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Governo, l’esordio delle matricole siciliane fra orgoglio, sorrisi e prime grane

Di Mario Barresi |

CATANIA – «Io il ministro più a sinistra del governo? Non so, ma sarebbe un complimento. Di sicuro il più a Sud». Basterebbe questa risposta ai cronisti, intercettato sul tragitto dal Nazareno al ministero per il passaggio di consegne, per raccontare Peppe Provenzano; più di mille intereviste. Il neo-ministro siciliano del Mezzogiorno è riuscito, contrariamente all’autoironico imbarazzo, a «trovare cosa mettere» per il giuramento di ieri mattina. E, in abito blu, è arrivato assieme a Valentina Vavassori, avvocato bergamasco ed ex assessore dem di Arcene, sua compagna da dieci anni e madre dei suoi due figli.

Dopo il giuramento al Quirinale poche parole, all’uscita, sul lavoro che lo aspetta. «Tra le priorità del mio ministero ci sarà quel mezzo milione di giovani che hanno lasciato il Mezzogiorno: giovani che devono avere una opportunità di andare, ma anche di tornare, e che soprattutto dobbiamo attrarre». Poi la prima seduta del consiglio dei ministri, nella quale il premier Giuseppe Conte ha attribuito le deleghe ai ministri senza portafoglio (fra i quali quelle per il Sud e la coesione territoriale a Provenzano), il passaggio in segreteria del Pd, con un lungo colloquio col vicesegretario Andrea Orlando (« compagno e punto di riferimento in questi anni di battaglie», aveva scritto il neo-ministro sui social) e poi il vero e proprio insediamento al ministero del Mezzogiorno che «è stata la mia professione, sarà per sempre la mia vocazione».

Primo giorno di scuola anche per la catanese Nunzia Catalfo. Che, dopo aver dato un tocco di luce (con un tailleur beige, contrapposto gli outfi in nero o bianconero delle colleghe), nel primo pomeriggio ha preso possesso dell’ufficio al ministero del Lavoro. «Le sfide che mi aspettano sono tante e impegnative ma non mi spaventano. Fin da subito, voglio continuare l’ottimo lavoro svolto dal ministro Luigi Di Maio», dice a caldo la madrina del reddito di cittadinanza. E, in un post su Facebook in cui allega una foto dalla scrivania ministeriale, rilancia alcune riflessioni. «C’è il Decreto Crisi aziendali con dentro fondamentali norme per i riders e importanti imprese del nostro Paese. C’è la fase 2 del Reddito di Cittadinanza che passa anche attraverso il grande ruolo che svolgeranno i navigator. C’è la lotta, che sarà serrata ve lo posso assicurare, al triste fenomeno delle morti sul lavoro, che va risolto anche attraverso un rafforzamento dell’attuale legislazione. Ascolto, azione e operatività – conclude – saranno le tre parole d’ordine del mio lavoro da ministro, nell’esclusivo interesse dell’Italia e dei suoi cittadini».

Fin qui i buoni propositi. Ma su Catalfo arriva subito il fuoco amico di Gianluigi Paragone – il più accanito nemico, fra i grillini, dell’accordo giallorosso – che le augura di «smontare il jobs act e tutto lo schifo fatto dal Pd contro i lavoratori». Al di là dei più che potenziali contrasti con gli alleati (a partire proprio da Provenzano, che sulle politiche del lavoro di Di Maio non è mai stato tenero), il neo-ministro etneo trova sul tavolo una serie di dossier caldissimi. E anche uno dei pallini del neo-ministro, il salario minimo garantito, potrebbe avere la strada tutt’altro che spianata, nonostante in un dei 26 punti del Conte bis si parli esplicitamente di «individuare una retribuzione giusta». Ma Catalfo è convinta che una retribuzione legale fissata a 9 euro lordi possa aiutare lavoratori e imprese, mentre il Pd che ritiene che la strada maestra sia quella contrattuale, dando valore legale ai minimi tabellari dei contratti collettivi. Non sarà facile mettere d’accordo gli alleati: sarà un test decisivo per la tenuta del governo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA