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La Lega in Sicilia fa fatica, ma Candiani resiste: «Non mi dimetto»

Di Mario Barresi |

Senatore Candiani, non ha detto una sola parola sulle Amministrative in Sicilia. Sta rielaborando il lutto?

«Sono stato zitto per cinque giorni, ascoltando chi dal primo minuto s’è esibito in commenti. Il risultato della Lega non è totalmente inaspettato: sapevamo che avremmo avuto dati piccoli. Ed è per questo che ringrazio i candidati che si sono spesi. Se si cresce in modo disordinato capita anche questo, come alla Forza Italia degli inizi. Ma non mi straccio le vesti».

L’eurodeputata Donato le chiede un passo indietro, per dare spazio a un segretario siciliano. Lo farà?

«Ogni riflessione, dentro il partito, è utile. Un po’ meno su Facebook, se dai l’impressione di rispondere ad altre logiche. Non è la prima volta che mi capita una persona che, subito dopo aver invocato e ottenuto un miracolo su di sé, comincia a bestemmiare in chiesa. Si vede che debbo esercitarmi ancora nella virtù del perdono… Il mio compito non è sostituire in eterno i siciliani alla guida della Lega, ma di completare l’organizzazione regionale, impedendo agli arrampicatori di arrivare troppo in alto e facendo i congressi locali, provinciali e regionale. Poi me ne andrò».

Molti centristi sono interessati alla svolta di Giorgetti. E Minardo invoca più apertura a moderati e civici, vuole una “Lega terrona”.

«Non mi piace il termine, perché la Lega di Salvini non è anti-terrona, ma apprezzo il senso, oltre allo spirito, perché chi non sta sul carretto ma scende e lo trascina è sempre il benvenuto. Vi ricordo che «allargate, aprite», prima di Giorgetti, lo dice Salvini. E Zaia non è certo un estremista. La lega è tutt’altro, noi in Sicilia proviamo a dimostrarlo da tempo. Il patto con Musumeci e autonomisti volevo chiuderlo prima delle Comunali, se non s’è fatto non è mica colpa mia».

Ad Agrigento avevate stracciato l’accordo scritto col candidato poi più votato e siete andati a perdere con FdI…

«Lì c’è stata un’errata valutazione locale. Se avessi seguito il mio istinto sarebbe andata diversamente, ma ogni tanto bisogna pur fidarsi. Del resto pure Gianfranco Miccichè, chiedendo il voto disgiunto ai leghisti per Zambuto, ha sottovalutato la forza del candidato suo omonimo».

Con Musumeci è un discorso chiuso. Niente più matrimonio?

«Da parte sua ci sono state troppe esitazioni, a cui non sono abituato, magari il sentimento non è così genuino. Evidentemente i suoi ragionamenti sono altri, ne prendo atto…».

Ma la Lega, negli accordi fra i leader del centrodestra, ha la golden share sul candidato governatore in Sicilia.

«È un’osservazione appropriata. Per questo dovrebbe essere nell’interesse di Musumeci riflettere sulla proposta che gli è stata fatta, il 2022 è vicino. Io con lui sono stato sempre leale. Lo incontrai il giorno in cui era ultimo nella classifica dei governatori, gli strinsi la mano, all’epoca si poteva, e gli dissi che l’avrei aiutato a scalare la classifica. Se poi quando io esco dalla sua stanza lui mi volta le spalle, sono fatti suoi. Sono fatti dei siciliani, invece, la finanziaria regionale di cartapesta e il disastro del click day. Noi, con Samonà al governo, stiamo dimostrando di saper ribaltare i pregiudizi, gli stessi che ci hanno isolati nelle Comunali perché faceva comodo indebolirci. Vorremmo dare una svolta su agricoltura, burocrazia e tanti temi concreti. Alla Regione c’è un blocco, un tappo. E Musumeci non è riuscito a toglierlo».

Magari vorrete farlo voi con De Luca, che piace molto a Salvini…

«Chi Vincenzo? (ride, ndr). Scherzi a parte, Cateno è l’esempio, scatenato e talvolta matto, che i siciliani hanno bisogno di un leader che prenda decisioni e dia risposte. Musumeci, sul Covid, ha provato a inseguirlo, a scimmiottarlo. Ma chi fa proclami col lanciafiamme, resta col cerino in mano. Parlo dell’altro De Luca, s’intende…».

Twitter: @MarioBarresi

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