Fabrizio Micari accelera. Lascia al vice designato, Giovanni La Via, il compito di gridare ai quattro venti che «le nostre liste sono specchiate, rappresentate da persone competenti, dal profilo umano e professionale ineccepibile», entrando sul terreno di sfida fra Giancarlo Cancelleri e Nello Musumeci. E poi sulla questione morale il rettore di Palermo ha tirato fuori un asso dalla manica: Franco La Torre (figlio di Pio, segretario regionale del Pci ucciso dalla mafia nel 1982) nella sua squadra.
È infatti il sessantunenne palermitano – storico, ambientalista, pacifista e cooperante – l’«assessore alla Legalità e Cooperazione internazionale» che Micari ha annunciato oggi a Catania. Sul tavolo «questione morale» e «visita dell’Antimafia», giovedì in Sicilia. Ma i riflettori saranno tutti sulla scelta di La Torre, personaggio rude e autentico, censore della «antimafia dei mafiosi» del caso Saguto e non solo. In rotta con un altro monumento della legalità, don Ciotti, «irrispettoso e autoritario», che da Libera lo «cacciò con un sms».
Un’efficace operazione d’immagine, al netto del rischio (attutito dalla storia di La Torre) di strumentalizzare l’ennesimo “santino” antimafia. Ma anche un’iniezione di fiducia. «Ragazzi, non è finita. La campagna elettorale è appena cominciata, possiamo giocarcela fino in fondo», è l’inno di guerra – ma sempre con gentilezza parlando – di Micari nel suo quartier generale.