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L'INTERVISTA

Il ministro Trenta e i dossier siciliani: «Sul Muos nessun tradimento»

Di Mario Barresi |

MESSINA –  Ha appena finito di passare in rassegna le sue “ragazze” e i suoi “ragazzi”. Ringraziandoli «a nome di tutti gli italiani per la determinazione e la dedizione con cui assolvete i vostri compiti, per il servizio che prestate». Elisabetta Trenta è a Messina per partecipare all’alzabandiera al 24º reggimento artiglieria nella caserma “Ainis”. La «ministra-mamma», come la chiamano nelle caserme (con affetto) e ai vertici della Difesa (con un po’ di diffidenza), poco prima di sbarcare nell’Isola era stata chiara sull’episodio di nonnismo denunciato dalla giovane allieva pilota, Giulia Schiff, alla scuola di volo di Latina: «Chi deve pagare, pagherà», aveva detto al suo staff. E adesso a Messina (dopo le tappe di Comiso e Catania e prima di Palermo), in un’intervista a La Sicilia affronta per la prima volta i dossier regionali. Compresi quelli che, da ministro del M5S, l’hanno messa più in imbarazzo: il Muos di Niscemi e il poligono di tiro della Marina ad Augusta.

Ministro Trenta, a Comiso ha firmato la cessione dell’ex base Usaf alla Regione. Un atto che ha anche un valore simbolico: il patrimonio militare può anche tornare nella disponibilità dei cittadini.

«Assolutamente sì, occorre iniziare a dar valore al concetto di bene comune e io questo sto provando a fare. Un bene comune è sempre della collettività, che nel suo insieme include civili e militari, ed è giusto che quelle aree di cui la Difesa non ha più bisogno in modo esclusivo siano cedute ai territori per creare sviluppo e occupazione. Potremmo definirla una Difesa dei Comuni, che prende respiro anche attraverso altri provvedimenti che abbiamo assunto e che sono fondativi dei principi M5S, come la cessione di Porto Tramatzu in Sardegna e l’avvio dell’impiego nella pubblica amministrazione dei militari in ausiliaria. Sono felice del risultato raggiunto a Comiso, se lo merita la Sicilia e se lo meritano i siciliani».

Sempre a proposito di dismissione di immobili. Il suo predecessore Pinotti aveva avviato un piano con siti individuati anche in Sicilia e ritenute non più strategici. A che punto siamo?

«Guardi, c’è stato un lavoro precedentemente, è vero, ma è andato molto a rilento. Io ho dato nuovo impulso e una forte accelerata nell’ambito delle dismissioni. Già abbiamo ceduto diversi immobili di cui la Difesa non aveva più bisogno a diverse realtà e continueremo su questa strada, con lo scopo di rilanciare i territori e valorizzare le varie strutture».

Il discorso sugli immobili si incrocia con un tema a lei molto caro: quello dei ricongiungimenti familiari. Ma col 75% di militari meridionali impegnati al Nord come si fa? Non c’è il rischio di sguarnire le caserme settentrionali? E allora non sarebbe magari il caso, come lei ha ammesso, di costruire nuovi immobili, magari al Sud?

«Esattamente, quello sui ricongiungimenti familiari è un dossier che seguo con molta attenzione. Tra l’altro, si coniuga perfettamente ad un adeguamento della Difesa verso le nuove forme di minacce. Prima il Nord poteva avere un senso, ma parliamo di molti anni fa, oggi invece è il Mediterraneo, ad esempio, a richiedere un’attenzione maggiore, quindi occorre incentivare nuove disposizioni che favoriscano i ricongiungimenti affinché il militare possa sentirsi vicino anche alla propria famiglia e ai propri affetti».

Nel suo approccio da primo ministro grillino della Difesa lei è molto attenta alla qualità della vita truppa, magari creando qualche mal di pancia fra gli Stati Maggiori che si sentono trascurati. Al di là dei rumors, ci sono altri aspetti. Il primo è l’apertura alla sindacalizzazione delle forze armate. La ritiene la strada giusta?

«Lo ritengo un diritto e non solo per mia scelta, ma per la stessa sentenza della Consulta che lo scorso anno ha riconosciuto questo diritto alla Forze Armate. Le forze di polizia civile possono godere di un sindacato, non vedo perché non lo possano fare i militari entro i limiti che la specificità del comparto richiede. Poi guardi, con gli Stati Maggiori c’è un ottimo feeling, io non faccio previsioni o strategie, semplicemente lavoro per quello che ritengo sia il bene delle Forze Armate, se poi qualcuno non è d’accordo rientra nella piena libertà di pensiero e sono pronta ad ascoltarlo».

Lei s’è impegnata anche per contrastare la piaga dei suicidi in caserma, che spesso coinvolgono militari meridionali e siciliani. Pensa davvero che si possa arrivare a una «umanizzazione» della vita in divisa?

«Ma la vita in divisa è già umanizzata, se per umanizzazione s’intende l’insieme di valori umani posso dirle che non c’è nessuno più di un comandante che possa avere a cuore la vita di un soldato. Sui suicidi ho solo detto che occorre maggiore sensibilità, perché nel momento in cui presti servizio con in dotazione un’arma l’attenzione deve essere maggiore, con un sostegno più accurato anche degli psicologi. Mi sembra una riflessione normale e responsabile, non trova?».

Anche sulle sospette morti per contaminazione da uranio e amianto c’è un’aspettativa di verità. Quanto ci sarà da attendere?

«Sono temi che prima del mio ingresso rappresentavano un tabù, sul quale ho voluto incidere per rendere giustizia a molti militari che prestando servizio per il Paese si sono potuti ammalare, vivendo loro e le proprie famiglie momenti difficilissimi. La Difesa deve stare sempre al fianco dei propri soldati ed è per questo che ho avviato un tavolo tecnico sull’uranio impoverito che faccia luce su quei casi finora rimasti all’ombra di un silenzio inaccettabile».

Il dossier che in Sicilia continua a essere delicatissimo è quello sul Muos. Il Cga siciliano ha di recente ritenuto inammissibili i ricorsi delle associazioni ambientaliste. Qual è la sua posizione sul sistema satellitare americano?

«Uno Stato rispetta ovviamente le sentenze, ma sappiamo che non sarà l’ultima. Come M5S abbiamo sempre espresso criticità sull’impianto e dal canto mio ho deciso di raccogliere la proposta di aprire un tavolo di confronto sul tema, che riguardi il monitoraggio ambientale, come richiestomi dal territorio. Sarò felice di ricevere e confrontarmi anche con il sindaco di Niscemi, che rappresenta il Comune direttamente interessato».

Sul Muos di Niscemi c’è anche una questione politica. Lei è un ministro del M5S, che è stato sempre contro. E adesso fra gli attivisti siciliani c’è un senso diffuso di delusione, anche perché lo stesso Di Maio aveva annunciato «novità importanti a breve». Gli ambientalisti parlano di «tradimento». Finirà come la Tap in Puglia?

«Sono due dossier molto diversi, entrambi complessi ma diversi, non si possono paragonare. Da parte mia c’è tutta la volontà di chiarire ogni aspetto e andare incontro alle esigenze della cittadinanza. È quello che stiamo facendo anche con le cessioni di alcune aree, è quello che abbiamo fatto ieri a Comiso. Sono pronta a dialogare con chiunque, anche con chi parla di “tradimento”, come dice lei, perché non c’è nessun tradimento, al contrario. Ma bisogna anche capire che su certi temi non basta uno schiocco di dita».

Anche ad Augusta c’è un fronte del no che imbarazza i cinquestelle: quello al poligono di tiro della Marina militare. Su Punta Izzo i comitati accusano il governo di «nessuna discontinuità» rispetto al passato. Si farà anche quest’opera?

«Su Punta Izzo le accuse sono ingiuste perché stiamo analizzando invece come poter trovare una soluzione. L’idea, e le do una notizia, è operare sul modello Porto Tramatzu, dunque una condivisione periodica dell’area, con l’obiettivo ad esempio di tenere aperta la spiaggia ai civili per tutta la stagione estiva. Ci stiamo lavorando e presto ci saranno degli sviluppi».

L’altro presidio-chiave in Sicilia è Sigonella. Lei ha rivendicato come un successo soprattutto italiano «l’avvio di una nuova pianificazione della Nato per le nuove minacce che arrivano dal Mediterraneo». Ciò significa che la base usa di Sigonella sarà ancora più strategica?

«L’avvio della pianificazione per il Sud della Nato è stato un grande successo perché dopo decenni, ora, l’Alleanza inizierà a studiare le possibili minacce anche nella regione mediterranea, un’area di forte interesse per l’Italia e a essere determinante sarà l’Hub per il Sud a Napoli».

Da alcune inchieste giudiziarie emerge lo scenario di infiltrazioni terroristiche anche attraverso il flusso di barconi che arriva in Sicilia. È un rischio effettivo?

«Il rischio è concreto, le migrazioni incontrollate sono un fattore di destabilizzazione, perciò occorre governare il fenomeno e questo governo ci stia riuscendo. Chi mette un figlio su un barcone, sia chiaro, non pensa di andare in crociera, ma proprio per questo bisogna regolamentare gli arrivi e incrementare i canali di cooperazione con l’Africa. Allo stesso tempo, la missione che siamo riusciti a sbloccare in Niger per il controllo dei flussi migratori è un altro importantissimo traguardo raggiunto».

Dalla Sicilia è anche partito il fronte di protesta dei sindaci contro il decreto sicurezza. Che non è compito del suo ministero. Ma, da esperta di questioni militari e da donna di governo, quella di Salvini è davvero la migliore ricetta possibile?

«Io credo che ognuno sia libero di dire la sua, sempre, ma mi lasci anche dire che scorgo un velo di strumentalizzazione politica nelle proteste di alcuni sindaci. Il decreto sicurezza è stato sostenuto da tutto il governo e questo conta».

Twitter: @MarioBarresi

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