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La mazzetta da 30 mila euro, Siri dai pm (ma prima tocca ad Arata)

Di Marco Maffettone |

Un interrogatorio, quello del sottosegretario Armando Siri, che a questo punto non può essere più rimandato. Un atto istruttorio che arriverà presumibilmente la prossima settimana e seguirà quello di Paolo Arata, l’imprenditore protagonista di una intercettazione ambientale con il figlio, avvenuta nel settembre del 2018, nella quale si tirerebbe in ballo l’esponente della Lega e in particolare trentamila euro «promessi o dati» in cambio di favori. E’ questa l’accusa, il «fumus» come scrive la Procura di Roma nel decreto di perquisizione, che gli inquirenti contestano a Siri nel filone capitolino dell’indagine arrivata per competenza da Palermo.

Una presunta promessa di utilità sulla quale il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi vogliono confrontarsi con Siri, in un atto istruttorio che può rivelarsi determinante per il prosieguo del procedimento.

Al momento l’unica certezza è che sarà Arata ad essere convocato per primo negli uffici di piazzale Clodio. «Siamo in presenza di una vicenda che non ha nulla di penalmente rilevante – afferma il difensore di Siri, l’avvocato Fabio Pinelli – che vede, suo malgrado, Armando Siri protagonista pur non essendone direttamente coinvolto. Dimostreremo la sua totale correttezza a breve ai magistrati».

Secondo l’accusa, in base a quanto emerge dal decreto di perquisizione dell’11 aprile scorso, era «stabile» l’accordo tra «il corruttore Arata ed il sottosegretario (di cui Arata è stato anche sponsor per la nomina proprio in ragione delle relazioni intrattenute), costantemente impegnato – attraverso la sua azione diretta nella qualità di alto rappresentate del Governo ed ascoltato membro della maggioranza parlamentare – nel promuovere provvedimenti regolamentari o legislativi che contengano norme ad hoc a favorire gli interessi economici di Arata».

Per l’accusa Siri nella sua «duplice veste di senatore della Repubblica e sottosegretario alle Infrastrutture» nella «qualità di pubblico ufficiale» avrebbe asservito «le sue funzioni e i suoi poteri ad interessi privati».

«Il fumus» a carico di Siri è legato anche ai «numerosi incontri tra gli indagati così come accertato dalla polizia giudiziaria – scrivono i pm romani- attraverso appositi servizi di osservazione e alla incessante attività promossa dal medesimo Siri per l’approvazione delle norme, così come emergente da ulteriori conversazioni che Arata ha intrattenuto tanto con i suoi familiari e sodali nell’impresa, quanto con collaboratori del Siri e con altre persone coinvolte (con ruoli istituzionali e non) nella redazione delle stesse».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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