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Gli irriducibili del campo largo: «Bisogna provarci per Palermo»

Mandato “esplorativo” di Letta e Conte per Lagalla. Ma l’ipotesi sembra già superata

Di Mario Barresi |

Il campo largo non è ancora appassito. In Sicilia alcuni irriducibili giardinieri continuano a irrigarlo, sempre meno segretamente, non certo all’insaputa dei leader nazionali. Sul nome del modello c’è un continuo aggiornamento: da Ursula a Draghi, fino a Metsola, in attesa del prossimo. Il contenuto, però, cambia poco: un’alleanza fuori dall’attuale schema centrodestra-centrosinistra, con una forte impronta moderata e il conseguente taglio delle ali più estreme a destra (FdI) e a sinistra. La versione più hard prevede anche la presenza di Lega e M5S. «Ma si può fare anche senza di loro», sostiene qualcuno. Il progetto c’è. E non è una boutade. Né l’utopica ossessione di Gianfranco Miccichè, che – come dice bene Davide Faraone – ha soltanto «avuto gli attributi» di sdoganare il tema, su cui «si deve passare dalle chiacchiere ai fatti». Delle prime ce n’è a profusione. Incontri e chat, pranzi e caffè. Sui secondi, latitanti, la provocatoria candidatura del leader forzista ha avuto un effetto-miccia. Con una certezza che emerge da più fonti: il primo tentativo si può (anzi: si deve) fare sul voto a Palermo. E non è soltanto una questione di legge elettorale più propizia, col ballottaggio e il premio di maggioranza che favoriscono aggregazioni anche al secondo round. Eppure, nel piano di chi sta lavorando al campo largo per Palazzo delle Aquile l’opzione prediletta è provarci sin dal primo turno. Il pensiero va subito a Roberto Lagalla. Sull’assessore regionale dell’Udc c’è stato nelle scorse settimane un mandato esplorativo di Enrico Letta e Giuseppe Conte, come confermano fonti autorevoli di Pd e M5S a La Sicilia. Nella colazione a casa di Miccichè con l’ex rettore, Anthony Barbagallo non si trovava a passare di lì per caso. E magari c’era un quarto convitato di pietra, assente ma immanente: Giancarlo Cancelleri.

«Parlatene senza prendere impegni», è stato l’input dei leader nazionali. Informato anche Lorenzo Cesa, al di là dell’alt ufficiale dell’Udc siciliana con Decio Terrana. Ma su Lagalla, in campo a Palermo, ci sono un paio di controindicazioni. La prima è il tempo: più ne passa, più è complicato, anche dimettendosi dalla giunta Musumeci, costruire quella che gli ispiratori definiscono «una narrazione di candidato super partes di sintesi».

L’altra è l’aperta ostilità di tre pezzi grossi del centro: Raffaele Lombardo, Saverio Romano e Totò Cuffaro. Quest’ultimo sempre più in asse, invece, con Faraone. Domanda lecita: e se fosse proprio quello dell’ex sottosegretario renziano, l’identikit del candidato del campo largo per Palermo? Una suggestione alimentata, oltre che dagli ottimi rapporti con Miccichè, anche da recenti chiacchierate fra il capogruppo di Iv al Senato e leghisti di spicco. Ma l’ipotesi viene esclusa da eminenti fonti dem: «Italia Viva ha alzato le barricate contro Leoluca Orlando. La strada è impraticabile». In ogni caso i grillini, nemmeno i più flessibili, sono disposti a sedersi con l’uomo forte di Matteo Renzi in Sicilia; e la cosa è reciproca. E allora l’esperimento di Palermo rischia di fallire in provetta. Chiara la netta presa di distanza di Francesco Boccia: quel campo largo «non esiste», dice il responsabile enti locali del Pd a Repubblica, aprendo alle primarie col M5S e semmai a un allargamento stile Gaetano Manfredi a Napoli. Pure nei cinquestelle c’è chi mette le mani avanti: «La Sicilia ha davvero bisogno dei vari Miccichè, Cuffaro, De Luca, Faraone?», si chiede il deputato regionale Luigi Sunseri. Rispondendosi: «Ha bisogno di discontinuità, di un cambiamento radicale. Niente giochi di palazzo, la gente è stanca». Ma gli irriducibili del campo largo non mollano. «Bisogna riuscirci per Palermo, perché quello all’80% sarà lo stesso schema che verrà ripetuto alle Regionali», è l’obiettivo sussurrato.  E allora le prossime settimane saranno decisive per i «fatti» invocati da Faraone: se non ora quando? 

In trincea restano Barbagallo e Cancelleri. Il segretario regionale del Pd parla sempre più spesso con Miccichè e Lombardo e, oltre che per accelerare su Palermo, li sonda sull’idea di Caterina Chinnici candidata governatrice: risposte diversissime dai due. In ogni caso Barbagallo, visto che c’è chi è convinto che lo strappo del leader forzista possa pure arrivare a una Forza del Sud 2.0, non si ferma. Osteggiato dalla sinistra, incassa il simbolico via libera dai Giovani democratici di Palermo per un’esplorazione «senza aver paura di confrontarsi con altri mondi, non poi così lontani dal nostro». E il deputato di Pedara persegue almeno il risultato minimo, in parte già ottenuto: disarticolare il centrodestra. Più complessa la posizione del grillino:  lo riconoscono tutti come interlocutore, ma il Movimento non ha ancora nominato un leader regionale, che potrebbe non essere lui. Cancelleri, pur senza prendere impegni, parla senza puzza sotto il naso anche con tanti big moderati. Dall’aperitivo con Miccichè a Roma nei giorni del Quirinal Game alla distesa chiacchierata con l’assessore udc Mimmo Turano a un evento di Confindustria, fino a un incontro «giusto per conoscersi» con Raffaele Lombardo, organizzato dall’ex collega dell’Ars Roberto Di Mauro, con un epidermico feeling scattato. «M’è sembrato quasi più democristiano di me», avrebbe raccontato l’ex governatore ai suoi. Al sottosegretario sarebbe  pure giunto un interessato sussurro da salviniani tendenza Luca Sammartino: se si facesse il campo a Palermo, la Lega potrebbe schierare una civica senza simbolo. Il fatto che il Carroccio sia della partita, magari anche con una seconda lista centrista, farebbe felice l’ex ministro Totò Cardinale, che continua a dispensare, a chi glieli chiede, consigli in questa direzione. Ed è tutt’orecchi, Cancelleri, che lanciò – in tempi non sospetti – l’idea di «una lista Conte alle Regionali» e che non rinuncia al sogno a maggior ragione all’apice del caos in cui s’è ficcato un M5S in picchiata sui consensi ma con un leader sempre fra i più apprezzati nei sondaggi.

«La strada è strettissima», ammettono anche i fan più sfegatati. Ma il campo largo – per molti un tabù, per qualcuno persino un incesto contro natura – «va provato a ogni costo». Soprattutto per scongiurare un rischio: «Se a Roma fanno il proporzionale cambia tutto. E la Sicilia rischia di restare dentro un mondo  che non esisterà più». Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA