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Il penultimatum della Lega dopo il «boh» di Nello Musumeci

Di Mario Barresi |

Catania. «Nello, comunque, un’apertura l’ha fatta…». Sabato sera. La convention di DiventeràBellissima è finita da poco più di mezz’ora. E Ruggero Razza, il più filo-leghista fra i musumeciani, si sente in dovere di rassicurare i promessi sposi. Quasi per giustificarsi. Dall’altro capo del telefono la reazione raggiunge temperature polari: «I tempi li detta la Lega e noi chiudiamo presto. Chi c’è c’è, chi non vuole esserci sono fatti suoi».

Quando l’assessore prova a mettere una pezza sul Grande Boh, nelle orecchie dei big leghisti risuonano le parole di Nello Musumeci, ascoltate in diretta social da Cefalù: «Non abbiamo detto che andremo con Salvini sebbene abbiamo accolto con grande interesse il suo appello. Discuteremo con tutti i leader dei partiti del centrodestra, ma ancora non abbiamo deciso con chi federarci, lo deciderà la nostra base». Insomma il governatore, sulla federazione col Carroccio, ha deciso di non decidere. E prende tempo, scandendo ai suoi una plateale rassicurazione: «Non prenderò la tessera né della Lega, né di Fratelli d’Italia, né di Forza Italia, resto iscritto a DiventeràBellissima». Standing ovation in sala.

La Lega non l’ha presa bene. E sabato sera, a caldo, proprio Razza è il destinatario di un ultimatum: «Noi a luglio chiudiamo il tavolo della federazione con i movimenti siciliani. Se per quello del governatore i tempi non sono maturi, ne prendiamo atto».

Il governatore, apprende La Sicilia, negli scorsi giorni ha inviato a Matteo Salvini un sms per chiedergli «un incontro riservato». L’assenza di risposta può essere fra le inconsce ragioni della frenata di Cefalù? «Nel nostro partito – ribattono i leghisti – c’è un capo, ma soprattutto gerarchie e regole. E se Matteo ha indicato gli interlocutori per l’operazione siciliana, Nello deve parlare con loro, senza scavalcarli. Che gli piacciano o no…». Il riferimento evidente è anche alla (reciproca?) antipatia fra Musumeci e Stefano Candiani, i quali, dopo l’ultimo incontro di lunedì scorso, si sono lasciati con apparente cordialità. «Siamo stanchi di proconsoli lombardi», lo sfogo del governatore, con suadente invito a «Ninuzzo» (al secolo Nino Minardo, deputato nazionale in trincea nel progetto federativo) di «sbrigarcela fra noi siciliani». Ma per Salvini il segretario regionale è intoccabile. E questo lo sanno tutti.

Il silenzio del fine settimana è servito ad allentare la tensione. Oggi, in un vertice regionale del centrodestra convocato per sanare le ferite aperte su liste e sindaci, Lega e DiventeràBellissima torneranno a parlarsi. «Ma il nostro percorso sulla federazione – conferma Minardo – va avanti spedito». A partire dal rapporto con gli Autonomisti, che Candiani definisce «molto ben impostato». Il senatore di Tradate è consapevole del rischio che una rottura della trattativa potrebbe portare i musumeciani su altre strade. Compresa quella, battuta con un ammiccamento con l’assessore Manlio Messina, di un ritorno di fiamma con Giorgia Meloni.

La Lega sembra voler lasciare un ultimo spiraglio, nonostante l’opzione «siamo carne, siamo pesce» di Musumeci possa apparire irriguardoso nei confronti del “Capitano” che s’è esposto in prima persona. «Una delle tante doti di Salvini è la pazienza», sibila Candiani. Auspicando che «l’ampio mandato ricevuto dal governatore sia da intendersi come grandezza dei problemi da affrontare, piuttosto che come lunghezza dei tempi per decidere». Il viceré salviniano conferma «tutta l’intenzione di volerlo fare, questo matrimonio», pur precisando che «all’altare non voglio arrivarci con la barba lunga e il bastone». L’ultimatum di sabato è già quasi un penultimatum: «La necessità di fare presto non è fretta per accordicchi sulle Amministrative, ma voglia di fare sin da subito il bene della Sicilia assieme a chi vuole starci». E se DiventeràBellissima ci stesse «sarebbe una garanzia per l’azione del governo regionale, oltre che per l’ipotesi di ricandidatura di Musumeci». Che, se non capisse ciò, «farebbe un grossissimo errore politico».

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