Supporter o arbitro. Si giocano sui due ruoli, antitetici, le accuse incrociate tra Matteo Renzi e Ignazio la Russa. Per l’ex premier, la seconda carica dello Stato non è super partes. Non solo per come gestisce l’Aula. Ma anche per i tentativi di scouting fatti di recente fra i parlamentari renziani – è l’affondo del leader di Italia viva al Senato- per traghettarli nella maggioranza e, più di recente, per strappare loro i voti mancanti per i giudici della Corte costituzionale.
Parole che la senatrice Dafne Musolino conferma: «Giorni fa, al ristorante del Senato, il presidente mi ha chiesto di parlare un attimo. E’ stato un tentativo di sondare la mia disponibilità per cambiare gruppo», racconta la parlamentare che un anno fa ha lasciato il movimento del siciliano Cateno De Luca ed è passata a Iv. Dove «assolutamente» intende restare. «L’ho detto a La Russa», aggiunge, negandogli pure la disponibilità a votare per Francesco Marini, nome proposto dal centrodestra per la Consulta. Versione smentita dal portavoce di La Russa: il presidente «mai ha parlato con Musolino, e con altri, di voti di alcun genere», spiega Emiliano Arrigo aggiungendo che «Renzi mente sapendo di mentire e coinvolge, non so quanto volontariamente, la sua collega Musolino». E scandisce: «Con tutto il rispetto possibile, Renzi sta superando ogni limite».
Prima di Musolino, era stato Renzi a denunciare l’insistenza della maggioranza nel circuire i ‘suoì e recuperare così i voti mancanti per la Consulta. «Certo che ci hanno avvicinato», aveva confermato ai giornalisti spiegando che poco prima, in un faccia a faccia con La Russa, gli aveva contestato «i tentativi di andare a prendere uno per uno i nostri», rivelando il pranzo tra La Russa e Musolino. Fino a sbottare: «Non si fa così». In serata Renzi insiste: La Russa avrebbe «confermato il colloquio con la Musolino dicendo: “Lei è siciliana, non di Italia viva”». Quindi la denuncia: «Ricordiamo al presidente che il suo compito e quello di dirigere il Senato, e non di aiutare la maggioranza sostenendo ministri o cercando nuovi ingressi in maggioranza».
L’animata saga tra i due, in realtà, nasce come una triangolazione andata in scena al Senato durante il question time. Il terzo litigante è il ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Renzi non trattiene l’ironia sulla misteriosa «infosfera globale» citata da Giuli, innescando la stoccata del neoministro sulle sue scarse «capacità cognitive» e la controreplica di Renzi che evidenzia all’Aula il tremore di Giuli. A quel punto il presidente del Senato zittisce Renzi: «La pregherei di essere corretto». Ma Renzi ribatte dandogli del supporter: «Si limiti a tifare l’Inter. Fratelli d’Italia la tifa in un’altra sede». E lo ammonisce a «fare l’arbitro e stare al suo posto». Per il Senato, invece nessun dubbio sul ruolo di arbitro di La Russa. In più lui «chiede e difende un linguaggio moderato e di buon gusto».