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Il governo gialloverde sull’orlo della crisi: Di Maio e Salvini non si fidano più l’uno dell’altro

Di Michele Esposito |

ROMA – Tre giorni, o poco più, per far cadere tutto. L’ultima spallata al governo giallo-verde si materializza in un’afosa giornata di luglio, sull’onda dello scontro M5S-Lega sul voto a Ursula von der Leyen e di un’inchiesta sui fondi russi, che al di là dell’ostentata tranquillità di Matteo Salvini rischia di porre più di un ostacolo all’ascesa leghista. E’ uno scontro tutto a mezzo stampa quello che va in scena tra il ministro dell’Interno e Luigi Di Maio, con il premier Giuseppe Conte che ribadisce di aver agito, nelle trattative Ue e non solo, «in trasparenza e nella fedeltà assoluta agli interessi del Paese». E Palazzo Chigi osserva in queste ore silente il degenerare dello scontro tra M5S e Lega, constatando un dato: da giorni i due vicepremier non si parlano più.

Anzi, per tutta la giornata Di Maio e Salvini se le danno di santa ragione. E la volontà del leader leghista di tenere in piedi l’alleanza è appesa a un filo, tanto che, in serata, si rincorrono le voci che Salvini, già domani in mattinata, potrebbe salire al Quirinale. «Con il M5S «si è persa la fiducia, anche personale», tuona Salvini da Helsinki attaccando frontalmente Di Maio («lo lascio ai suoi sfoghi, io penso ai fatti») e annunciando che, domani, sarà assente sia al Consiglio dei ministri delle 12 sia al successivo vertice sulle Autonomie. «Oltre questo governo ci sono solo le elezioni, se il governo fa le cose, va avanti altrimenti va a casa e parlano gli italiani», avverte Salvini cercando di decostruire, sul nascere, qualsiasi ipotesi di piano B e di asse M5S-Pd per un Conte-bis. Ma il leader della Lega non vuole alcuna colpa di un’eventuale crisi: giustizia, autonomia, manovra, «con questi tre no allora cambia tutto», è il diktat di Salvini.

Pesa, sull’ira del leader leghista, il sì del M5S a Ursula von der Leyen. Un sì sul quale, però, il M5S replica durissimo all’alleato. «Un’alleanza tra noi e il Pd? E’ una grave falsità. La Lega mente, c’era il loro ok poi si sono ritirati quando hanno capito che non avevano più il commissario», attacca Di Maio descritto come furioso per il meme con cui, sui social leghisti, è accostato ai Dem. E il leader M5S rimpalla il gioco del cerino direttamente a Salvini. «Se la Lega vuole far cadere il governo lo dica chiaramente e se ne prenda la responsabilità, minacciare la crisi ogni giorno crea un clima di incertezza e non fa male al Paese».

A Palazzo Chigi, almeno fino al pomeriggio, la situazione non viene descritta come senza uscita. Certo, si osserva, il rischio di una totale paralisi è concreto e pesano due elementi, soprattutto: il dossier Autonomia, sul quale ci sono diversi nodi tecnici da sciogliere, e l’inchiesta sui fondi russi alla Lega. Sul primo punto Conte opta per convocare, senza ampio preavviso, un vertice a Palazzo Chigi con i ministri Bussetti e Stefani per sciogliere, per lo meno, il nodo della scuola. E, subito dopo, il premier vede i tecnici del Mef in vista del vertice di domani convocato domani. Vertice che, tuttavia, difficilmente potrà essere decisivo.

Sul caso Russia, invece, per il premier sarà necessario almeno un confronto con Salvini prima dell’informativa del 24 luglio al Senato. Confronto al momento difficile visto che anche i contatti tra il premier e il leader leghista in queste ore sono nulli. In Transatlantico si assiste con una certa sorpresa all’escalation. «La situazione non è mai stata così seria»; confida un deputato M5S registrando, tuttavia, come nelle commissioni riunite sul decreto sicurezza bis l’aria non fosse pre-crisi, anche tra gli esponenti leghisti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA