Ma perché il Cavaliere snobba Catania e sceglie solo Palermo? Le letture sono molteplici. Quella standard è legata a «motivi organizzativi». Chi si spinge oltre con i dettagli aggiunge che «il programma della due giorni concepito all’inizio era troppo stressante»: arrivo a Palermo venerdì, con conferenza stampa, giro elettorale e cena di autofinanziamento, per poi spostarsi sabato a Catania.
E qui subentrano le ragioni “geopolitiche”. «Se doveva scegliere una sola città è ovvio che sia Palermo, perché a Catania Nello è già fortissimo e la volata è meglio tirargliela a Palermo», argomenta un dirigente forzista. Ma c’è chi porta alle estreme conseguenze questo ragionamento: «Berlusconi è il leader del nostro partito ed è giusto che sia Musumeci a venire ospite a una convention nella città del nostro commissario regionale e non il presidente a far visita al candidato presidente». Una chiave di lettura più maliziosa – e non è detto che sia la più attendibile – in cui si evoca lo scontro fra l’aspirante governatore e quella parte di Forza Italia che non ha digerito, per dirla con le parole del senatore Bruno Alicata, «l’atteggiamento di finta e spocchiosa superiorità morale» di Musumeci, accusato di «scimmiottare i grillini» nel «delirio giustizialista». La stessa anima iper-garantista che ieri, sottovoce, ha gongolato per il caso di Ernesto Calogero, il condannato in lista con #DiventeràBellissima a Catania. «Allora non siamo soltanto noi quelli brutti, sporchi e cattivi», è uno dei più perfidi commenti forzisti. E proprio ieri l’ennesimo botta e risposta fra Musumeci e Totò Cuffaro, definito «il peggiore nemico» dal candidato. L’ex presidente, già detenuto per favoreggiamento alla mafia, replica: «Sono molto diverso da Musumeci per storia politica, culturale e personale. Ma gli auguro di fare almeno un terzo delle cose buone che ho fatto io da presidente della Regione».
L’ultima interpretazione autentica del “tradimento” di Catania è fondata sulla strategia comunicativa. Un’idea, condivisa da Sestino Giacoboni (uno dei più fidati spin doctor di Berlusconi) per disinnescare la compresenza di Beppe Grillo, nello stesso giorno sotto il Vulcano. «Il leader dei grillini avrebbe chiuso i due giorni con un comizio in piazza – è la tesi fra Sicilia e Arcore – avendo l’ultima parola rispetto al presidente Berlusconi». È vero pure che sarà lo stesso nel #PalermoDay di domenica, «ma con minore impatto per i tg della sera e senza l’ultima immagine di folla in piazza con Grillo che spara sugli impresentabili».
Il comico genovese, comunque, ha campo libero sabato a Catania: passeggiata di massa da Acitrezza (il via alle 16) fino a piazza Duomo. E il Cavaliere scansa un altro incrocio pericoloso: domenica sera a Palermo sbarcherà anche Matteo Salvini. «Non saliranno sullo stesso palco», assicurano da entrambi gli staff. Nella bozza di programma di Noi con Salvini è previsto, alle 19, soltanto un «cocktail con gli opinion leader» per poi partire l’indomani all’alba per cinque giorni di tour siciliano. Il capo della Lega non andrà al Politeama. Semmai sarà Musumeci a dover fare spola fra gli eventi degli alleati. Un’agenda piena di impegni, fra i quali il confronto tv fra i candidati nel programma di Lucia Annunziata.
Fermi tutti, c’è un’ipotesi dell’ultim’ora, che circola fra i big forzisti. Berlusconi rinvierebbe anche la convention domenicale a Palermo per riservarsi l’unica tappa siciliana in chiusura di campagna elettorale. Il 1° novembre. Ma dove? A Palermo. «E perché non a Catania». Il derby, forse, finirà soltanto ai tempi supplementari.
Twitter: @MarioBarresi