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Tour in Sicilia

La “spinta senza veti” di Fratoianni: «Basta rinvii su campo progressista»

Il segretario nazionale di Sinistra italiana: «Contro la mafia servono argini più alti e garantire un lavoro dignitoso»

Di Luisa Santangelo |

Una breve sortita in Sicilia, fatta combaciare con lo sciopero dei metalmeccanici isolani, per ricordare che «tocca ai governi regionale e nazionale trovare le risorse» per attuare la riconversione ecologica delle industrie. Ma anche per ribadire, una volta di più, che il campo progressista s’ha da fare, presto, «senza veti» nemmeno verso Italia Viva, perché le elezioni regionali 2027 sono vicinissime e, prima ancora, ci sono tutto un elenco di amministrative a cui pensare.

Il segretario nazionale di Sinistra italiana Nicola Fratoianni per il suo mini-tour siculorientale ha scelto due temi: la mafia e la crisi dell’industria. Ne parlerà oggi pomeriggio alle 18,30 al Piccolo Teatro di Catania. E domani in provincia di Siracusa, prima partecipando allo sciopero dei metalmeccanici che partirà dai cancelli di Eni e finirà a Priolo Gargallo; e poi in piazza Santa Lucia, nel capoluogo, alle 17, con i segretari regionali di Si e Cgil Pierpaolo Montalto e Alfio Mannino.

Lei ha detto che la politica dovrebbe essere «un argine» alle mafie. Nel Catanese il sindaco di Tremestieri è stato appena condannato per voto di scambio. E a Ramacca un altro sindaco, con una lunga storia nella sinistra sindacale, s’è dimesso dopo essere stato arrestato nello stesso blitz su mafia e politica per cui è ai domiciliari l’ex capogruppo di Lombardo all’Ars. In Sicilia, insomma, qualche problema quell’argine ce l’ha, non solo a destra. A volte si frantuma pure a sinistra. In quei casi che si fa?

«Si eliminano le parti che hanno ceduto e si ricostruiscono argini più alti. Sulle commistioni fra mafia, affari e politica non possono esserci ambiguità nel condannare, ma soprattutto, quando si governa e si amministra, nelle decisioni che si assumono. Se il tuo pallino è ridurre le intercettazioni dei magistrati, come sta facendo il governo Meloni, è chiaro che non stai facendo un favore a chi lavora e lotta contro la mafia. Se non hai come obiettivo principale tirare fuori le persone dalla ricattabilità, dai bassi stipendi e dalla disoccupazione, non stai contrastando la mafia».

Oggi Catania, domani Siracusa. La petrolchimica siciliana sta vivendo un momento di crisi senza precedenti. Eni-Versalis dice che riconverte e intanto chiude a Priolo e a Ragusa, mentre Isab-Goi è in crisi e il governo, che pure sull’azienda ha esercitato il golden power, non sembra intervenire. In tutto ciò c’è l’incubo per decine di migliaia di lavoratori.

«È vergognoso che Eni Versalis non si assuma le responsabilità della transizione, dopo avere spremuto il territorio per anni. Il piano di Eni Versalis è una dismissione industriale mascherata da transizione energetica. La crisi di Goi Energy, la vicenda Ias, gli esuberi della Sasol, gli impianti fermi, l’assenza di investimenti pubblici e privati e i tanti contratti di lavoro non rinnovati nell’indotto sono i primi effetti di una crisi drammatica. Occorre un piano industriale fondato su tre cose: bonifica e risanamento del territorio, decarbonizzazione e riconversione nel solco della green economy».

Anche il mito dell’Etna valley sembra vivere una fase di offuscamento. StMicroelectronics, destinataria di contributi europei e statali per oltre due miliardi, ha avviato la cassa integrazione per 2.500 addetti. Se fosse successo in Francia avrebbero fatto le barricate, mentre da noi si fanno i tavoli al ministero. Cos’è che non funziona?

«Il governo non aveva intenzione di occuparsi della vicenda. La convocazione del tavolo ministeriale è il frutto della mobilitazione che ha portato le lavoratrici e i lavoratori di StM anche davanti alla presidenza della Regione. Detto questo, è certamente vero che serve una nuova stagione di conflittualità sociale ma mi sembra che sul punto proprio dal sito catanese di St siano arrivati segnali incoraggianti. Da parte nostra eravamo con loro a Palermo, saremo con loro a Roma e continueremo a batterci a loro fianco fino a quando StM, che tra gli azionisti vede anche il governo italiano, non presenterà un piano industriale che escluda qualsiasi ridimensionamento dei siti italiani e che garantisca gli attuali livelli occupazionali».

Sempre a proposito di industria: il nostro giornale ha pubblicato un’indiscrezione, non smentita, sull’ipotesi di una fabbrica militare nell’ex stabilimento Fiat di Termini. Cos’è, un’avanguardia siciliana della riarmo spinto da von der Leyen?

«Non mi sorprende l’indiscrezione. È quello che stanno facendo in Germania e che secondo me si preparano a fare anche in Italia, per riconvertire l’industria dell’auto. Hanno fatto due disastri: prima hanno ritardato la transizione ecologica dell’auto in Italia e in Europa, facendoci scuoiare vivi dai competitor asiatici, e ora che hanno accumulato ritardi, perso posti di lavoro e quote di mercato, decidono di produrre carri armati».

Il campo progressista è stato abbozzato più volte e si è sempre frantumato ben prima dell’arrivo, come alle ultime regionali. Fanno bene quelli del centrodestra a litigare sin da ora sul candidato del 2027 dando per scontato che, chiunque sia, vincerà?

«Della destra non mi occupo. Mi preoccupa invece la vita delle siciliane e dei siciliani, cui Alleanza Verdi Sinistra vuole dare risposte. L’acqua pubblica sarà il nostro principale punto programmatico per le regionali. Insieme all’agricoltura che va liberata dalle consorterie. È intollerabile che il governo Schifani, come chi lo ha preceduto, non faccia nulla, in particolare sull’acqua. L’acqua deve servire ai siciliani per bere, oggi serve alla mafia per mangiare».

Il solito vecchio adagio dice che l’Isola è laboratorio politico. Ha senso, per il fronte progressista, sperimentare un eventuale modello unico dalle elezioni locali fino alla Regione?

«Non ha solo senso, è anche necessario e non più rinviabile un progetto progressista unito, che in ogni territorio e poi a livello nazionale dica cose semplici, come le diciamo noi: alzare gli stipendi, aumentare i diritti di chi lavora, investire in sanità e scuola pubbliche e proteggere l’ambiente da chi vuole usarlo per farci i soldi, scaricando inquinamento e cambiamento climatico su tutti gli altri. Vogliamo questo per la Sicilia e per l’Italia».

Nelle opposizioni qui c’è un’anomalia: De Luca, passato dagli insulti al “sostegno esterno” a Schifani. Ma Pd e M5S lo corteggiano ancora. Fanno bene, per la vittoria a tutti i costi?

«La politica deve parlare del fatto che meno del 20% dei bambini in Sicilia frequenta una scuola con la mensa (a Catania il 10%). E quindi meno del 20% può fare il tempo pieno a scuola, perdendo circa due anni di scuola rispetto ai bimbi del centro nord. Su questo si fanno le alleanze. E per quanto riguarda De Luca, la nostra posizione è già stata espressa in maniera netta».

Negli ultimi mesi la vera spina nel fianco del governo regionale di centrodestra, almeno mediaticamente, sembra Italia Viva, non rappresentata in Ars eppure molto “movimentista”. In Sicilia avrà il vostro veto per l’ingresso in coalizione?

«Io non ho mai messo veti nella mia vita e non ho intenzioni di subirne. Serve un patto molto chiaro e molto netto fra le forze progressiste, che rimetta al centro le cittadine e i cittadini siciliane/i, in particolar modo quelli che vivono con stipendi bassi e da precari. A Palermo da molti giorni i rider sono in sciopero. Se ne è accorto qualcuno al governo regionale e al Comune di Palermo? Mi pare di no».

Uno dei punti deboli delle opposizioni siciliane è la tendenza all’inciucio trasversale. Nella letteratura delle “mancette” regionali ci sono ampi capitoli riservati agli emendamenti incassati da Pd e M5S. Ma un’alternativa a Schifani e al centrodestra non si dovrebbe costruire dimostrando di essere davvero diversi?

«È fondamentale marcare le differenze. Altrimenti, fra la brutta copia e l’originale, i cittadini scelgono sempre l’originale».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA