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M5S, all’Ars la tregua (forse) regge ma spuntano (forti) le “sirene” leghiste

Di Mario Barresi |

Catania. Se proprio si vuol guardare alla minima parte, molto meno di mezzo, di bicchiere pieno, nei giorni del “tu scendi dalle (5) stelle”, all’Ars c’è un effetto collaterale lenitivo. E quando i deputati regionali, dopo i veleni del “Foti-Gate”, fanno spogliatoio (alcuni di presenza, negli uffici del gruppo; altri al telefono da località di vacanza e città d’origine), scatta l’ istinto di sopravvivenza.

Per approfondire leggi anche: A Roma hanno già lasciato 19 parlamentari

Non proprio un volemose bene. Ma almeno un tentativo di ritrovare l’unità, dopo l’elezione di Angela Foti – e non di Francesco Cappello, designato dal M5S – incoronata con i voti del centrodestra e con il legittimo sospetto di più d’un franco tiratore pentastellato. «Ragazzi, anche per quello che succede a Roma, è il momento meno adatto per spaccarci. Così ci indeboliamo da soli e facciamo il gioco di Miccichè e degli altri». Il punto d’arrivo è questo. Pur con molti se e alcuni ma. C’è ancora chi è convinto che Foti (ieri non a Palermo, ma in chat audio) dovrebbe dimettersi da vicepresidente e restano molti passaggi oscuri del giallo, «debolezze su cui bisogna riflettere». E così l’annunciato comunicato stampa sulla «ritrovata compattezza» del gruppo grillino è stato rimandato a oggi.

Mentre da (non disinteressate) fonti di centrodestra arriva l’ultimo clamoroso pettegolezzo: «Nel gruppo che la Lega sta facendo all’Ars ci sono trattative anche con qualcuno dei grillini». Ipotesi sdegnosamente smentita dai 5stelle. Fra cui qualcuno comincia però a guardare con una certa curiosità al nuovo contenitore “griffato” Giuseppe Conte, a cui lavora l’ex ministro Lorenzo Fieramonti.

Ma come si muove la costellazione siciliana nella galassia di scontri e scissioni? Dopo l’espulsione di Gianluigi Paragone (con l’immediato endorsement di Alessandro Di Battista) qualcuno, fra i più nostalgici dell’Ars, si lascia prendere dallo sconforto: «Se continuiamo così e non torniamo ai nostri valori, il rischio è di crollare al 5%. Anche nell’Isola…».

Una delle poche certezze è il lealismo di Giancarlo Cancelleri nei confronti di Luigi Di Maio. Anche se, sussurrano, il viceministro «ha un suo canale diretto e privilegiato con Grillo e soprattutto con Casaleggio» e quindi «se Luigi dovesse precipitare» lo storico leader siciliano «avrebbe comunque più di un paracadute». Molto più fluide, invece, altre posizioni. Ignazio Corrao, ad esempio, negli ultimi mesi è stato fra i contestatori del capo politico. L’eurodeputato, da sempre, è legato da un rapporto d’amicizia a “Dibba”, schieratosi a capofitto con l’epurato Paragone. C’è da dire che Corrao è entrato di recente nel “team del futuro” voluto proprio da Di Maio, anche se chi è più vicino a lui tende a escludere che la cooptazione sia una captatio benevolentiae. «Gliel’hanno chiesto altri, di rivestire quel ruolo», la precisazione che suona come la conferma del rapporto freddo col ministro degli Esteri.

Nel silenzio tombale dei big, uno dei pochi a esprimersi è Dino Giarrusso. «Secondo me le voci critiche, e per certi versi lo sono stato anch’io, vanno bene finché non danneggiano il movimento diventando il megafono delle forze della conservazione». Fioramonti e Paragone? «Sono due situazioni che si somigliano molto», dice a La Sicilia l’eurodeputato, che, «essendo stato eletto facilitatore nazionale», confessa di «guardare con molta attenzione questi due fatti». Giarrusso è molto legato all’ex titolare del Miur, ma «Lorenzo ha sbagliato i tempi e i modi per rappresentare una causa giusta», anche perché «fuori dal movimento non c’è alcuna possibilità di incidere sul Paese». E l’ex direttore de La Padania? «Mi stupisce che Paragone, ottimo collega ma con un passato da lottizzato della Lega, abbia attaccato a testa bassa pur per ragioni che possono avere un fondamento. Perché, al di là del mancato voto di fiducia alla manovra, cosa che fra gli altri mi risulta abbia fatto anche il senatore catanese mio omonimo, Gianluigi ha parlato col dito medio dicendo che il movimento è il nulla. Dibba? Dire “sempre d’accordo con lui” forse è azzardato quando si usano toni così anti-M5S».

Sugli scissionisti Giarrusso è scettico: «Non vedo spazio per gruppi alternativi, né per gruppi contiani. Io resto nel M5S, orgoglioso delle mie idee e fedele alle regole. La prima delle quali è che il movimento è degli attivisti, noi siamo solo portavoce provvisori».

Fra gli alfieri del gruppo di “Giuseppi” a Roma resta in prima linea Giorgio Trizzino, deputato palermitano di matrice mattarelliana. Che rintuzza l’uscita di Di Battista («Così non si ricostruisce, ma si distrugge») e confessa un disagio per l’addio di Paragone: «Perderlo fa male a lui e a noi». Criticando, fra le righe, lo strapotere di Di Maio: «Io lo dico da tempo come una voce nel deserto, occorre migliorare il dialogo con i gruppi parlamentari. Un’espulsione non può arrivare improvvisamente senza nemmeno un confronto con l’interessato».

Per il resto, dalla Capitale rimbalzano le voci più disparate. Secondo una, molto diffusa, Di Maio, dopo la cacciata di Paragone, vuole usare la mano dura anche con i parlamentari più indietro nella restituzione di parte delle indennità. Con «sanzioni fino all’espulsione» è la linea. Il siciliano più citato dai media in questi giorni di passione è il senatore Mario Giarrusso, che non ha rendicontato nulla in tutto lo scorso anno. Il diretto interessato ha spiegato su Facebook: «Ho accantonato, da gennaio 2019, le somme che avrei dovuto restituire, per costituire una riserva per far fronte alle spese legali per alcuni processi pendenti a mio carico, scaturiti dalla mia attività di parlamentare». Giarrusso, secondo molti giornali, è fra i sospettati di voler lasciare il M5S in direzione Lega. Lui ha sempre smentito.

E ieri, su Affaritaliani.it, la sfida: «Undici milioni di italiani hanno votato il M5S per vedere questo schifo?». Ma chi è il responsabile del caos? «Lo dico in maniera molto, molto ironica: buona parte è merito della grande capacità imprenditoriale di Davide Casaleggio… Purtroppo si ereditano le imprese, ma non le doti personali». Insomma, tutta colpa del figlio di Gianroberto? «Sicuramente Di Maio ci ha messo del suo, ma il casino lo ha creato Casaleggio».

I riflettori sono puntati su Giarrusso, personaggio per definizione. Eppure, spulciando i dati su Tirendiconto.it, sono anche altri due i parlamentari dell’Isola con “zeru rimborsi” nel 2019: il deputato catanese Santi Cappellani, di recente criticato sui social per alcune posizioni filo-Pd sul Mes, e il senatore giarrese Cristiano Anastasi. Quest’ultimo, in un video su Fb, smentisce un suo passaggio alla Lega: «È totalmente da escludere». E sull’indennità: «Intendo restituire, ma non rendicontare, l’ho detto anche a Beppe Grillo». Nell’attesa si tiene tutto lo stipendio. Rischiando l’espulsione.

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