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La “ritirata” di Lagalla e sotto il palco il film muto con Musumeci e Miccichè

Il racconto di una giornata sul palco delle commemorazioni del 23 Maggio con i temi degli impresentabili e dell'antimafia che irrompono nella campagna elettorale di Palermo

Di Mario Barresi |

La decisione è stata assunta domenica, nel tardo pomeriggio. E non al culmine di un tormento morettiano, del tipo «mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente». Piuttosto, per una questione di sicurezza politica. «Ragazzi, c’è un clima pesante», sospira Roberto Lagalla. Il candidato sindaco del centrodestra è appena tornato dal prequel del 23 Maggio, la riuscita “Repubblica della memoria”. L’ex rettore decide di andare, va a sedersi in un posto defilato ben distante dalla zona autorità. Eppure c’è chi lo intercetta. Parte qualche fischio, un accenno di contestazione.

«Ma poi Pif c’è andato giù pesante», il punto serale al comitato elettorale. Il regista palermitano, rivolto a Lagalla, aveva detto poco prima: «Solo un cretino può pensare che non ci sia niente di male a farsi appoggiare da Cuffaro. Siccome io sono convinto che non sono cretini, ma sono intelligenti, io vorrei chiedere: come vi viene in mente?».

Il clima, a tre settimane dal voto, a Palermo è molto pesante. Non se ne parla al bancone del bar; il parcheggiatore abusivo di piazza Alberigo Gentili, sollecitato sul tema, sbotta: «Non me ne fotte niente».

Ma quello degli impresentabili – in una città con tanti problemi e altrettante energie – è diventato il tema principale della campagna elettorale. L’unico che assicura una ribalta mediatica.

E dunque in mattinata Lagalla abbozza. Rivelando una telefonata a Maria Falcone «per annunciarle con rammarico l’impossibilità di partecipare» all’evento-clou al Foro Italico «per evitare che qualche facinoroso, sensibile al fascino di certe feroci parole, potesse macchiare uno dei momenti simbolici più importanti della nostra città». Il candidato ricorda che domenica «è stato operato nei miei confronti un premeditato linciaggio morale, camuffato da piece teatrale».

Gli avversari riprendono fiato. E, con i sondaggi che continuano a preconizzare il vento in poppa per Lagalla, vecchi e nuovi esponenti della gauche palermitana in queste 48 ore si riprendono i palchi, i retropalchi, i sottopalchi e pure i soppalchi. Alla manifestazione sotto l’Albero di Falcone c’è Leoluca Orlando, in veste istituzionale. «Inquietante» il peso di Dell’Utri e Cuffaro, scandisce il sindaco uscente. Sotto il palco, mentre canta Gianni Morandi, una ragazza tira su un cartello: “Il 12 giugno ricordatevi del 23 maggio”. Accanto a lei, incidentalmente, spunta Franco Miceli. Impeccabile abito blu, camicia bianca con collo alla francese e cravatta scura, il candidato del centrosinistra si gode – con educata discrezione – un bagno di folla. E ne approfitta per rispondere all’avversario: «Lagalla ci risparmi almeno il vittimismo. È lui che ha scelto la strada dell’ambiguità e ha sacrificato i valori di Palermo al suo interesse elettorale». Aggiungendo: «Hai scommesso sulla smemoratezza dei palermitani e hai perso».

«Non bisogna per forza essere mafiosi per tradire Palermo e la Sicilia, chi legittima gli amici dei mafiosi, così come chi si fa sostenere dai condannati per mafia, sta tradendo l’idea di una Sicilia libera dalla mafia», attacca l’ex ministro dem Francesco Boccia. «Un turista dell’antimafia», lo liquida la deputata meloniana Carolina Varchi.

La mattinata al Foro Italico, magari proprio grazie all’assenza del candidato del centrodestra, scorre invece senza incidenti diplomatici. Nessun riferimento al tema negli interventi sul palco. L’unico brivido arriva quando una caparbia cronista di PalermoToday insegue Nello Musumeci per chiedergli un impegno per le Regionali: è disposto a non candidare impresentabili? Il governatore risponde glaciale: «Non sono abituato a fare promesse…».

Per poi precisare subito: «L'obiettivo è sempre quello di rendere impermeabile il Palazzo». Musumeci è reduce da un involontario siparietto dovuto alle regole del cerimoniale. Il suo posto in prima fila è proprio accanto a Gianfranco Miccichè. I due arcinemici si salutano con un cenno. E poi cala il gelo. Un paio di sillabe, intercettate dai labiali, e niente più. Racconta un testimone: «Sembrava un film di Charlie Chaplin». Muto. Tanto parlavano le due facce. Twitter: @MarioBarresi  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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