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Le prime 24 ore del commissario Losacco: «Così rigenererò il Pd siciliano»

Di Mario Barresi |

Il primo incontro ufficiale, martedì sera, è a cena. Attovagliati alla trattoria “Lo Bianco” di via Amari, il commissario trova i deputati regionali del Pd. Tutti, tranne Luca Sammartino e Antonello Cracolici, quest’ultimo assente giustificato per una cerimonia nuziale in famiglia. E così, fra una piatto di sarde allinguate e un assaggio di panelle e arancinette, a Losacco i faraoniani offrono subito il fuori-menu: «Caro Alberto, se davvero sei venuto qui per ricostruire l’unità del partito, la prima cosa che devi fare è azzerare il capogruppo all’Ars», lo incalza Giovanni Cafeo, anticipando la richiesta che l’ex vicesegretario Antonio Rubino, ieri, ribadisce alla stampa: Peppino Lupo (che aveva chiesto Faraone di «revocare l’autosospensione», per «partecipare alla costruzione di una nuova fase unitaria») deve «dimettersi, poiché è «lui stesso l’elemento più profondo di divisione».

Losacco, franceschiniano e amico di vecchia data di Lupo (convitato di pietra al momento della sfuriata di Cafeo, in quanto arrivato al momento del dessert), ha preso tempo. «Ne riparliamo». In effetti la fronda dei fedelissimi del segretario defenestrato – pur indebolita dalla formazione del gruppo degli “zingarettiani responsabili” presentato ieri all’Ars – non molla di un millimetro.

Il «commissario Logatto» (questo il soprannome coniato dai faraoniani, ispirati dalle origini pugliesi di Losacco, con citazione cinefila di un indimenticabile Lino Banfi) dovrà affrontare uno scontro con chi ha già annunciato, tramite il “segretario emerito” Fausto Raciti, ricorso al tribunale ordinario contro l’annullamento del congresso. Certo, ci sono renziani e renziani. Il commissariamento della Sicilia, al Nazareno, è passato col voto contrario dell’area oltranzista di Roberto Giacchetti (alla quale Faraone negli ultimi tempi sembra più vicino), ma anche con la simbolica astensione di quella di Lorenzo Guerini (di cui Sammartino è alfiere siciliano) che a Zingaretti aveva fatto sapere che, se proprio si doveva procedere, il nome di Losacco era preferibile rispetto a quello dell’iper-franceschiniano Roberto Montanari.

A Palermo, comunque, il commissario dovrà sciogliere un nodo che sembra burocratico, ma in fondo è politico: la scelta del tesoriere del Pd siciliano. Un ruolo delicatissimo, in un partito con circa 200mila euro di debiti. Losacco avrebbe chiesto all’uscente Rosanna Montalto di mantenere il ruolo all’insegna di «continuità e unità», ma dal fronte faraoniano la risposta è stata gelida.

Eppure è proprio dal rapporto col predecessore “virtuale” (per gli zingarettiani di Sicilia «l’ultimo congresso non è mai esistito») che si percepiscono le buone intenzioni del neo-commissario. «Ho provato a cercarlo, volevo ripartire da lui e con lui. Ma non è stato possibile», ammette Losacco in un colloqui con La Sicilia. «Sono sicuro che ci sentiremo, spero che Davide sarà della partita», l’auspicio al terminal partenze del “Falcone-Borsellino”.

L’uomo siciliano di Zingaretti (e di Franceschini) continua a ripetere di non essere arrivato qui «per fare esperimenti politici». Sulle chat del suo telefonino, martedì, anche l’intervista di Matteo Renzi al nostro giornale, l’ennesimo storytelling di un inciucio in salsa sicula con i grillini. Ma il problema, per Losacco, che sin dall’insediamento ha escluso «laboratori politici» nell’Isola, non si pone: «Alla Regione noi e i cinquestelle siamo forze di opposizione che possono parlarsi, a livello nazionale il Pd è chiaramente alternativo al governo Lega-M5S». E così per il commissario «l’unico laboratorio siciliano, che dobbiamo combattere, è quello fra Musumeci e Salvini, che, con la Lega 3.0 al Sud, vuole diventare il padrone dell’Italia».

Eppure Losacco ha una convizione: «La rigenerazione di un partito comincia dalla sua organizzazione». Per questo motivo il commissario si concentrerà su due priorità. Il tesseramento, «fermo al 2016, visto che anche quello del 2017 non fu certificato», con il via a una campagna massiccia. Nella cena palermitana s’è discusso anche delle competenze (commissione congressuale o federazioni provinciali), ma Losacco è convinto che «oggi non si possa fare a meno dell’iscrizione online». Il tesseramento, di solito, dura un anno, «ma si può immaginare di chiuderlo al 31 dicembre». Per poi «avviare la fase congressuale». E qui siamo alla seconda missione: «Ascoltare la base del partito, con degli eventi ad hoc già pensati a Palermo e Catania, ma che vorrei estendere a tutte le province siciliane, dando a tutti la possibilità di esprimersi». Idee, critiche, proposte; anche litigi, se serve. In una parola: dibattito. Ciò che è mancato, nella batracomiomachia dem degli ultimi anni nell’Isola. Ciò che il «nuovo Pd» di Zingaretti in Sicilia pone alla base della «rigenerazione». Che non si concluderà prima del 2020.

Twitter: @MarioBarresi

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