Politica
Il sì di Cancelleri: «Ecco il Ponte che vorrei, non farlo sarebbe un retaggio inaccettabile»
Giancarlo Cancelleri, sottosegretario alle Infrastrutture, c’è rimasto male per la bocciatura del tunnel subalveo dello Stretto? Il progetto per cui lei faceva il tifo è stato bocciato dalla relazione della commissione tecnica del ministro…
«No, io non tifavo per nessuna soluzione in particolare. Ma rivendico con forza il mio ruolo: il tunnel è stato il grimaldello per riportare il tema dell’attraversamento stabile dello Stretto al centro del dibattito politico nazionale e ci sono riuscito. Quando il dossier arrivò sul tavolo di Conte, che parlò dell’infrastruttura come di “un miracolo d’ingegneria”, l’allora ministra De Micheli a quel punto incaricò il gruppo di lavoro per studiare anche soluzioni che andassero oltre quella del Ponte “classico”. E adesso la palla è tornata al centro, grazie anche a quella suggestione che lanciai io».
Lei c’è sempre, è vero. Ma, nel frattempo, di acqua ne è passata sotto il Ponte. Conte non è più premier, i tecnici hanno consegnato la relazione e adesso, come dice anche Musumeci, tocca a Draghi.
«Ora tocca a questo governo, di cui il Movimento 5 Stelle è parte integrante, prendere una decisione su un’opera che rappresenta la prospettiva non più e non solo di Sicilia e Calabria, ma dell’intero Paese, che potrà diventare più forte e più competitivo grazie a una piattaforma logistica che ci metterà al centro del Mediterraneo».
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Sta dicendo che è per il Ponte?
«Sto dicendo che, ora che il tema dell’attraversamento dello Stretto è stato riportato al centro della politica nazionale, si deve chiudere l’approccio dello scontro fra tifoserie faziose, pro o contro la vecchia idea di Ponte, e aprire una discussione laica e tecnica, ma anche politica. Io, personalmente, sono d’accordo per un’infrastruttura che sia sostenibile, leggera, moderna e di alta tecnologia. Dalla relazione del gruppo di lavoro, oltre ai giudizi sulle singole opzioni, emerge soprattutto che l’opera è utile, anzi necessaria. Oggi pensare di non farla mi sembra un retaggio ideologico inaccettabile».
Ma Conte è d’accordo? Nel M5S s’è già alzata la voce contraria del ministro Patuanelli che ha parlato di «opera inutile». Questo tema rischia di spaccarvi ancora di più…
«Cosa pensa Conte lo dovete chiedere a lui. Io posso dire soltanto che tre giorni fa, in un incontro con i nostri delle commissioni, ha detto che il tema va affrontato carte alla mano, senza superficialità né pregiudizi ideologici. Ho letto anch’io la dichiarazione di Patuanelli, che, al di là del titolo roboante, conteneva anche un’altra parte: la nostra decisione al momento è sospesa perché vogliamo leggere quelle carte perché noi guardiamo a costi e benefici. Ed è proprio quello che faremo, ma vorrei invitare anche gli altri partiti ad avere la stessa serenità di giudizio. A partire da Forza Italia, che mi sembra troppo legata all’idea del Ponte di Berlusconi, che per me è la soluzione più anacronistica».
Ma è la più rapida. Salini sostiene che il progetto si può aggiornare in poco tempo e addirittura, in asse con i governatori di Sicilia e Calabria, dice che il Ponte si può fare con risorse private in project financing.
«Io sul project financing ci andrei piano. Anche perché Salini e i suoi si dimenticano di completare la seconda parte del discorso: qual è il costo per il cittadino-utente di un’opera costruita e gestita da un privato? Già siciliani, calabresi e turisti si lamentano dei 70 euro di costo del traghetto, mi viene da pensare che, per ammortizzare l’investimento nel minor tempo possibile, il costo del pedaggio potrebbe essere persino più esoso. E poi c’è un altro punto da valutare. Quella del Ponte classico come soluzione più veloce potrebbe essere un falso mito. Mi spiego meglio: non è che un progetto si aggiorna in una settimana alle nuove regole che, anche dopo il Morandi, sono cambiate. C’è la commissione Via, c’è il Consiglio superiore dei Lavori pubblici, c’è una serie di adeguamenti ai nuovi standard tecnologici e ambientali, oltre che di sicurezza. Per questo dico che, se tanto mi dà tanto, la migliore soluzione possibile sull’attraversamento dello Stretto arriverà soltanto da un dibattito veloce e concreto, ma senza farsi condizionare da tifoseria e superficialità».
Ma resta il problema dei soldi. Il governo Draghi ha già escluso il Ponte dal Recovery. Visto che lei rifiuta l’ipotesi del project financing, da dove si prendono le risorse?
«Ecco, questo è un tema serio che andrebbe subito posto in un dibattito costruttivo sull’opera. E io a questo proposito lancio subito una sfida a tutte le forze che compongono la maggioranza del governo Draghi, ma anche ai parlamentari siciliani. A parole sono tutti favorevoli al Ponte e molti sostenevano che andasse finanziato con le risorse del Recovery. Adesso io dico di dimostrare queste buone intenzioni con i fatti: facciamo un passo avanti, tutti assieme, nell’individuazione della provenienza dei fondi. L’infrastruttura di attraversamento stabile dello Stretto non è soltanto della Sicilia e della Calabria, ma è un’opera che serve a tutto il Paese. Ebbene, bisogna finanziarla con risorse al di fuori del 34 per cento di quelle destinate al Sud. Con questi fondi bisogna fare altro: strade, ferrovie, collegamenti. Sul Ponte deve investire tutto il sistema Italia, che trarrà enormi benefici in un contesto di sviluppo sostenibile. È una strategia win-win. Un’occasione che non possiamo perdere».
Sicuro che non si rimangerà tutto quello che sta dicendo appena nel M5S scoppierà la rivolta anti-Ponte?
«Lo ripeto: ci sarà un confronto politico schietto, senza superficialità né preconcetti. E verrà sicuramente fuori la scelta migliore».
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