L’Identità di Samonà: «La Lega non è di destra. Sì, sono stato iscritto a una loggia massonica»

Di Mario Barresi / 18 Maggio 2020

Assessore Samonà, lei è un massone?

«Io non sono iscritto a nessuna loggia massonica».

E non avrà imbarazzi nel firmare la dichiarazione di non affiliazione a logge massoniche prevista dalla legge regionale.

«Io non ho nessun problema. Sono iscritto a una sola associazione: la “Jo Petrosino”, in memoria del commissario italo-americano ucciso dalla mafia a Palermo».

Si può essere pure massoni in sonno. Sono molte le sue pubblicazioni su “Hiram”, rivista del Grande Oriente d’Italia. E Atanòr, che ha pubblicato alcuni dei suoi libri, si definisce «la prima casa editrice massonico-esoterica in Italia». Solo coincidenze?

«Mi sono sempre interessato di esoterismo, religioni e metafisica, e negli ultimi 7-8 anni di filosofia e mistica orientale. E l’ho sempre fatto alla luce del sole. Io sono cattolico di rito greco. E sono praticante».

In un libro di Giacinto Butindaro, “La massoneria smascherata”, del 2012, si legge che lei è iscritto al Goi e che è fra i massoni vicini «al mondo della magia gnostica e sessuale», con legami con “Sixtrum”, rivista di studi esoterici, iniziatici e massoni.

«Allora, per essere chiari: sono stato iscritto al Grande Oriente d’Italia, per un interesse prettamente culturale, fino a qualche anno fa. Nulla a che vedere con la politica. Oggi non sono iscritto a logge e non ho alcuna incompatibilità, tant’è che firmerò la dichiarazione. Le altre cose di quel libro, in cui si parla di satanismo e luciferismo, sono puri deliri. Incommentabili…».

In linea generale, è corretto che un massone rivesta ruoli politici e istituzionali?

«È una questione che non mi tocca. In Italia vige l’articolo 21 della Costituzione. E la caccia alle streghe non ha senso. Ma parliamo solo di massoneria o può interessare qualcosa sui beni culturali in Sicilia?».

Certo che interessa. Ha detto: ascolterò «anche chi la pensa diversamente da me». E non è un capriccio sapere qual è il pensiero del nuovo assessore ai Beni culturali.

«La mia storia è limpidamente di destra. Ritengo che il fascismo sia morto e sepolto. E non tornerà. Mi piacerebbe che fossero seppellite anche le asce di guerra di chi ancora vede pericoli fascisti dietro ogni angolo. L’amministrazione della cosa pubblica deve guardare al presente facendo tesoro della storia. Ma, quando si tratta di una storia chiusa, per me c’è già un punto».

Da quando è stato nominato sui social girano i suoi “pensierini” sul fascismo. Dal post sull’abolizione del reato di apologia all’idea d’intitolare una via di ogni comune ad Almirante, fino alla sua ironia su Mattarella che, anziché «dei morti di coronavirus», parlava di «antifascismo» come «valore». A proposito: per lei l’antifascismo è un valore della nostra democrazia?

«Per come ce lo stanno vendendo, è una categoria stantia. Fascismo e antifascismo sono categorie di un altro secolo. Le generazioni di oggi sono lontane anni luce da quelle esperienze».

E oggi, da uomo di destra, l’approdo naturale è nella Lega di Salvini.

«La Lega non è di destra. E questo è il valore aggiunto: siamo un grande partito, popolare, in cui non c’è uno steccato né un pregiudizio ideologico. Il senatore Bagnai viene da un’esperienza comunista, tanti altri da un’area moderata di centro. E dentro c’è anche chi è di destra. La Lega, nel superamento delle ideologie senza il trionfo relativistico del pensiero debole, incarna tante idee ed esigenze».

Magari era questo post-ideologismo che animò la sua tormentata esperienza grillina. Lei sarebbe senatore, se Di Maio, che lei ha denunciato, non avesse bloccato la sua candidatura. E oggi, da neo-assessore leghista, consuma la sua vendetta…

«La mia esperienza è quella di uno dei tanti milioni di italiani che hanno creduto che il M5S potesse rappresentare la novità e si sono poi accorti che era un fuoco fatuo. Ma qui metto il punto. È un’esperienza che mi sono lasciato alle spalle. E oggi non ho alcun livore nei loro confronti. Ma nemmeno questo è oggetto del mio assessorato…».

Parli da assessore: la Lega, con i Beni culturali e soprattutto con l’Identità siciliana, non c’entra una benemerita mentula…

«La Lega c’entra perché è una forza politica che in Sicilia alle ultime Europee ha preso il 20% dei voti. E non erano padani né gli elettori, né le elette, che sono di Palermo e Licata. La Lega è il partito dell’identità perché afferma valori antichi – popolo, comunità, patria e famiglia – oggi purtroppo messi da parte. Identità siciliana significa battaglie per tutelare i prodotti agricoli e per il tonno rosso. Che la Lega ha fatto».

E nei beni culturali? Lei sul blog NuoveVerrine, nel 2018, scriveva: «Il futuro della Sicilia si chiama identità». Quasi profetico, vista la sua nomina. E ora come si passa dalla teoria ai fatti?

«L’identità siciliana può diventare un grande progetto politico. Con i beni culturali, a partire dai parchi archeologici, la grande sfida del professore Tusa…».

Un’eredità che fa tremare i polsi…

«Io non mi posso paragonare a lui. Ho letto le ironie: Samonà dopo Tusa… L’avremmo dovuto chiudere, l’assessorato, dopo Tusa. Oppure tentare di continuare il suo lavoro, a partire da parchi archeologici e Sovrintendenza del Mare. La prima telefonata che ho fatto è a Valeria Li Vigni. Vorrei che fosse con me a continuare il percorso».

Che non è soltanto archeologia e mare…

«Ovviamente: ci sono i monumenti, i musei, le biblioteche. E i borghi, che trionfano nei concorsi nazionali: farò una grande rete sui territori. E poi il sacro: dalla tradizione di Piana degli Albanesi, ai misteri di Trapani ed Enna, alle feste di Sant’Agata e di Santa Rosalia. Ma penso anche al sangue versato dai siciliani che hanno combattuto la mafia. Non è anche questa una potente identità siciliana?».

Anche la finta antimafia s’era infiltrata nell’identità siciliana.

«C’è chi con l’antimafia ha costruito le proprie carriere. Non è un tema che mi entusiasma. A me interessa l’antimafia di ogni giorno, quella insegnata nelle scuole ai ragazzi, della cultura, dell’amore del bello e della dignità di essere siciliani. I professionisti dell’antimafia li lasciamo alle cronache giornalistiche e giudiziarie…»

Ma Candiani le chiede anche un lavoro più “sporco”: sburocratizzare. È pronto a smazzarsi le 18mila pratiche di miccicheiana memoria?

«È un impegno, sarà una priorità immediata. Come quella di far trovare i siti culturali siciliani, sicuri e attrezzati, già in quest’estate ai tempi del coronavirus. E in prospettiva gli Stati generali della Cultura».

Lei ha un pantheon di intellettuali. E alcuni si sono detti pronti ad aiutare l’assessore leghista: da un ex come Sgarbi a Buttafuoco, che l’ha “raccomandata” a Salvini e Musumeci. Ha già parlato con loro?

«Sgarbi mi ha telefonato ieri sera (domenica per chi legge, ndr) e abbiamo parlato di un grande progetto culturale che voglio prima condividere col presidente Musumeci, che ringrazio per la nomina. Buttafuoco è una delle migliori penne ed è un profondo siciliano. Anche l’ex assessore Granata, mai tenero con Musumeci e Lega e in giunta con un sindaco non certo di centrodestra, s’è espresso con favore. Ma ho pure ricevuto tanti messaggi privati di registi, scrittori, attrici e attori che mi hanno detto: “Non posso fare post pubblici, ma io ci sono”. Molti dei quali lontani dalla mia estrazione politica…».

Ci vuole dire che pure gli intellettuali di sinistra, per amor di pagnotta, bussano già alla sua porta?

«Voglio dire che una cosa è il pregiudizio, un’altra è la critica. La critica è ben accetta. Io rispetto la libertà di pensiero di chi oggi contesta la mia nomina, ma mi piacerebbe che diventassero suggerimenti. Ho ricevuto molti post positivi di gente di estrema sinistra, anche di musulmani. Un mio fraterno amico è Yousif Jaralla, che ha lavorato con Cuticchio. Io ascolterò tutti».

Insomma, ci sta rassicurando: non sarà un assessore ideologicamente sbilanciato a destra?

«Assolutamente no. Non chiederò mai a nessuno che verrà da me il suo orientamento politico. Non chiederò a nessuno se è platonico o aristotelico. Anzi mi piacerebbe che fra queste categorie ci fosse un dialogo costruttivo».

Quindi il suo mandato non sarà fatto solo di mostre sull’architettura del Ventennio, di quelle che anche Musumeci adora…

«Guardi, quando a 14-15 anni ero nel Fronte della gioventù non mi appassionavano i libri sul fascismo. Li leggevo, ci mancherebbe. Ma preferivo Tolkien…»

Magari anche un po’ di Guénon…

«Sì, ma era pesante. E le confesso una cosa che sanno in pochi: suonavo in un ensemble di musica sufi, insieme ad amici musulmani. Ma non ci faccia il titolo!».

Niente male, per un assessore salviniano ex massone e post-fascista…

«Diceva Quinto Aurelio Simmaco: “Siamo tutti sotto lo stesso cielo e guardiamo le medesime stelle”. E aggiungo: siamo illuminati dallo stesso sole. Ma siamo noi ad avere una mentalità piccola e particolaristica. La Sicilia è universale: è di Federico II, di Ruggero II, di Guglielmo II… Non ci avevo mai fatto caso: tutti “secondi” sono!».
Disse il primo assessore regionale leghista nella storia della Sicilia.

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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