Elezioni regionali
Il centrodestra siciliano in frantumi, tra Miccichè e La Russa volano stracci
Dopo una telefonata di fuoco salta l’incontro fra il leader forzista e l’inviato di Meloni. «Musumeci perdente, te lo dimostro con le carte». «Rassegnati: sarà ricandidato a prescindere»
Il “day after” di Gianfranco Miccichè si consuma col telefonino che squilla invano per quasi chiunque provi a chiamarlo. Risponde subito, invece, a Ignazio La Russa. «Sono pronto a dimostrarti, carte alla mano, che Musumeci non è un buon candidato e che ci farà perdere», la sfida ragionata all’emissario meloniano appena sbarcato a Palermo. Il vicepresidente del Senato, con Nello Musumeci a fianco che ascolta in viva voce, non si fa certo intimorire: «Gianfranco, tu fai quello che vuoi. Tanto alla fine sarà Nello il candidato, a prescindere». Macché incontro chiarificatore: non è un reciproco “vaffa”, ma poco ci manca. E le posizioni fra Miccichè e La Russa rimangono anni luce distanti.
Quella del centrodestra siciliano su Roberto Lagalla candidato unico a Palermo è una pace di plastica. Già frantumata dalle picconate del presidente dell’Ars, che a La Stampa rivela che Berlusconi gli avrebbe consigliato di fare la mossa del cavallo appoggiando Lagalla per poi affondare il Musumeci-bis. Miccichè definisce il governatore siciliano, Giorgia Meloni e lo stesso La Russa «fascisti» mettendo in chiaro che «nessuno vuole» la ricandidatura del governatore («nemmeno quelli di FdI»). E assicura che Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro, se Musumeci andasse avanti, passerebbero col Pd. Dopo il leader autonomista, anche quello della Nuova Dc smentisce tentazioni giallorosse. E «da vero democristiano» non prende parte sulla contesa per le Regionali.
Ma le polemiche ringalluzziscono i rivali di Miccichè. A partire da La Russa, che s’era dovuto accontentare di un «ne riparleremo» sul “pacchetto unico” Lagalla-Musumeci. Il delegato di Meloni passa subito all’incasso, con un blitz a Palermo. Dove rimane tutt’altro che segreta la riunione col governatore e il candidato sindaco, ieri all’hotel Jolly (nella foto fra le due pagine). Inizialmente un semplice incontro fra l’ex rettore e La Russa, che poi coinvolge Musumeci. Alla fine, grazie alla complicità di Giampiero Cannella che si premura di avvisare i giornalisti, diventa una conferenza stampa a tre.
«Sarebbe bello che il vertice Berlusconi-Meloni-Salvini non fosse necessario per la Sicilia, e sarebbe bello, come noi abbiamo sempre detto, che fossero veramente i siciliani a sottolineare l’unità del centrodestra. La mia venuta qui è proprio per chiedere che non sia necessario una riunione per decidere quello che è naturale: uniti su Lagalla, uniti su Musumeci», scandisce La Russa. E anche l’ex rettore si esprime, seppur non con la nettezza che gli sarebbe stata chiesta dagli alleati: «Ribadisco quello che ho detto fin dall’inizio, da quando ero assessore di Musumeci a quando non lo sono stato più: esiste un principio, quello che nella scelta di un candidato si debba partire dalla posizione dell’uscente, quindi da Musumeci».
Il governatore usa in modo esemplare l’arma dell’ironia sulle presunte scuse: «Non ho trovato l’sms del presidente Miccichè: lo confesso, l’ho cercato e non l’ho trovato. Ma parliamo del capo del partito del quale ho quattro assessori in giunta, è una tempesta in un bicchiere d’acqua. Ecco perché mi è sembrata stupefacente l’intervista: le polemiche mi hanno solo lasciato stupore, ma niente più». Stoccata sottile: «Ho saputo che quelle parole non le ha mai dette, quindi stiamo parlando del nulla: sto scrivendo al direttore de La Stampa per fare le mie rimostranze, un giornalista non può alterare il significato di una intervista».
Miccichè deve affrontare anche un fronte interno. «Sono senza parole», il testo di un sms che a Palazzo d’Orléans attribuiscono alla potente senatrice Licia Ronzulli sull’ultimo caso Sicilia. Ma la metà di partito ostile al leader siciliano non ha fretta. «Non ci conviene adesso alzare i toni e arrivare alla resa dei conti con Gianfranco. Siamo certi – rivela un raffinato big forzista – di arrivare a dimostrare, senza strappi, al presidente Berlusconi qual è la parte migliore, oltre che maggioritaria, del partito in Sicilia. E ogni cosa, a quel punto, verrà da sola…».
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