrastrutture, in base ad uno studio commissionato dal governo Musumeci ammonta a 6,5 miliardi di euro l’anno e che pagano anche le imprese fornitrici del Nord.
A questo punto la voce della Sicilia è stata ascoltata dal governo Draghi che, a seguito di una serrata trattativa con i ministeri competenti, ha introdotto nella Manovra 2022 importanti concessioni all’Isola.
La prima, contenuta all’articolo 140, rivede l’accordo in materia di contributo della Sicilia alla finanza pubblica dello Stato, riducendolo da un miliardo a 800 milioni di euro l’anno. Inoltre – ed è la cosa più importante – viene riconosciuto il principio della condizione di “insularità” e, in attesa di definire entro giugno 2022 l’accordo completo in materia di norme di attuazione e di quantificazione delle somme a compensazione del gap, assegna un primo acconto di 100 milioni l’anno.
«Si tratta – spiega Gaetano Armao – del primo vero riconoscimento da parte dello Stato dell’autonomia finanziaria della Sicilia. Tutto è partito dall’approvazione del nostro studio sui costi dell’insularità da parte della Commissione paritetica Stato-Regione, che è un organo costituzionale; poi la Corte dei conti ha segnalato come l’accordo del governo Crocetta sul contributo di finanza pubblica a ripianamento dei debiti pregressi era insostenibile e impediva alla Regione di assolvere ai propri obblighi istituzionali in materia di erogazione dei livelli minimi dei servizi, ledendo un principio costituzionale. Il lavoro prosegue col calcolo dei costi standard e dei livelli essenziali delle prestazioni Comune per Comune, che saranno verificati dai singoli enti. Si concluderà con l’accordo Stato-Regione che necessariamente dovrà aumentare in misura adeguata la compartecipazione dello Stato al gettito Iva e Irpef a favore della Sicilia».
Il solo articolo 140, intanto, libera 600 milioni di euro in tre anni che la Regione potrà destinare ad ulteriori sostegni all’economia e alle famiglie colpite dalla crisi pandemica.
Ma c’è dell’altro. La Manovra, all’articolo 143, incrementa il Fondo di solidarietà comunale per funzioni sociali e asili nido, complessivamente di 705 milioni dal 2022 fino al 2030, e dal 2030 in modo fisso con 113 milioni l’anno per i Comuni di Sicilia e Sardegna.
Infine, all’articolo 144 il testo rifinanzia con 300 milioni per il 2022 il fondo per i Comuni in dissesto finanziario, di cui 50 milioni divisi tra i Comuni della Sicilia (fra 35 e 40 milioni) e della Sardegna, più altri 150 milioni nel 2023 per tutti i Comuni, compresi quelli di Sicilia e Sardegna.
La Manovra questa settimana comincerà l’iter in Senato dove, quasi in contemporanea, passerà al voto finale il disegno di legge di modifica costituzionale che riconosce definitivamente alla Sicilia la condizione di insularità.
A completamento della “manovra a tenaglia”, si preparano le armi anche alla Camera, dove anche nel dl “Infrastrutture” approvato in prima lettura è stata inserita la condizione di insularità, a proposito di perequazione del gap di opere pubbliche, mentre l’Aula ha approvato l’ordine del giorno della deputata siciliana di Fi, Giusi Bartolozzi, che impegna il governo a «inserire uno specifico stanziamento nella legge di Bilancio per compensare i costi della condizione di insularità della Sicilia, quantificati in 6 miliardi l’anno a carico di cittadini e imprese».