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Il papa nero, l’usato sicuro, gli sponsor… I retroscena sui manager sanità in Sicilia

Di Mario Barresi |

CATANIA – Il tasso di litigiosità degli alleati era schizzato a livelli tali che ogni ora in più era avvelenata da rivendicazioni tendenti alle minacce. E così, saggiamente, Nello Musumeci e Ruggero Razza hanno deciso di bruciare i tempi. Sabato sera è arrivata la convocazione di tutti gli assessori: domenica pomeriggio alle 18 giunta straordinaria a Catania. Unico punto all’ordine del giorno: mettere nero su bianco le nomine dei manager della sanità.

E così sia. Ieri pomeriggio il governo regionale ha partorito i nomi dei 15 direttori generali di Asp e ospedali. Slittano a data da destinarsi i vertici dei Policlinici universitari di Catania, Messina e Palermo, la cui nomina «è stata differita – si legge in una nota stampa – alla conclusione del procedimento di intesa con i rettori degli atenei siciliani interessati, così come previsto dalla legge». Una formula sobria per dire che è in pieno svolgimento lo scontro con i vertici degli atenei: a Palermo il contrasto più pesante; per Messina resta favorito Giuseppe La Ganga; su Catania dopo il siluramento di Giampiero Bonaccorsi, si profila un ballottaggio fra Giuseppe Sirna, sul quale c’era un veto iniziale del governatore, e Giuseppe Giammanco, con Rosario Fresta terzo incomodo.

Ma chi sono invece i 15 vincitori scelti dal governo Musumeci fra i nominativi indicati nelle short-list della commissione di saggi? Un solo “papa nero” fra i manager impegnati fuori dall’Isola: Walter Messina, palermitano con esperienze in Toscana, Calabria e Sardegna, nominato al Villa Sofia di Palermo. Restano fuori, fra gli altri, Nicola Zavattaro, direttore amministrativo del 118 in Lombardia, e Massimo Giupponi, direttore generale dell’agenzia per la tutela della Salute della Brianza.

Per il resto molte conferme sui rumors della vigilia, e qualche sorpresa dell’ultim’ora. Una dovuta alla tagliola del ministero della Salute, che ha fatto saltare quattro papabili: Giacomino Brancati, Giampiero Bonaccorsi, Maria Furnari e Maurizio Montalbano; le altre novità legate alle ultime spasmodiche trattative fra i partiti. Del centrodestra. E non solo.

Infatti, il quadro finale dà il senso di una scelta basata sull’“usato sicuro”. Molti nomi noti, alcuni dei quali con un chiaro sponsor politico, seppur fra professionalità comunque certificate di alto livello dal lavoro della commissione esaminatrice.

Partiamo dalle Asp. A Palermo va Daniela Faraoni (gradita a Gianfranco Miccichè, piace anche a Roberto Lagalla, dirigente amministrativo dell’Asp di Catania e che, quand’era a Villa Sofia, si scontrò con Matteo Tutino, il chirurgo plastico amico di Crocetta sotto processo per truffa aggravata); a Catania Maurizio Lanza (direttore generale del Comune di Catania con Raffaele Stancanelli sindaco, ora vicino a Forza Italia, condannato per danno erariale dalla Corte dei conti all’epoca di una sua precedente esperienza all’azienda sanitaria etnea); a Messina Paolo La Paglia (sostenuto dall’Udc dell’assessore Mimmo Turano); ad Agrigento Giorgio Santonocito (già ragioniere generale di Stancanelli a Catania, ma oggi lanciato dagli Autonomisti con Roberto Di Mauro in prima linea); a Caltanissetta Alessandro Caltagirone (indicato dal centrista Saverio Romano); a Enna Francesco Iudica (cognato di Raffaele Lombardo); a Ragusa torna Angelo Aliquò, già manager nell’era Crocetta; a Siracusa Lucio Ficarra (anch’esso ai vertici anche prima, tant’è che è sponsorizzato da Totò Cardinale, con un comunicato entusiastico di Rossana Cannata, deputata regionale di Forza Italia); a Trapani Fabio Damiani, ex responsabile della centrale unica degli appalti, già commissario del Ciapi dopo gli scandali, poi in contrasto con lo stesso Crocetta. «Il criterio seguito dal governo è stato quello di non riconfermare nei propri ruoli coloro che erano stati designati dal precedente governo», recita la nota del governo.

Passiamo alle aziende ospedaliere. Al Civico di Palermo va Roberto Coletti, ex dirigente del 118, molto stimato dai centristi di Cantiere Popolare e di Lagalla, ma soprattutto dal deputato forzista Riccardo Savona; al Garibaldi di Catania Fabrizio De Nicola, cugino dell’ex deputato Michele Cimino e perciò col “like” di Cardinale oltre che di Lombardo; al Cannizzaro Salvo Giuffrida, all’Asp di Messina con il governo autonomista, ma ora in quota Fratelli d’Italia; al Papardo di Messina Mario Paino, sul quale s’è battuto Francantonio Genovese in persona; il “cervello di ritorno” Messina, come detto, al Villa Sofia; Vincenzo Barone (indicato dal leader Udc Lorenzo Cesa in persona) all’Irccs Bonino-Pulejo di Messina.

Resta fuori anche Antonino Candela, che il governatore avrebbe fortemente voluto a Catania. Ma ora, «in virtù dell’esperienza maturata e dell’impegno per l’affermazione della legalità negli ultimi anni, verrà chiamato dal presidente a fare il dirigente generale di un ente regionale». Musumeci ha dato anche una forte impronta sulla trasparenza, chiedendo «un’autocertificazione relativa a “parentele pericolose” e a eventuali condanne o procedimenti in corso in sede penale».

Il dado è tratto. Restano i mal di pancia. E i potenziali ricorsi, già annunciati da qualcuno degli esclusi.

Twitter: @MarioBarresi

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