«La cattura di Matteo Messina Denaro non è al centro di nessuna trattativa o patto inconfessabile». Il Governo respinge, a partire dal vice presidente della Camera e deputato di Forza Italia, Giorgio Mulé, qualsiasi ipotesi di uno scambio messo in atto tra Stato e Cosa Nostra, che sia collegato all’arresto del padrino di Castelvetrano. I dubbi da parte di alcuni sindacati e politici sono stati sollevati alla luce di un’intervista, risalente allo scorso novembre, rilasciata da Salvatore Baiardo, gelataio piemontese che all’inizio degli anni Novanta gestì la latitanza dei fratelli Graviano.
In queste ore anche alcuni componenti del Pd, come ad esempio il deputato Stefano Vaccari, hanno chiesto al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, di «fare chiarezza, a cominciare da annunci che davano il latitante malato e pronto alla resa». Ma è lo stesso partito di maggioranza Fratelli d’Italia a chiedere, nel corso della capigruppo in Senato, che il titolare del Viminale venga a riferire in Aula anche per sgomberare il campo da qualsiasi illazione.
Dopo i filmati sulle immagini della cattura del superlatitante, l’altro video che sta facendo il giro del web in queste ore è l’intervista di Baiardo andata in onda due mesi fa su La7: «L'unica speranza dei Graviano è che venga abrogato l'ergastolo ostativo», diceva interrogandosi su un possibile «regalino», anticipando che Matteo Messina Denaro era «molto malato» e immaginando che potesse avviare «una trattativa per consegnarsi lui stesso, per far fare un arresto clamoroso».
Infine la sua tesi netta sulla trattativa Stato-mafia: «Non è mai finita». Poche parole che da ieri, dopo l’arresto del super boss, sono bastate a scatenare ipotesi e perplessità da parte di alcuni e hanno riaperto anche il dibattito sull'ergastolo ostativo.
Sulla norma, che prevede l’impossibilità di accedere a benefici e pene alternative per chi non collabora, nel tempo si sono appuntati dubbi e rilievi, anche in sede europea, ma l'attuale governo intende difenderla. La sua sorte è attualmente nelle mani della Cassazione, a cui la Consulta ha restituito gli atti perché valuti se le sue osservazioni sulla illegittimità costituzionale siano state superate dalla nuova disciplina introdotta dall’attuale Esecutivo. La stessa premier Meloni sostiene che «se oggi non ci sono regimi carcerari meno rigidi è perché il governo ha difeso questo istituto».
C'è però chi, come il sindacato di polizia penitenziaria dell’Osapp, non si dice affatto sorpreso della cattura del boss: "le sue condizioni di salute erano note. Non è da escludere che il suo arresto sia stato concordato. Due le ipotesi: la garanzia di una revisione del 41 bis che comunque la premier Meloni ha smentito -e ne prendiamo atto- oppure la possibilità che nelle prossime settimane, possa scegliere di collaborare», spiega l'Osapp ribadendo che «la trattativa Stato-mafia così come l'abbiamo conosciuta negli anni novanta non è un’invenzione di nessuno. È agli atti di magistrati».
Luigi Li Gotti, avvocato che si è occupato delle stragi di mafia e ha assistito diversi pentiti (tra cui Buscetta e Brusca) aspetta di «vedere cosa esce dalla perquisizione all’interno del suo covo: se gli investigatori non trovano nulla, allora è un covo che è stato ripulito già prima di una resa. Ecco, in quel caso direi che è stata più una resa».
Le questioni sulle modalità che hanno portato alla cattura del padrino di Castelvetrano e sulle sue conseguenze non sono l'unico tema di dibattito in queste ore. Il centrosinistra resta preoccupato sui futuri provvedimenti annunciati dal ministro della Giusitizia Nordio riguardo ad un minore utilizzo delle intercettazioni, con il Guardasigilli che però precisa e ribadisce: «da anni ripeto che sono assolutamente indispensabili nella lotta alla mafia e al terrorismo e per comprendere i movimenti di persone sospettate di reati gravissimi. Quello che va cambiato è l’abuso che se ne fa per reati minori, con la diffusione sulla stampa di segreti individuali che no hanno a che fare con le indagini». Ma Federico Cafiero de Raho, parlamentare del M5s ed ex Procuratore nazionale Antimafia, avverte che «le intercettazioni il più delle volte non nascono per il contrasto alle mafie. Alle mafie si arriva dopo. Perché le intercettazioni partono dalla corruzione e da altri reati e sviluppandosi su questo binario poi arrivano a tutto quello che c'è dietro».