Dopo aver visto i sondaggi di Mentana, il formicolio è già diventato eccitazione allo stato puro. «Ragazzi, il treno passa adesso. E bisogna salirci», ammette Francesco Attaguile. Che in questo momento è il più attivo fra i “volenterosi” di Sicilia. Con il «partito di Conte» stimato al 16% da Swg, il primo a uscire allo scoperto è proprio l’ex sindaco democristiano di Catania fra il 1984 e il 1985. Da coordinatore regionale di Centro democratico, il partitino di Bruno Tabacci. Decisivo nel pallottoliere romano e nuovo centro di gravità permanente «per chi ha capito che agli elettori siciliani non piace un centrodestra troppo schiacciato su Salvini».
Il cellulare di Attaguile, sin dai primi giorni della crisi più pazza del mondo, squilla all’impazzata. Aggiornamenti sulle evoluzioni a Roma, dove l’avvocato originario di Grammichele (cugino dell’ex deputato leghista Angelo Attaguile) è considerato uno degli uomini più vicini a Tabacci, che con lui è stato allievo prediletto del compianto Giovanni Marcora, l’ex partigiano “Albertino” più volte ministro democristiano da leader della corrente La Base.
«Ma noi, con tutto il rispetto per chi ci pensa, non vogliamo fare una nuova Dc», scandisce Attaguile. Un figlio emerito della Balena bianca, molto amico di Rino Nicolosi, prima di lasciare la politica attiva anche a seguito di un arresto, nel 1993 in piena tangentopoli siciliana, con l’accusa di aver preso contributi elettorali da Giuseppe Costanzo, imprenditore e suo ex compagno di scuola, a sua volta parente del cavaliere del lavoro Carmelo Costanzo. Da quel processo Attaguile uscì pulito: assolto per non aver commesso il fatto. E cominciò la sua carriera di dirigente regionale esterno, con incarichi di vertice (soprattutto all’Ufficio di Bruxelles) durante le presidenze di Angelo Capodicasa, Vincenzo Leanza, Totò Cuffaro e del suo compaesano Raffaele Lombardo, dal 1996 fino al 2012. L’anno in cui fondò Hub-SiciliaInternazionale, un organismo non profit che si occupa di cooperazione internazionale e si batte per il Ponte.
Attaguile ammette che «il progetto di Tabacci era in cantiere da più d’un anno, ma adesso si deve accelerare: c’è l’esigenza di fare subito il partito. Lo chiede Mattarella, lo chiede la Cei ed è l’unico modo per valorizzare e rafforzare l’esperienza di governo di Conte». Ma sull’Isola mette un limite: «Non abbiamo interesse a cercare gente all’Ars – scandisce il traghettatore dei “volenterosi” di Sicilia – perché la nostra idea è quella di proporre un soggetto nuovo, con una classe dirigente nuova fatta di giovani, donne e amministratori locali».
In attesa di mettere in campo la linea verde, Attaguile parla con tanti vecchi big della politica siciliana. Il suo numero potrebbe ad esempio comparire sul display del telefonino di Gianpiero D’Alia, ex ministro e leader Udc, ora nel Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria. I contatti già attivi, e più frequenti, sono con Totò Cardinale, ex ministro democristiano e patron dei diversamente renziani di Sicilia Futura. La figlia, Daniela Cardinale, deputata eletta con il Pd e transitata nel gruppo misto anziché in Iv, è fra i supporter del governo Conte, nonostante gli ottimi rapporti fra i Cardinale’s e Silvio Berlusconi.
Piatto ricco, mi ci ficco. Fra i potenziali interessati, sussurrano, c’è anche l’ex deputato e assessore regionale Pippo Gianni. L’ipotesi di una quarta gamba centrista del Conte-ter, con successivi sviluppi regionali, è un richiamo fortissimo. Anche per chi, come ad esempio l’ex assessore udc Giovanni Pistorio, fra i siciliani più amici di Tabacci, ha deciso di appendere il volantino elettorale al chiodo. Non a caso, proprio ieri, Pistorio ha incontrato altri due centristi doc, entrambi assessori regionali: Roberto Lagalla e Mimmo Turano. Pistorio, che spesso è stato avvistato nella residenza bucolica di Cuffaro, ha aggiornato i suoi amici di centrodestra sull’evoluzione del progetto. Riscontrando condivisione sulla prospettiva nazionale (alimentata soprattutto dall’ipotesi di una legge proporzionale che slegherebbe i moderati da vincoli estremi), ma qualche perplessità sull’applicazione del modello alle Regionali, dove si dovrà scegliere da che parte stare. Ma né l’udc Turano (affranto dai guai giudiziari del suo amico Lorenzo Cesa), né Lagalla, più che mai aspirante alla candidatura a sindaco di Palermo, avrebbero manifestato entusiasmo per la nuova ipotesi moderata. «Le prossime due settimane saranno decisive, poi vedremo», è però la frase con cui si sono lasciati. I due, del resto, sono fra gli ispiratori (assieme, fra gli altri, all’ex ministro Saverio Romano e al capogruppo di Iv all’Ars, Nicola D’Agostino) della “Carta dei valori” dei centristi siciliani, con un centinaio di firmatari, alcuni dei quali magari interessati al partito di Conte. Nel quale, dopo il sì alla fiducia alla Camera, si sente già assoldato il deputato messinese Carmelo Lo Monte, leghista pentito, ma orgoglioso fondatore del partito di Tabacci, dopo aver militato in Dc, Ppi, Democrazia europea, Udc, Mpa e Italia dei Valori.
In questa tavolata imbandita c’è un convitato di pietra: Giancarlo Cancelleri. Il viceministro grillino dei Trasporti detiene il copyright siciliano della «lista Conte», per aver evocato, con annessi strali del M5S all’Ars, la discesa in campo alle Regionali, magari per una candidatura-tris dello stesso Cancelleri, di un movimento «ispirato al premier». Che non ha mai approvato il progetto. Adesso l’ex vicepresidente dell’Ars se ne sta a Roma, aspirando a un posto di ministro, scettico sul fatto che Pd e M5S consentano a Conte di farsi un suo partito senza rinunciare a Palazzo Chigi. Certo, se “Giuseppi” lo lanciasse davvero, Cancelleri avrebbe ben poche affinità elettive con Attaguile, Cardinale, Pistorio e Lo Monte. «Ma le cose cambiano e stanno cambiando a ritmo vertiginoso», confidano i tabacciani di Sicilia. Per i quali la prospettiva di «coinvolgere anche grillini ed ex grillini non è un tabù».
Twitter: @MarioBarresi