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Governo, Draghi ottiene la fiducia anche dalla Camera

Di Chiara Scalise |

Il governo incassa la fiducia anche alla Camera. I sì sono 535 ma arrivano anche 16 no e 4 astensioni dal M5s. Altri 12 deputati sempre del Movimento non hanno partecipato al voto. Numeri che assicurano comunque una maggioranza bulgara al premier Mario Draghi ma che non gli consentono di registrare il record: i voti favorevoli a Monti nel 2011 furono 556. Combattere la corruzione e le mafie garantendo un processo “giusto e di durata ragionevole» nel rispetto della Costituzione. Draghi sa bene che questo chiedono gli investitori stranieri da tempo al nostro Paese ma è anche certo che la strada indicata serva a riconquistare la «fiducia dei cittadini». Senza «legalità e sicurezza» non c’è futuro, che rappresenta invece la cifra del «suo sguardo» e che il premier spera ispiri il «lavoro comune». L’ossatura del programma di governo, Draghi l’ha illustrata già al Senato. E così, in vista del voto di fiducia alla Camera dove i no sono stati in tutto 56, sceglie una replica breve: tredici minuti in tutto in cui chiarisce solo qualche passaggio, dalle piccole e medie imprese alla giustizia (il più applaudito) ma anche alle carceri. Gli istituti penitenziari «sono sovraffollati», osserva, e non bisogna trascurare la «paura» del contagio. I numeri su cui può contare anche alla Camera sono più che robusti e neanche il caos 5S è capace di metterli a rischio. Il dissenso dentro il Movimento è diventato però ufficiale e la scissione spesso evocata è ormai una realtà. Sono in tutto sedici i 5s a votare contro l’esecutivo dell’ex presidente della Bce (12 risultano assenti e 4 si astengono) ma la presidente di FdI Giorgia Meloni è pronta a scommettere che presto aumenteranno e non solo dentro i 5S. «Oggi sono tutti con lei …vedrà quando scatterà il semestre bianco quanti temerari dissidenti usciranno fuori», dice intervenendo in Aula e ribadendo il voto contrario del suo partito. Salvini intanto si dice convinto che presto in Parlamento ci saranno altre novità: una manciata di parlamentari traslocherà alla Lega – assicura – e non saranno solo M5S. Per il momento però perde un deputato: Gianluca Vinci vota no e passa con Fratelli d’Italia. L’altro Matteo si candida invece a essere la «casa del buonsenso», vale a dire dei «riformisti» che in Francia guardano a Macron. In cima all’agenda del premier ovviamente c’è la lotta al Covid. Accelerare la campagna vaccinale è una priorità condivisa, meno facile trovare la via per riuscirci. Una direzione la indica il segretario del Pd Nicola Zingaretti: «la vera scommessa è lavorare perché l’industria italiana possa produrre di più da noi». In dodici mesi sono però tanti i settori che la pandemia ha piegato. Il premier ha già chiarito di voler proteggere tutti i lavoratori colpiti ma allo stesso tempo di non credere che sia possibile proteggere tutte le attività entrate in crisi. Alcune occorrerà ripensarle. Il turismo è però un’altra storia: in un Paese come il nostro è un bene fondamentale che sarà tutelato, assicura ancora una volta. Internazionalizzazione e modernizzazione sono comunque assi portanti dell’azione del governo. Torna poi sulla giustizia l’ex presidente della Bce: accanto a quella civile cita per la prima volta anche quella «penale». Sono un «servizio pubblico fondamentale» e come tale devono rispettare tutte le garanzie e i principi costituzionali». Vale a dire «un processo giusto e un processo di durata ragionevole, in linea con la media degli altri Paesi europei». Parole che raccolgono i consensi più ampi, anche se il tema è altamente divisivo in Parlamento e mettervi mano non sarà facile.

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