Gentiloni: «Pd compatto e vincente a testa alta» Luca, i “Muppet” e la festa dell’unità minuscola

Di Mario Barresi / 02 Marzo 2018

Misterbianco. Alle otto della sera è tutto finito. «E tu gliel’hai dato il baciuzzo?», chiede uno. «Sì, uno a Luca e uno a Valeria», risponde l’altro. «Bene, allora il nostro dovere l’abbiamo fatto!», certificano soddisfatti con un blocchetto di “santini” double face (da un lato Sammartino alla Camera, dall’altro Sudano al Senato) stretti nei pugni. Mentre li rimettono in tasca, un cruccio solca la notte etnea: «Però peccato ca c’è ‘stu votu siccu. Io glielo volevo dare a Luca, a Valeria e anche a Bellusconi…». Eh sì, che peccato: non si può.

Benvenuti alla festa dell’unità con la u minuscola.

No, stavolta non è soltanto l’endorfina collante di Paolo Gentiloni. Il premier-candidato che, nella ruspante definizione del sindaco di Misterbianco,è «uno sereno, tranquillo: comu si ‘u cuntu nun fussi ‘u so». Lui, dopo traduzione simultanea («come se il conto non fosse suo») sussurrata da Enzo Bianco, ride. E poi ringrazierà Nino Di Guardo: «In questo periodo ricevo tanti complimenti, che in politica sono effimeri. Il tuo me lo devi scrivere su un foglietto di carta con dedica…».
E se non fosse un complimento?

Risuona Un mondo migliore di Vasco Rossi. Sì, è qui la festa. Un po’ tregua armata, un po’ The Muppet Show. L’unità del Pd catanese. Per Gentiloni, certo. Ma con Luca Sammartino. L’occasione è la chiusura della campagna elettorale del rampante iper-renziano, che ha lanciato da tempo – forte dei suoi 32mila voti alle Regionali – l’Opa sul partito siciliano. All’evento, dentro e fuori l’auditorium “Mandela” di Misterbianco, un migliaio di persone. «Abbiamo scelto la struttura coperta più grande di tutto il collegio», confida il giovane deputato regionale. E con i fedelissimi s’informa sulla convention del centrodestra, che si svolge in contemporanea alla scogliera. Con un’orgogliosa certezza trasmessa ai suoi: «Loro stanno usando sala grande dello Sheraton, che noi usiamo per le riunioni interne del nostro gruppo…».


Quantità, ostentata nell’ennesima prova muscolare. Ma anche qualità. Perché nelle prime file ci sono, con sparute eccezioni, tutti i big del partito, accolti da un giulivo Enzo Napoli, agrigentino segretario catanese del partito. Tutti attorno a SuperLuca. Sodali: oltre alla “socia” futura senatrice Valeria Sudano, le candidate Francesca Raciti e Francesca Ricotta, e l’ex deputato regionale Pippo Nicotra; quasi-amici renziani: Nicola D’Agostino per il quale Sammartino chiede (e ottiene) un «caloroso applauso» anche per tirarlo su dal rinculo dell’inchiesta di Acireale; ex nemici convertiti: Giuseppe Berretta, deputato orlandiano uscente, depennato dai posti al sole nel proporzionale; nemici alternati in via di pentimento: Angelo Villari e Concetta Raia, quest’ultima rabbiosa relatrice sul palco dei “Partigiani”; acerrimi nemici in stato confusionale: il deputato regionale Anthony Barbagallo, franceschinano, qui come il “trova l’intruso” della Settimana Enigmistica.

E ovviamente Bianco, in veste di amico vero di Gentiloni, ma anche di sindaco di Catania in campo per la riconferma. Insieme i due hanno appena abbattuto il diaframma della metropolitana, qui ce n’è un altro che manco la super-talpa basterebbe. E se il collega Di Guardo lo osanna («Enzo, tu devi restare!», con Sammartino che fa una faccia perplessa), “Mister 32mila preferenze”, quasi la metà delle quali a Catania, glissa sul genuino indossment (sic!) di Ninuzzo. Ma Luca lascia un perfido spiraglio aperto sul sostegno a Bianco: «Eravamo qui a Misterbianco, tutti uniti, a sostenere il sindaco e anche alle prossime amministrative guarderemo al buon governo». Eppure ci sono dettagli che fanno ben sperare. L’augurio del sindaco al candidato a Montecitorio – di «un grande risultato, un grande successo» – e il gimme five prima di cedere la parola a Sammartino sul palco. «Cominceremo a parlare di amministrative dopo il 5 marzo», ripete Luca a chi gli domanda oracoli sul Liotru.


Sammartino ringrazia tutti i «compagni di viaggio» (la notizia sarebbe stata se li avesse chiamati soltanto «compagni»), li cita uno per uno. Parla da leader magnanimo: «Non possiamo voltare le spalle a chi ha fatto la storia di questo partito, ma siamo più deboli se divisi». Invoca una grillineggiante «operazione-verità sui risultati del governo che i giornali non vi raccontano». E ammicca al Gentiloni: «Noi siamo il Pd dei diritti, contrapposto al centrodestra del potere».


L’unità (autentica o di facciata) è comunque un valore. Bianco si rivolge al premier: «Il Pd catanese è qui, compatto. Un segnale di straordinaria importanza», dice fra gli applausi. Feroce contro il centrodestra e le «promesse da venditore» di Berlusconi. Come gli aumenti alle forze dell’ordine, i cui contratti, ricorda il sindaco, «furono bloccati quando ministro era uno dei pochi politici che io guardo dall’alto in basso: Brunetta!». Alla stilettata sul M5S ci pensa Di Guardo: «‘Sti poveretti dei cinquestelle: gridano “onestà, onestà!”. Pure una gallina è onesta, ma non può amministrare neanche un pollaio… L’onestà è un prerequisito, ci vuole capacità e competenza». Ovazione in sala.


Gentiloni sembra divertito. E rassicurato: «Quando scelsi di candidarmi a Catania, mi dissero che qui il partito è debole e diviso. Ma questo è un Pd unito e vincente, a testa alta». Ringrazia i sindaci, «esempi di passione e competenza». E rivendica anche il suo, di buon governo, con gli ultimi dati Istat. Infine torna sul tema centrale: «Non consentiamo ad alcuno di continuare a giocare sulle nostre divisioni: domenica 4 marzo non ci sono voti in libera uscita, per segnalare la ripicca o il malessere in questa o quella direzione perché non ce lo possiamo permettere perché la posta in gioco è troppo alta. Ci sono solo voti al Pd e alla sua coalizione per continuare la stagione di riforma». Infine scandisce le tre parole-chiave: «Unità, orgoglio, forza». 


Sammartino applaude. E con lui gli altri. Sodali, amici, quasi-amici, ex nemici, cripto-nemici e acerrimi rivali. Pentiti e confusi. Apocalittici costretti a integrarsi e integrati in attesa dell’Apocalisse.


Tutti sul palco: c’è la foto-ricordo finale. Da ritagliare. E conservare.


Twitter: @MarioBarresi

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