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La riforma della dirigenza della Regione siciliana: mini “rivoluzione” dopo 25 anni a partire dai concorsi pubblici

La commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale, presieduta da Ignazio Abbate, ha accelerato l’esame del testo di legge che il governo Schifani aveva depositato lo scorso luglio

Di Redazione |

L’obiettivo sarebbe quello di approvare la riforma della dirigenza della Regione siciliana a metà gennaio. Si tratterebbe di una “mini rivoluzione” considerato che l’attuale normativa risale a 25 anni fa (legge 10 del 2000) e che ha rappresentato, e rappresenta tutt’ora, un’anomalia rispetto alla legge dello Stato. Dalle tre fasce attuali – la prima ornai vacante, la seconda con un numero di dirigenti che si conta sulle dita di una mano e il resto dei 650 nel terzo elenco – si passerebbe al ruolo unico da cui il governo così potrà attingere per le nomine dei direttori generali e direttori dei vari servizi. La legge darebbe il via ai concorsi pubblici. Sul testo però ci sarebbero resistenze, con pressioni di qualche sindacato che spinge per creare due fasce per fare confluire nella prima gli attuali dirigenti e nella secondo i nuovi che saranno assunti per concorso.

Audizioni quasi concluse

Poco prima della sessione di bilancio chiusa a ridosso di Capodanno, la commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale, presieduta da Ignazio Abbate, ha accelerato l’esame del testo di legge che il governo Schifani aveva depositato lo scorso luglio. La commissione ha già acquisito gli emendamenti e sta per chiudere le audizioni. «Dall’audizione dei sindacati è emersa la richiesta di creare due fasce – dice Abbate all’ANSA -. Da parte mia c’è l’intenzione di chiudere tutto entro il 14 gennaio. Per noi è importante capire se modificando la proposta del governo con la richiesta dei sindacati rischieremmo di andare incontro al rischio di impugnativa da parte del Consiglio dei ministri».

Un’anomalia nell’anomalia

Il governo punta a incassare la legge in tempi brevi anche perché tra febbraio e marzo scadranno i contratti degli attuali dirigenti generali e con la legge attuale sarebbe complicato per il governo procedere alle nuove nomine proprio per i paletti imposti dalla norma vigente e richiamati più volte in passato anche dalla Corte dei conti; inoltre nel giro di 2-3 anni la metà dell’attuale organico dirigenziale andrà in pensione. Dalle legge 10 del 2000 a oggi, l’organico dei dirigenti della Regione si è ridotto drasticamente da 2.500 a 650 unità circa, con il conseguente accorpamento di uffici e servizi per ovviare alla carenza di personale. Non solo. C’è un’anomalia nell’anomalia: quasi la metà degli attuali dirigenti ha il titolo di agronomo. Insomma, con la riforma si aprirebbe la fase dei concorsi pubblici e della riorganizzazione della macchina amministrativa con l’immissione di nuove competenze e professionalità. Il disegno di legge all’esame della commissione dell’Ars prevede che «nell’amministrazione regionale la dirigenza è ordinata in un’unica qualifica, il ruolo unico è articolato in aree di competenza e l’accesso alla qualifica dirigenziale avviene esclusivamente per concorso pubblico cui possono partecipare i soggetti, muniti di laurea specialistica o magistrale oppure di diploma di laurea conseguito secondo gli ordinamenti didattici previgenti: dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni che abbiano maturato almeno cinque anni di servizio nell’area immediatamente inferiore a quella dirigenziale; dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni in possesso del dottorato di ricerca o master di secondo livello o del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione; soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali; soggetti che hanno ricoperto incarichi dirigenziali in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA