Giuseppe Castiglione, lascia Forza Italia e aderisce ad Azione?
«In realtà è molto più di questo».
Ossia?
«Come dimostra la mia storia personale io per questo partito ho fatto tutto ciò che un militante appassionato può fare: trent’anni di campagne elettorali, vinte e perse, e abbiamo persino fatto un governo con il Pd quando Berlusconi lo chiese ad Alfano. Tornai pancia a terra già nel 2018».
E dunque, cos’è cambiato?
«Avevo dato la disponibilità a candidarmi all’Ars e perciò stavo lavorando da settimane, fino a quando in una notte Forza Italia non ha cambiato pelle. La Forza Italia che governava con Draghi, europeista, popolare, ha abbandonato il Paese all’instabilità consegnandola a posizioni isolate, estreme. La mia storia non mi permette di restare inerme, di subire tutto ciò».
E se è “Pensavo fosse amore… e invece era un Calenda”? Una scelta rischiosa…
«E anche in questo caso è molto di più di Calenda, al quale mi lega comunque un rapporto di stima iniziato da colleghi al governo nazionale. Per rafforzare la posizione dell’Italia nel panorama internazionale, non possiamo consegnare i nostri voti all’estrema destra. Ho dunque condiviso con Gaetano (Armao ndr, vicepresidente della Regione uscente) l’appello di Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Paolo Russo e molti altri con la nostra matrice culturale, di far valere questi valori non subordinandoli in una coalizione in cui purtroppo a dare le carte non è più Forza Italia».
Ma Forza Italia ha sempre un suo peso in Sicilia. Non era più semplice farsi eleggere all’Ars e poi valutare?
«Forza Italia in Sicilia esiste perché a governarla è l’amico Gianfranco Micciché, ma anche lui oggi subisce questo schiacciamento a destra, tra veti incrociati e scelte obbligate. E a Roma della Sicilia nemmeno si discute più».
Quale sarà il suo ruolo in questa partita?
«Ho trovato un movimento con un entusiasmo contagioso, non mi capitava da decenni di trovare migliaia di tessere di adesione a un partito nate spontaneamente, e una classe dirigente di primissimo ordine. Proverò a dare una mano già dalle elezioni del 25 settembre, per le quali ho dato subito la mia disponibilità a concorrere, senza paracadute o cuscini di salvataggio».
Lei ha fatto davvero tutto. A Catania, Palermo, Roma e Bruxelles. Poi, nel 2018, non si ricandidò. Cos’ha fatto in questi ultimi anni?
«Mi sono occupato di programmazione Ue: lo sviluppo non può che passare da lì. Il Pnrr va sfruttato, non combattuto come dice Meloni».
E perché ha deciso di tornare in campo? Crisi di astinenza?
«Tante le motivazioni, e tra queste aver sentito da un politico che stimo come Miccichè che “in Sicilia vincerebbe anche un gatto”, una dichiarazione non consona alla dignità dei siciliani. E poi ritengo di essere stato ingiustamente strappato alla politica, la mia più grande passione».
Parla del Cara di Mineo? Nel 2017 chiese il giudizio immediato al processo, tutt’ora in corso. Quanto le pesa questa storia?
«Sì, ho chiesto il giudizio immediato e ancora dopo undici anni aspetto che sia celebrato il processo, mi pesa molto perché ritengo di aver lavorato con dignità e amore, nel rispetto di leggi e ruoli».
Qual è il suo giudizio su Musumeci?
«Nello ha ridato dignità alla Regione, grazie anche all’apporto di assessori come Armao. Adesso si deve tornare a costruire».
Non è contraddittorio che Azione-Iv candidi proprio Armao, il vice di Musumeci?
«Assolutamente no, è il giusto merito a un lavoro strategico che va dal riconoscimento dell’insularità all’abbattimento del debito da 8 a 6,6 miliardi che porta la firma di Armao. Ora bisogna canalizzare i risultati ottenuti in un programma che non può avere vincoli antieuropei: per questo ci batteremo, rinforzando l’area moderata».
Nel 2023 si vota anche a Catania. Lei è stato l’unico, nel centrodestra, a “consigliare” le dimissioni di Pogliese. Che città lascia l’ex sindaco?
«Ahimè peggiorata, Pogliese ha mancato la grande occasione di dimostrare di essere leader politico di una coalizione, facendo solo il capocorrente. Catania merita molto di più».
Non è che sta facendo un pensierino a correre per Palazzo degli Elefanti?
«Ero pronto nel 2008, domani chissà».
Twitter: @MarioBarresi