ROMA – Tutto in bilico in attesa di Rousseau. E’ il messaggio che trapela da fonti presenti all’incontro di questa mattina a Palazzo Chigi con Luigi Di Maio. Il capo politico del M5S ha voluto incontrare ministri e sottosegretari del Movimento per ringraziarli del lavoro svolto negli ultimi 14 mesi. «Comunque andrà sono orgoglioso di loro», ha scritto sui social il capo politico pentastellato postando una foto di gruppo dopo la riunione.
Ora i riflettori sono puntati sulla consultazione online prevista domani sulla piattaforma Rousseau, il cui responso viene considerato dirimente dai big del Movimento. La nascita del nuovo governo dipenderà dal voto degli iscritti M5s, avrebbe detto Di Maio oggi.
«Sei d’accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?». É questo il quesito al quale gli iscritti M5S sono chiamati a rispondere domani dalle 9 alle 18 nel voto online sul governo Pd-M5S. Il programma del governo giallorosso dovrebbe essere reso consultabile online dagli iscritti.
«Se dovessero prevalere i no, il presidente del Consiglio dovrà sciogliere la riserva di conseguenza: in modo negativo. Non vedo alternativa», ha spiegato il capogruppo 5 Stelle al Senato, Stefano Patuanelli. Se il voto sulla piattaforma Rousseau dovesse andare male «ne trarremo le conseguenze», ha fatto eco Manlio Di Stefano.
Ma Di Stefano ha voluto anche precisare: «Ve lo dico in modo davvero chiaro: non sono affatto sereno in nessuno scenario possibile, perché ho conosciuto il Pd di Governo e so cosa possa significare. Ma so anche che un futuro governo, senza il M5S, farà al 100% tutte quelle politiche che noi, invece, contrastiamo da anni. Oggi esserci è fondamentale e con un sistema elettorale proporzionale l’esserci sarà sempre condizionato da accordi pre-formazione del Governo. Accordi che in questo caso ci sono e sembrano positivi. A voi quindi la scelta, la mia è di votare sì» su Rousseau.
Ma il voto rischia di spaccare la base a giudicare dalle defezioni eccellenti che si stanno registrando in queste ore come quella di Gianluigi Paragone che ha annunciato «Su Rousseau voterò NO al governo col Pd».
E mentre da Forza Italia arrivano appelli a Conte affinché non accetti il voto online su Rousseau, il Pd non sembra preoccupato. «Rispetto i meccanismi di tutti, quindi anche quelli di M5s», ha detto il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci.
E infatti i due partiti continuano a mettere a punto l’intesa per il nuovo governo. Anche per tappare sul nascere pericolose indecisioni, Conte vuole correre. E stasera potrebbe esserci l’ormai attesissimo incontro a tre tra il premier, Zingaretti e Di Maio. Al centro il nodo vicepremier. La mossa del Pd, non è un caso, è stata portata avanti da Dario Franceschini, il favorito per il vicepremierato. Ora i Dem puntano però al sottosegretariato (Franceschini e Andrea Orlando in pole) ma non è affatto scontato che Conte non opti per scegliere un «suo» uomo di fiducia, probabilmente più vicino all’universo M5S.
Il nodo vicepremier porta con sé quello dei ministri: perché è chiaro che, senza Palazzo Chigi, Di Maio chiederà un dicastero pesante, ma non quello del Lavoro. È spuntato infatti il nome del giuslavorista Maurizio Del Conte per la guida del ministero del Lavoro nell’ultima puntata del totoministri di governo. L’ipotesi Del Conte è approdata sui tavoli della trattativa come figura di mediazione qualora lo scontro politico Pd-M5S rendesse necessaria una figura istituzionale e tecnica, senza tessere di partito, per condurre un dicastero chiave come quello del Lavoro. Si fa strada anche l’ipotesi di un ingresso nel governo di Alessandro Di Battista come ministro agli Affari Europei.
L’apertura del Pd a rinunciare ai vicepremier ha semplificato le cose di molto per Conte, che vede il traguardo avvicinarsi. Restano però ancora da puntellare i numeri della maggioranza, con Leu e il gruppo Misto che non smettono di chiedere di essere ascoltati, e che quando scatterà la partita vera delle poltrone, qualche cosa chiederanno.
Il premier incaricato Conte, per ora, mette però in risalto solo la necessità delle quote rose. Elemento che fa salire le quotazioni di esponenti Dem come Paola De Micheli, Teresa Bellanova, Lia Quartapelle, o Anna Ascani. Nel M5S Barbara Lezzi e Laura Castelli sperano in una conferma o un upgrade mentre si fa strada l’ipotesi di Marta Grande, in quota ortodossi.
Ma Conte impone la sua impronta anche sul programma, dove le misure in capo al M5S e quelle in capo al Pd non si dovranno quasi vedere. Ed è innanzitutto questo, nella strategia del premier, il punto di discontinuità con il governo giallo-verde. Un punto che vedrebbe Conte così all’apice della piramide dell’esecutivo.