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M5s, tutti i retroscena del conclave all’Ars: «Restiamo uniti o sarà un suidicio politico»

Di Mario Barresi |

CATANIA –  Alla fine la maggioranza (fino a ieri silenziosa) dei pompieri pentastellati s’è dovuta arrendere. Niente comunicato stampa per sancire «l’avvenuto chiarimento» nel gruppo dell’Ars, come avrebbe voluto qualcuno. E non soltanto perché la riunione del M5S è durata quasi sei ore ed è finita a un orario – poco prima delle 22 – in cui sarebbe stato inutile inviare qualsiasi nota ai giornalisti. Quasi pleonastica «perché tanto poi qualcuno di noi le notizie le va spifferando in giro o magari si fa fare le interviste per spaccare ancora di più», vomita qualcuno fra i più inviperiti per le fughe di notizie su una spaccatura impossibile da nascondere. Troppe le tensioni accumulate.

Ma tant’è. Né nera, né bianca. La fumata del conclave grillino è piuttosto grigia. Dopo un confronto-fiume, con toni talvolta accesi fino a sfiorare la rissa fisica dopo aver oltrepassato quella verbale. «Abbiamo parlato per ore, ma alla fine non ho capito a cosa siamo arrivati», è la schietta ammissione di chi magari sperava che si arrivasse a «una posizione chiara e definitiva». E così i “separati in casa” restano tali. Almeno fino alla seconda parte della riunione, aggiornata a oggi. Insomma, i cinquestelle di Sala d’Ercole hanno deciso, giocoforza, di non decidere. Fra le due linee contrapposte – l’opposizione dura al governo Musumeci e il voto alle «leggi utili per i siciliani» – è finita sostanzialmente in pareggio. Con un varco, aperto dai pacieri a oltranza, legato a «un metodo più collegiale di condividere le scelte prima di entrare in commissione o in aula». Il che, al di là dei buoni propositi, significa nascondere la polvere sotto il tappeto e rinviare gli scontri in altre sedi e in altri momenti. «Tanto prima o poi il casino scoppia di nuovo», è l’amaro presagio.

Già, perché le posizioni dei più esposti sulle strategie opposte restano comunque lontane anni luce. Da una parte Sergio Tancredi, sottoposto a una specie di processo per il suo «eccesso di morbidezza» nei confronti del «tuo amico Musumeci», ha difeso le sue ragioni. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Matteo Mangiacavallo, seppur senza istinti scissionisti. Battagliera anche la posizione di Elena Pagana, più sfumata Valentina Palmeri. Dall’altro lato gli integralisti della linea dura: Francesco Cappello, Salvo Siragusa, Valentina Zafarana, Nuccio Di Paola (autore dell’emendamento ammazza-esercizio provvisorio), Stefania Campo e Gianina Ciancio.

S’è discusso – e questa è stata la parte più densa di veleni e di accuse rinfacciate – anche dell’elezione “a sua insaputa” di Angela Foti a vicepresidente dell’Ars, con i voti del centrodestra contro l’indicazione del gruppo del M5S su Cappello. I sospetti sussurrati sono diventati urlati, ma alla fine nessuna prova che «qualcuno del gruppo ha fatto inciuci». Un po’ di tensione quando s’è materializzata la certezza che il centrodestra aveva comunicato, poco prima della votazione in aula, la scelta di non votare Cappello, chiedendo a qualcuno (che magari se l’è tenuto per sé) un «nome alternativo» prima che dalla lotteria uscisse l’elezione della deputata acese. Ma niente impronte digitali, è stato il maggiordomo. Come in ogni partita di Cluedo che si rispetti. Del resto Foti continua per la sua strada: «Io non ho nulla da nascondere, né da farmi perdonare».

E allora è finita che non è ancora finita. Se ne ridiscuterà, dopo aver smaltito una buona dose di tossine. Senza nessuno che esce, né qualcuno che esterni l’intenzione di cacciare i “ribelli”, da qualsiasi angolatura li si voglia guardare. Anche perché, ragionano i saggi, «con l’aria che tira per il movimento dobbiamo evitare spaccature così plateali», col rischio, più che concreto, che questa diventi «una corsa al suicidio politico».

Prevalgono i buoni propositi. «Parliamo di più fra noi e meno con i giornalisti». Insomma: i panni sporchi vanno lavati in famiglia. Ma questo non significa che le macchie – di sangue sarebbe eccessivo, ma di fango certamente – siano così facili da cancellare con un semplice passaggio in lavatrice. Oggi si riprova, dopo averci dormito su. Per «mostrare di nuovo un gruppo compatto senza dare più vantaggi al centrodestra». Il comunicato, quello della pace appiccicata con la saliva, è già pronto. Tutto è bene quel che finisce bene. Finché dura.

Twitter: @MarioBarresi

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