Cambia l’assistenza sanitaria in Sicilia, e lo fa per volontà del nuovo assessore alla Salute, Giovanna Volo, che vuole innovare l’assetto delle strutture organizzative esistenti, modellandole per quanto possibile a quello che già viene attuato da diverse regioni del nord Italia e da alcuni Paesi europei.
In Sicilia dunque ci si avvia non più verso un tipo di assistenza che in questi anni ha visto i pazienti avere, oltre al medico di famiglia, gli ospedali come punto di riferimento quasi esclusivo nel momento in cui avevano bisogno di cure ed assistenza sanitaria, ma verso un “sistema” più organico che prevede la valorizzazione delle strutture del territorio ed un sempre maggiore coinvolgimento delle cliniche private. Il tutto integrato da strutture intermedie che saranno le “case di comunità” dove si potranno richiedere assistenze ambulatoriali di primo soccorso anche domiciliari, e gli “ospedali di comunità”, dove verranno assicurate le guardie mediche per 24 ore al giorno e messi a disposizione dei posti letto per accogliere malati con patologie non gravi o per emergenze di bassa intensità.
Un progetto che è stato sponsorizzato dal presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che, per metterlo in atto, ha scelto una figura al di fuori dei partiti e dei parlamentari dell’Ars, ed individuando una persona di provata esperienza organizzativa nel settore sanitario, la dott.ssa Giovanna Volo, che oltre ad aver lavorato in ospedali del nord, negli ultimi anni è stata anche al vertice di alcune tra le più importanti Aziende sanitarie della Sicilia.
«Il nostro impegno – racconta adesso la dott.ssa Volo, che è nissena di nascita – è rivolto alla innovazione organizzativa, tenendo presente quelle che sono le norme già esistenti, creando una integrazione molto forte tra una migliore offerta assistenziale che arriverà dai territori e che verrà integrata da quella ospedaliera, e ciò anche perché la nostra regione non ha mai realmente sviluppato una assistenza sanitaria territoriale forte, spostando tutti servizi quasi esclusivamente sugli ospedali. Dopo la tragica esperienza della pandemia, quello che abbiamo avuto come lezione è stato che meno le persone si recano in ospedale e più viene salvaguardata la loro salute. Per cui quello che è il mio impegno da assessore, che viene condiviso dall’intero Governo regionale, è di creare una fortissima innovazione, che passa attraverso una rivalutazione del territorio in applicazione delle norme già esistenti anche a livello nazionale. Non dobbiamo dunque inventarci niente, dobbiamo solo applicare una correlazione molto forte con l’area ospedaliera. Quello che verrà fuori saranno le reti di assistenza, ad esempio quella per gli ammalati oncologici, la collaborazione tra medici di medicina generale che saranno la parte rilevante dell’assistenza territoriale ed i medici specialisti».
«Dobbiamo considerare oltretutto che all’interno di questo sistema – spiega ancora l’assessore regionale alla Salute – va integrata anche la sanità privata, poiché si tratta di una rete di strutture che devono dare un contributo forte all’assistenza generale. E ciò sotto l’assoluta egida di quelle che sono le normative vigenti e sotto controlli consistenti, assicurando comunque il contributo che le case di cura possono dare, poiché spesso hanno tecnologie molto avanzate e specialisti di altissimo livello. Un settore che può dare una risposta sicura nell’ambito del contenimento anche delle liste d’attesa. Poi, tornando al territorio ed immaginando che possa recepire la domanda di bassa intensità, potrà anche rispondere alle esigenze della assistenza domiciliare proprio per garantire alla popolazione la contiguità assoluta dell’assistenza, cioè là dove la persona ha difficoltà a muoversi sarà la sanità ad andare al suo domicilio. Questo consentirà di evitare i viaggi inutili verso gli ospedali e, in particolare, di usare in maniera inappropriata anche i pronto soccorso degli ospedali poiché anche la piccola emergenza dovrà, anzi, sarà gestita dai privati, come già esiste dagli anni ’90 nell’Emilia Romagna, per cui noi dobbiamo far sì che la risposta a quelle che sono le macroscopiche condizioni di fastidio, di irritazione, di inefficienza che le persone registrano le potremo sicuramente risolvere con queste ipotesi operative». «Infine va ricordato – conclude – che il Pnrr prevede, proprio per le infrastrutture, finanziamenti consistenti, quindi noi nell’ambito della utilizzazione o eventuale neo definizione strutturale di quelle che possono essere le Case della salute o gli ospedali di comunità, potremo certamente dare risposte qualificate».